Il secondo capitolo di questa saga è fruibile anche senza aver visto il primo. Il breve riassunto iniziale, infatti, pare un tentativo di adattare la storia alla nuova realtà, piuttosto che un vero e proprio collegamento al film precedente.
L'ambientazione è il punto di forza di questa pellicola. Il futuro post apocalittico immaginato da Miller e soci, fa sfoggio di polverosi deserti, strade desolate e cadaveri dimenticati, come a sottolineare la fine della civiltà. Il regista si gioca bene il budget, tra mezzi meccanici, villaggi edificati nei pozzi petroliferi e costumi cyberpunk.
La trama è piuttosto esile e vede il nostro eroe solitario trovarsi, suo malgrado, nel mezzo di una lotta tra fazioni. Da una parte ci sono i custodi del pozzo con il loro tentativo di mantenere una parvenza di organizzazione e civiltà, mentre dall'altra li affrontano una banda di derelitti selvaggi, senza nessun rispetto per la vita umana e ormai persi, con l'unico scopo di impossessarsi del prezioso oro nero.
A togliere i dettagli, non può sfuggire il netto richiamo della storia al western Leoniano, dove Gibson prende il posto di Eastwood e gli strampalati automezzi quello dei cavalli. Il grosso del lavoro lo fanno gli inseguimenti, sempre gestiti in modo molto spettacolare e carichi di adrenalina. Al povero Mel toccano poche battute, ma in fondo è giusto così, dato il ruolo dello straniero che deve interpretare e che gli riesce piuttosto bene. Se a questo personaggio manca qualcosa, tuttavia, questo è il mistero, visto che il background che ne compone il carattere è ben noto, cosa che ne spezza un po' la forza.
Delle influenze vagamente horror presenti nel primo capitolo, Miller importa il lato più cruento, non lesinando sulla crudezza degli scontri e sulla quantità di sangue e carne umana sparsi in giro per la pellicola. E' una scelta indovinatissima, naturalmente, che insieme alla polvere e alla sporcizia restituiscono l'idea di apocalisse che il regista ha bene in mente.
Secondo me leggermente meno godibile rispetto a Interceptor, forse a causa della semplicità di una trama poco ricca di momenti di tensione pura. Miller depura il più possibile l'influenza western da quelli che sono i giochi di sguardi e le attese lunghe, preferendo puntare, appena può, sull'azione nuda e cruda.
Non si può non considerare, però, come questo lavoro sia il più universalmente conosciuto della trilogia, per la potenza del suo immaginario e per quanto la sua estetica abbia ispirato tutto un genere da li in avanti.
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