checco
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giovedì 21 aprile 2005
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quattro meno meno
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Nel complesso è un film niente male ma siccome poche volte mi capita a distanza di una settimana di discutere ancora dello stesso film allora non è niente male ma qualcosa di più...
Brody è eccezionale, il mix di thriller e psicologia umana è riuscito alla perfezione e l'ultima frase da il colpo finale visto che ognuno può intenderla come vuole: è un film ad interpretazione personale ed è questo che lo contraddistingue da molti altri dello stesso genere...
Da vedere!
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gianleo67
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venerdì 9 agosto 2013
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il metodo del dottor cappotto e del prof. cassetto
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Reduce della (prima) guerra del golfo (1991) affetto da amnesia post traumatica, viene ingiustamente accusato dell'omicidio di un poliziotto e internato in una clinica psichiatrica dove viene sottoposto a trattamenti sperimentali di condizionamento della memoria. Proiettato in una sorta di balzo temporale nell'anno 2007, scoprirà di poter modificare il destino di una giovane donna conosciuta anni prima ancora bambina e di essere morto nel 2003 in seguito ad un trauma subito in clinica o forse di non essere affatto sopravvissuto alla guerra.
Ripercorrendo le 'strade perdute' di Lynchiana memoria o le regressioni temporali di amniotici 'stati di alterazione', tra i 'paradossi di conoscenza' sentimental-filosofici di un 'Donnie Darko' ai tempi di 'Desert storm' e le claustrofobiche esperienze sensoriali di un relitto umano imprigionato nel macabro sarcofago di una asettica 'morgue da campo' ('E Johnny prese il fucile' - 1971 - Dalton Trumbo) oppure relegato nel limbo di una clinica psichiatrica popolata dalla variopinta galleria di una umanità terminale ('Qualcuno volò sul nido del cuculo - 1975 - Miloš Forman), John Maybury costruisce un complicato thriller psicologico che sconfina presto nel fantastico o nel metafisico.
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Reduce della (prima) guerra del golfo (1991) affetto da amnesia post traumatica, viene ingiustamente accusato dell'omicidio di un poliziotto e internato in una clinica psichiatrica dove viene sottoposto a trattamenti sperimentali di condizionamento della memoria. Proiettato in una sorta di balzo temporale nell'anno 2007, scoprirà di poter modificare il destino di una giovane donna conosciuta anni prima ancora bambina e di essere morto nel 2003 in seguito ad un trauma subito in clinica o forse di non essere affatto sopravvissuto alla guerra.
Ripercorrendo le 'strade perdute' di Lynchiana memoria o le regressioni temporali di amniotici 'stati di alterazione', tra i 'paradossi di conoscenza' sentimental-filosofici di un 'Donnie Darko' ai tempi di 'Desert storm' e le claustrofobiche esperienze sensoriali di un relitto umano imprigionato nel macabro sarcofago di una asettica 'morgue da campo' ('E Johnny prese il fucile' - 1971 - Dalton Trumbo) oppure relegato nel limbo di una clinica psichiatrica popolata dalla variopinta galleria di una umanità terminale ('Qualcuno volò sul nido del cuculo - 1975 - Miloš Forman), John Maybury costruisce un complicato thriller psicologico che sconfina presto nel fantastico o nel metafisico. Pachwork di citazioni e suggestioni cinefile e letterarie assortite, è un film che devia dalla facile tentazione della parabola antimilitarista per concentrarsi piuttosto su una struggente deriva sentimentale e sulle complicate elaborazioni teoriche di un multiverso fantasmagorico che solo il cinema sa riprodurre quale strabiliante evoluzione tecnologica di un rudimentale e primitivo caleidoscopio. Uno straniante andirivieni temporale alla ricerca della verità e del senso della vita (l'amore,la morte,il tempo; non necessariamente in quest'ordine) che strizza l'occhio al buonismo da 'festività natalizie' di una lontana e generosa tradizione Hollywoodiana ('La vita è meravigliosa' - 1946 - F.Capra) rinverdita dalle acrobazie concettuali e visive di un cinema sempre più in crisi di idee e soggetti originali. Forse eccessivamente cervellotico e macchinoso, eccede nel facile sentimentalismo di una impossibile storia d'amore e negli inverosimili risvolti di una pretestuosa incoerenza (la tragica casualità di un efferato omicidio che condanna il reduce-fantasma alle torture rivelatrici di un crudele esperimento clinico) ma riesce a trovare momenti di efficace tensione drammatica (anche grazie all'ottimo protagonista maschile) e riuscite folgorazioni visive. Casting studiato di interpreti 'adatti al ruolo' (dalla maschera incartapecorita di un carismatico Kris Kristofferson alla malsana bellezza di una pallidissima Jennifer Jason Leigh, dallo sguardo spiritato di uno smarrito e dolente Adrien Brody alla sensualità androgina di Keira Knightley) sotto l'egida di una prodigiosa joint-venture di addetti ai lavori (George Clooney e Steven Soderbergh). A volte ritornano.
