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p.g.u.
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giovedì 15 dicembre 2005
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emozionante e particolare
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forse sono io che esagero, ma secondo il mio parere e uno dei film più emozionanti ben costruiti e ben recitati della storia del cinema. gli scenari storici sono eccezzionalmente realistici, la storia e di quelle che ti tiene incollato allo schermo, dustin hoffman e faye dunaway sono formidabili ( soprattutto hoffman che è semplicemento eccelso nel personaggio enigmatico che è jack crabb). tanto i cappello anche agli altri interpreti (balsam e dan george). eravamo all'inizio degli anni 70', nascevano i miti( il padrino nel '72, il braccio violento della legge nel' 71) e questa pellicola entra di sicuro nella categoria. complimenti anche ad arthr penn. il regista di gangster story riesce ad esprimere alla perfezion e i lineamenti e le carattteristiche di jack crabb uomo dalle mille risorse: indiano, pistolero, soldato dell' esercito di custer (il generale massacrato a little big horn dagli indiani) marito di due donne, padre di un figlio ucciso, un personaggio indubbiamente particolareggiato.
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forse sono io che esagero, ma secondo il mio parere e uno dei film più emozionanti ben costruiti e ben recitati della storia del cinema. gli scenari storici sono eccezzionalmente realistici, la storia e di quelle che ti tiene incollato allo schermo, dustin hoffman e faye dunaway sono formidabili ( soprattutto hoffman che è semplicemento eccelso nel personaggio enigmatico che è jack crabb). tanto i cappello anche agli altri interpreti (balsam e dan george). eravamo all'inizio degli anni 70', nascevano i miti( il padrino nel '72, il braccio violento della legge nel' 71) e questa pellicola entra di sicuro nella categoria. complimenti anche ad arthr penn. il regista di gangster story riesce ad esprimere alla perfezion e i lineamenti e le carattteristiche di jack crabb uomo dalle mille risorse: indiano, pistolero, soldato dell' esercito di custer (il generale massacrato a little big horn dagli indiani) marito di due donne, padre di un figlio ucciso, un personaggio indubbiamente particolareggiato.inoltre bisogna fare un ultimao elogio alla straordinaria descrizione degli indiani d'america che non mi erano mai sembrati così interessanti fino ad ora.INDIMENTICABILE
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(di grabber)
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anton chigurh
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giovedì 28 marzo 2013
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emozione su celluloide
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Sarò concreto, come lo è il film, nonostante l'ingannevole durata. Un film capace di conquistare il cuore dello spettatore. Dal punto di vista del coinvolgimento emotivo, merita le famose 5 stelle. Capace di far sorridere, ridere, arrabbiare, piangere, gioire, pensare lo spettatore. È un film emozionante,e sicuramente quando i fratelli Lumiere pensavano agli innumerevoli fini della loro rivoluzionaria invenzione, credo che emozionare il prossimo fosse tra le loro più nobili e immediate aspettative. Aspettative centrate,nel caso di codesta proiezione. Un film che fa dell'umanità(non troppo smielata) il suo punto di forza. Il titolo "Little big man", la dice lunga, sulla completezza del nostro protagonista(eccelso Hoffman)con le sue sfaccettature,sfumature, a volte anche di umana(e opportunisticamente divertentissima,come nel primo incontro da adulto coi bianchi,ma anche nobile, quando egli si libera delle sue pistole dopo aver visto il vero volto di cio che concerne l'essere pistoleri)codardia.
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Sarò concreto, come lo è il film, nonostante l'ingannevole durata. Un film capace di conquistare il cuore dello spettatore. Dal punto di vista del coinvolgimento emotivo, merita le famose 5 stelle. Capace di far sorridere, ridere, arrabbiare, piangere, gioire, pensare lo spettatore. È un film emozionante,e sicuramente quando i fratelli Lumiere pensavano agli innumerevoli fini della loro rivoluzionaria invenzione, credo che emozionare il prossimo fosse tra le loro più nobili e immediate aspettative. Aspettative centrate,nel caso di codesta proiezione. Un film che fa dell'umanità(non troppo smielata) il suo punto di forza. Il titolo "Little big man", la dice lunga, sulla completezza del nostro protagonista(eccelso Hoffman)con le sue sfaccettature,sfumature, a volte anche di umana(e opportunisticamente divertentissima,come nel primo incontro da adulto coi bianchi,ma anche nobile, quando egli si libera delle sue pistole dopo aver visto il vero volto di cio che concerne l'essere pistoleri)codardia. Oltre alla parte emozionale, che per me potrebbe essere soggettiva, bisogna fare un elogio alla scorrevolezza della sceneggiatura, allo spessore di alcuni personaggi(Cotenna di Bisonte, Orso Giovane,Ombra, la signora Pendrake,e non solo) merito di un buon romanzo sicuramente,ma ottime per quanto riguarda la trasposizione cinematografica ottima la regia,le interpretazioni, la scenografia e i costumi, e buonissima la fotografia,a mio modesto giudizio, anche se non è questo il fulcro del film.Spettacolare il trucco di Hoffman invecchiato. Alcune frasi e dialoghi sono indimenticabili. Crudo e realista nelle scene di violenza, edulcoratissimo al confronto nelle scene(anzi, nella scena)di sess (un po di bacchettonismo congenito d'epoca?) Difetti? Ce ne sono. Ma amo troppo questo film per darci peso,e non solo per questo motivo affettivo, ma anche oggettivamente. E poi la perfezione non esiste, o almeno non è detto sappia emozionare. Non così . Buona visione.
