La perfezionista

Un film di Cesare Lanza. Con Sandra Milo, Federico Pacifici, Amina Syed, Alessandra Ventimiglia, Rinaldo Rocco.
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Sentimentale, - Italia 2007. - Moviemax uscita venerdì 17 ottobre 2008.
   
   
   

CESARE, SMETTI DI DISSIPARE E FA IL REGISTA Valutazione 5 stelle su cinque

di Pierluigi


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martedì 17 marzo 2009

Debbo subito dire che sono in pieno conflitto di interesse nello stendere questa nota. Il regista di questo film infatti è un mio carissimo amico da molti anni. Lo stimo enormemente come giornalista ma, nel redigere queste note, non mi fa certo velo l’amicizia. Sono quindi sincero quando dico che questo è uno splendido film. Anche se non c’entra per niente l’eutanasia, tema sul quale Cesare Lanza, da giornalista qual è, ha puntato per pubblicizzare questo film sull’onda di emozioni cronistiche occasionali che, sbagliando, ha ritenuto di poter cavalcare. “La perfezionista” invece non è un film su un tema ma su una generazione. Quella che, adesso, ha fra i venti e i trent’anni anche se rimane, sullo sfondo, l’ipoteca, ben resa nel film, degli anziani che non sono più sotto i riflettori ma che partecipano determinantemente all’azione sociale. Una generazione disinibita, quella fra i venti e i trent’anni, ma con molte nostalgie di un passato che solo apparentemente viene rifiutato. Una generazione strattonata da diversi desideri. Disponibile a tanto. Una generazione leggera, con malinconie antiche. Il film di Cesare Lanza l’osserva, questa generazione, la descrive, ne partecipa, vi si camuffa. In questo film, tutti gli attori sono stati cosi ben scelti e diretti che sono tutti dei protagonisti, indipendentemente dalla durata della loro presenza sullo schermo. Anche Sandra Milo che pure, in questo film, fa solo una fugacissima ma emozionante apparizione da oca invecchiata e perciò ancor più preziosa, più fragile, più umana, più bella, più nostra, è una protagonista. Anche il barista caciarone lo è. Cosi come il professore universitario che sembra emergere dalle brume del passato, con una voce con accenti dimenticati ma toccanti. Anche la suora minuscola che parla con il suo viso silente e il suo lungo naso da fanciulla del Masaccio, slittando furtiva, nei corridoi dolenti di una clinica, e interpretando una testimonianza fuori dal tempo. Anche la primaria bacchettona, prima prudente e poi insolente che vorrebbe fermare il tempo. Anche l’avvocato con dei desideri che gli sfuggono. E così il produttore di film porno che cerca di nobilitarsi dietro una cultura da bigini consunti, ben sapendo di raccontare frottole. Prima di tutti, a se stesso. E’ un’umanità vera, quella de “La perfezionista” con le sue abitudini, i suoi tic, le sue modestie, le sue speranze. Una generazione che non si agita ma che scivola da una scena all’altra. Un’umanità che si adatta, che è precaria esistenzialmente, prima ancora che contrattualmente. “La perfezionista” è un film visivo, e quindi, anche per questo, un bellissimo film, montato in modo moderno, con rilassato nervosimo. Qui, le immagini parlano da sole e molto più delle parole che ne “La Perfezionista” sono sempre essenziali, lesinate. Il faccione ellenico di una statua di Mitorai che sembra essere partorito da un autobus che gli passa davanti, è una sequenza che sembra occasionale ma che invece è da antologia. Il suicidio di Giselda è il suicidio più poetico (e perciò più vero) che io abbia mai visto in un film. Chi si dispera, chi urla, chi si agita, non si suicida. Gilselda che si suicida gettandosi da un balcone, specie se questo dà, in una splendida giornata di sole primaverile, su una Roma superba di cui non si sente il rombo cafone del traffico ma di cui si vede solo il sublime profilo dei suoi tetti e delle sue cupole, è una donna che, con un sorriso appena accennato, si lascia andare da dove è venuta, in una sorta di tuffo apollineo e delicato dentro un ricordo presente di liquido amniotico, rispondendo a un leggero ma anche insistente richiamo di morte che pure è pieno di vita, ma anche depurato dalle angosce e i soprassalti della vita. Il film di Cesare Lanza è quindi un film da vedere. E’ una sorta di Nashville sul Tevere ma molto più umana e meno letteraria di quella di Robert Altman. Più viva ed autentica. Meno pensata e meno scritta, meno prestabilita e sorvegliata. Nella quale gli attori e le attrici sembrano catturati a loro insaputa dalla macchina da presa. Altman dirige da par suo gli attori. Lanza invece ci sta in mezzo, in punta di piedi, per non modificare la spontaneità dei suoi interpreti. Sarà forse anche per questo che le sequenze de “La perfezionista” non durano mai a lungo. Lanza infatti previene la recitazione. Appena i suoi attori cominciano a recitare, lui cambia la sequenza, alla ricerca di altra spontaneità. In tal modo, anche lo spettatore si trova immedesimato nella pellicola e ne resta coinvolto. Questo è un film emotivamente in 3D che non richiede gli occhiali per essere goduto come tale. E poi Giselda, la protagonista, cioè Aurora Mascheretti, è un’attrice che, qui, dà una prova straordinaria. La Mascheretti infatti sta in Isabella Ferrari dieci volte con il resto di due. E allora perché la Ferrari recita da protagonista in ogni film italiano mentre la Mascheretti fa l’anticamera? Bella domanda. E il co-protagonista Rinaldo Rocco recita in modo sublime la sua complessa fragilità, il suo timido orgoglio, la sua creatività alla ricerca di sbocchi faticosi, il suo erotismo omeopatico. 17-03-09

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