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andrea alesci
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mercoledì 11 novembre 2015
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una camicia di forza per ritrovarsi
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Nei freddi toni di un colore che ondeggia fra il verde notte e il blu ceruleo dell’Alpine Grove sta racchiuso tutto lo scompiglio della mente di Jack Starks (Adrien Brody), ex soldato 27enne ferito alla testa durante la Guerra del Golfo, (ingiustamente) imprigionato in questo squallido manicomio del Vermont per un omicidio del quale è accusato e che scopriremo non ha commesso.
Una malinconica marea emotiva che si riflette nello sguardo triste di un perfetto Adrien Brody, nei magri gesti del suo corpo in balia degli eventi, intrappolato in un’amnesia presente che lo scollega da tutto quel è stato, da tutto ciò che lo ha condotto in quel vicolo cieco della vita dove sperimenterà la segreta scioccante terapia “riabilitativa” del dottor Becker (Kris Kristofferson): fasciato da una stringente camicia di forza e gettato per tre ore nel buio assoluto di un cassetto da obitorio.
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Nei freddi toni di un colore che ondeggia fra il verde notte e il blu ceruleo dell’Alpine Grove sta racchiuso tutto lo scompiglio della mente di Jack Starks (Adrien Brody), ex soldato 27enne ferito alla testa durante la Guerra del Golfo, (ingiustamente) imprigionato in questo squallido manicomio del Vermont per un omicidio del quale è accusato e che scopriremo non ha commesso.
Una malinconica marea emotiva che si riflette nello sguardo triste di un perfetto Adrien Brody, nei magri gesti del suo corpo in balia degli eventi, intrappolato in un’amnesia presente che lo scollega da tutto quel è stato, da tutto ciò che lo ha condotto in quel vicolo cieco della vita dove sperimenterà la segreta scioccante terapia “riabilitativa” del dottor Becker (Kris Kristofferson): fasciato da una stringente camicia di forza e gettato per tre ore nel buio assoluto di un cassetto da obitorio.
Eppure è dentro a quel funereo spazio che baluginanti frammenti della sua esistenza gli torneranno alla mente, volgendosi poi in un inspiegabile futuro ogni volta di durata limitata, trasformandosi nella paradossale indagine che nello scenario dell’anno 2007 cerca di far luce sui fatti che nel suo 1992 lo hanno condotto all’Alpine Grove e alla misteriosa morte nel giorno di Capodanno del 1993.
L’abile mano di John Maybury (supportato dalla buona sceneggiatura di Massy Tadjedin) ci porta negli scuri cunicoli della psiche umana, dei suoi traumi e dei suoi drammi, facendo perno sui cardini della fantascienza e contando sui pochi personaggi che ne abitano i gelidi angoli temporali. Cominciando da Jackie Price (Keira Knightley), anello di contatto fra il terribile presente di Jack e le cause che lo hanno portato lì, unica sua possibilità di scoprire la verità su se stesso.
Ci muoviamo come un pendolo, oscillando in un arco temporale di quindici anni che esiste soltanto entro lo spazio di quel buio cassetto nello scantinato dell’Alpine Grove. Solo lì dentro Jack Starks è davvero vivo, solo lì dentro può cercare risposte con l’aiuto di Jackie e tornare in quell’edificio dove ancora lavora la dottoressa Lorenson (Jennifer Jason Leigh), che nel 1992 lo aveva in cura e nel 2007 diviene un supporto decisivo verso la luce chiarificatrice del suo enigma.
Ogni passo che compiamo con Jack è un passo che tenta di riparare il bianco accecante della sua mente cancellata. Bianco come il cuscino sul quale ogni volta si risveglia dalla crudeltà di un trattamento che per lui diventa un viaggio necessario. Un’indagine che procede con passo malfermo sugli inquietanti tremolii della colonna sonora firmata Brian Eno e con pacificante sicurezza nei morbidi approdi musicali che danno quiete alle vite collegate di Jack e Jackie.
E nell’algida luce bianca del paesaggio invernale Jack Sparks cerca di vivere per sconfiggere le probabilità della vita, per capirne le sue tortuosità, come a un certo punto dice quel Rudy McKenzie (Daniel Craig) con il quale aveva solidarizzato nel suo forzato vivere all’Apine Grove: “Chi non sarebbe nervoso se guardasse davvero la propria vita”. Così, Jack Sparks cerca il varco per toccare il confine della morte e allora capire che esiste sempre un futuro nel quale le cose sono andate diversamente. Un tempo lucido nel quale le brutture si sciolgono come la neve al sole del Vermont.
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ennio
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lunedì 26 novembre 2018
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tavanata paranormale
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Quando si affronta il cinema hollywoodiano, a volte bisogna essere preparati ad andare incontro a delusioni, frutto di certe particolarità tipiche del cinema americano. Purtroppo "the jacket" è una di queste.
Già l'inizio mette in allarme: un soldato, volontario, strapreparato, strapagato, certamente consapevole delle criticità e della crudeltà di una guerra sul terreno, si ritrova nel deserto iracheno nel bel mezzo di un conflitto a fuoco, e alla vista di una ragazzo iracheno 15enne che viene verso di lui, cosa fa? Gli spara, uno pensa. No, non gli spara, anzi gli sorride come uno zio buono e gli chiede "come va?". E ovviamente il ragazzo gli spara.
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Quando si affronta il cinema hollywoodiano, a volte bisogna essere preparati ad andare incontro a delusioni, frutto di certe particolarità tipiche del cinema americano. Purtroppo "the jacket" è una di queste.
Già l'inizio mette in allarme: un soldato, volontario, strapreparato, strapagato, certamente consapevole delle criticità e della crudeltà di una guerra sul terreno, si ritrova nel deserto iracheno nel bel mezzo di un conflitto a fuoco, e alla vista di una ragazzo iracheno 15enne che viene verso di lui, cosa fa? Gli spara, uno pensa. No, non gli spara, anzi gli sorride come uno zio buono e gli chiede "come va?". E ovviamente il ragazzo gli spara. Già da questo episodio si intuisce che il film è basato su una percezione assurda e travisata della realtà. Ma andiamo avanti.
Il film si dipana poi come un thriller, la trama può apparire interessante, un reduce della guerra in Iraq che vive un'esperienza traumatica e poi affronta gravi problemi mentali al ritorno in patria. Buoni attori e discreta sceneggiatura. Ma d'improvviso arriva lui: il paranormale. Una delle fissazioni yankee, assieme a zombi, fantasmi, alieni. In sostanza dopo un bel pò di tempo dall'inizio del film ci viene fatto capire che il trauma subito dal soldato gli ha conferito una sorta di preveggenza sulla sua vita futura e su quella degli altri. Insomma un'assurdità totale, insopportabile per chi abbia più di 6 anni. Sarebbe utile che questo genere di film basati sulla pura fantasia dell'impossibile siano classificati nel genere "fantasy", o si confonde lo spettatore.
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figliounico
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domenica 29 gennaio 2023
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da vedere per brody
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Riduzione filmica superficiale e semplicistica di John Maybury del 2005 di un romanzo molto più complesso di London del 1915. Maybury banalizza London sostituendo alle molteplici tematiche presenti nel racconto originario, non ultima ma non esclusiva la reincarnazione dell’anima, il paradosso, di sapore harrypottiano, dei viaggi nel tempo. Il film si salva grazie alla recitazione fascinosa di Adrien Brody contornato da un cast importante che non delude le aspettative, da Daniel Craig, il matto fantasioso uxoricida fallito, a Jennifer Jason Leigh, la dottoressa comprensiva, a Kris Kristofferson, il direttore sadico del manicomio criminale. In alcune scene risulta evidente l’influenza del capolavoro di Forman, Qualcuno volò sul nido del cuculo, ma l’accostamento crea soltanto imbarazzo.
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Riduzione filmica superficiale e semplicistica di John Maybury del 2005 di un romanzo molto più complesso di London del 1915. Maybury banalizza London sostituendo alle molteplici tematiche presenti nel racconto originario, non ultima ma non esclusiva la reincarnazione dell’anima, il paradosso, di sapore harrypottiano, dei viaggi nel tempo. Il film si salva grazie alla recitazione fascinosa di Adrien Brody contornato da un cast importante che non delude le aspettative, da Daniel Craig, il matto fantasioso uxoricida fallito, a Jennifer Jason Leigh, la dottoressa comprensiva, a Kris Kristofferson, il direttore sadico del manicomio criminale. In alcune scene risulta evidente l’influenza del capolavoro di Forman, Qualcuno volò sul nido del cuculo, ma l’accostamento crea soltanto imbarazzo. Il lieto fine, sebbene incomprensibile, rende meno amara la visione della pellicola, che tuttavia si dimentica facilmente ed è purtroppo un’occasione mancata considerato da quale opera trae spunto il soggetto.
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cugino
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giovedì 7 aprile 2005
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passato e futuro andata e ritorno
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le tematiche sono tutte già viste: il reduce reietto, lo scenziato pazzo, la manipolazione della mente, la situazione claustrofobica, e soprattutto l'andirivieni col futuro. il film non è malvagio, alla fin fine, perchè comunque riesce a trattarle senza offendere l'intelligenza dello spettatore, ma per ognuna di esse ci vengono in mente film che l'hanno trattata molto meglio. l'impressione quindi è che si sia voluta mettere più carne al fuoco di quanto il barbecue della sceneggiatura consentisse, e alla fine ci sono troppi fili appesi e troppi boh che ti frullano per il capo...
Brody invece si conferma bravo, anche se per l'issimo dobbiamo vederlo in parti dove non deve usare l'espressione da "pianista".
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le tematiche sono tutte già viste: il reduce reietto, lo scenziato pazzo, la manipolazione della mente, la situazione claustrofobica, e soprattutto l'andirivieni col futuro. il film non è malvagio, alla fin fine, perchè comunque riesce a trattarle senza offendere l'intelligenza dello spettatore, ma per ognuna di esse ci vengono in mente film che l'hanno trattata molto meglio. l'impressione quindi è che si sia voluta mettere più carne al fuoco di quanto il barbecue della sceneggiatura consentisse, e alla fine ci sono troppi fili appesi e troppi boh che ti frullano per il capo...
Brody invece si conferma bravo, anche se per l'issimo dobbiamo vederlo in parti dove non deve usare l'espressione da "pianista"...
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enoc
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giovedì 14 aprile 2005
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la jetée?
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Una scempiaggine e uno scempio: questo, in sostanza, "The Jacket". John Maybury saccheggia sistematicamente l'archivio filmografico della memoria disturbata e delle distorsioni cronologiche, combinando un pasticcio di esasperante tediosità. Il regista londinese scaraventa aggregazioni tematiche e soluzioni formali prese di sana pianta dal repertorio del cinema dell'amnesia e affini in un guazzabuglio di rimasticature davvero maldestre. Procedendo a ritroso e tralasciando le pellicole più recenti come "Eternal Sunshine Of The Spotless Mind" (2004), i film presi maggiormente di mira dallo scriteriato Maybury sono "Memento" (2000), "L'esercito delle dodici scimmie" (1996) e "Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975), passando per "Stati di allucinazione" (1980).
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Una scempiaggine e uno scempio: questo, in sostanza, "The Jacket". John Maybury saccheggia sistematicamente l'archivio filmografico della memoria disturbata e delle distorsioni cronologiche, combinando un pasticcio di esasperante tediosità. Il regista londinese scaraventa aggregazioni tematiche e soluzioni formali prese di sana pianta dal repertorio del cinema dell'amnesia e affini in un guazzabuglio di rimasticature davvero maldestre. Procedendo a ritroso e tralasciando le pellicole più recenti come "Eternal Sunshine Of The Spotless Mind" (2004), i film presi maggiormente di mira dallo scriteriato Maybury sono "Memento" (2000), "L'esercito delle dodici scimmie" (1996) e "Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975), passando per "Stati di allucinazione" (1980). Non è finita: la figura del dottor Becker (Kris Kristofferson) richiama con forza quella del dottor Raglan (Oliver Reed) di "Brood - La covata malefica" (1979) e la concezione del trattamento psichiatrico estremo teso ad inibire gli attacchi di violenza viene dritta dritta da "Arancia Meccanica" (1971). Insomma, niente male come fondo a cui attingere. Se poi aggiungiamo che anche lo stile visivo ricalca Cronenberg nella dimessa normalità delle situazioni paradossali e scimmiotta Brakhage nella crepitante matericità delle scosse allucinatorie, pare impossibile non precipitare in catatonia da déja vu. Ma quando, circa a metà film, si mette a fuoco che questo frullato banalizzante ha come modello strutturale "La jetée" (lo straordinario, sublime, irraggiungibile mediometraggio di Chris Marker del 1962) l'apatia si trasfoma, improvvisamente e irrefrenabilmente, in furiosa collera. Maybury, e con lui i due sceneggiatori di cui è bene fare i nomi: Tom Bleecker e Marc Rocco, si divertono a fare strazio del più incandescente mélo della storia del cinema (secondo chi scrive, naturalmente), riducendo un amore lacerante che consegna alle vertigini del cosmico l'intensità della passione in futile artificio narrativo, in trovata effettistica, in facile espediente sensazionalistico. La scempiaggine diventa scempio. E a questo scempio è bene dire no. Cast letteralmente gettato alle ortiche e fotografia lynchiana di Peter Deming messa completamente fuori uso.
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[+] aho
(di romaromaroma)
[ - ] aho
[+] il solito...
(di adrien)
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