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aristoteles
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giovedì 3 settembre 2015
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piccola grande ironia
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Il film mi è piaciuto e fino all'ultima scena l'ho seguito con grande piacere.
Questa storia di un ragazzo bianco adottato dagli indiani è veramente interessante.
Chiaramente Arthur Penn ha voluto immergere tutta la pellicola in un pentolone di ironia.
Questa scelta ,a volte funziona, regalando leggerezza e allegria,altre volte eccede e infastidisce.
Custer ,su tutti,è dipinto come un demente assoluto,la signora Pendrake è una ninfomane incallita,il nonno indiano "funziona" già di più ma comunque dargli del rimambito è il minimo che si possa fare,e così via anche per tanti altri personaggi minori.
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Il film mi è piaciuto e fino all'ultima scena l'ho seguito con grande piacere.
Questa storia di un ragazzo bianco adottato dagli indiani è veramente interessante.
Chiaramente Arthur Penn ha voluto immergere tutta la pellicola in un pentolone di ironia.
Questa scelta ,a volte funziona, regalando leggerezza e allegria,altre volte eccede e infastidisce.
Custer ,su tutti,è dipinto come un demente assoluto,la signora Pendrake è una ninfomane incallita,il nonno indiano "funziona" già di più ma comunque dargli del rimambito è il minimo che si possa fare,e così via anche per tanti altri personaggi minori.
Lo stesso Jack ,sballottato in un eccessivo ping pong tra la tribù indiana e il popolo dei bianchi,pecca in credibilità.
Tuttavia l'interpretazione di Hoffman è assolutamente strepitosa.
La parte degli eroi buoni è affidata agli indiani ,che è stato un popolo veramente maltrattato e ha subito crudeltà inenarrabili,da parte di un'America "bianca" che si spaccia,ancora oggi,per difensore massimo della giustizia e della moralità.
Consigliabilissimo.
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luca scialò
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domenica 28 marzo 2010
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la straordinaria avventura di un bianco pellerossa
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Jack Crabb è un anziano di 121 anni che vive in uno spizio, e viene raggiunto da un cronista che lo intervista per farsi raccontare le sue gesta, ossia di quando faceva parte dell'esercito del Generale Caster, colui che fu autore di tante battaglie con gli indiani nella seconda metà dell'ottocento e fu al contempo responsabile di tanti tristi genocidi nei loro confronti.
Ma Crabb ci tiene subito a chiarire che egli non fu in realtà un soldato agli ordini di Caster, o almeno ciò è vero solo in minima parte. In realtà egli fu protagonista di una straordinaria avventura: prima fu allevato dagli indiani le cui frange violente gli uccisero i genitori; poi tornò tra i bianchi dove conobbe truffatori, persone ipocrite (come la bella Mrs Pendrake e il marito) e pistoleri.
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Jack Crabb è un anziano di 121 anni che vive in uno spizio, e viene raggiunto da un cronista che lo intervista per farsi raccontare le sue gesta, ossia di quando faceva parte dell'esercito del Generale Caster, colui che fu autore di tante battaglie con gli indiani nella seconda metà dell'ottocento e fu al contempo responsabile di tanti tristi genocidi nei loro confronti.
Ma Crabb ci tiene subito a chiarire che egli non fu in realtà un soldato agli ordini di Caster, o almeno ciò è vero solo in minima parte. In realtà egli fu protagonista di una straordinaria avventura: prima fu allevato dagli indiani le cui frange violente gli uccisero i genitori; poi tornò tra i bianchi dove conobbe truffatori, persone ipocrite (come la bella Mrs Pendrake e il marito) e pistoleri. Poi di nuovo dai pellerossa, poi dai bianchi, infine dai pellerossa. Tutti passaggi caratterizzati da momenti tragici, ironici, divertenti, malinconici, di grande insegnamento e amare delusioni.
Tratto da un romanzo di Thomas Berger il film è una severa critica alla politica americana imperialista dell'ottocento (che continuò tristemente anche nel '900) nei confronti dei nativi americani; il loro modo di fare razzista, relativista, ipocrita e violento nei confronti di questi ultimi, persone pacifiche, ricche di valori umani e antiche tradizioni. Non per questo si definivano "uomini" rispetto agli invasori chiamati solo "bianchi". Molto irrisa e criticata la figura del generale Caster, forse finalmente visto davvero com'era realmente, al di là di racconti eroici, patriottisti o mitologici.
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great steven
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venerdì 6 giugno 2014
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uno dei più apprezzabili western revisionisti.
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PICCOLO GRANDE UOMO (USA, 1970) diretto da ARTHUR PENN. Interpretato da DUSTIN HOFFMAN – FAYE DUNAWAY – MARTIN BALSAM – CHIEF DAN GEORGE – RICHARD MULLIGAN – JEFF COREY – AIMEE ECCLES § All’età di 121 anni Jack Crabb racconta ad un giornalista le sue avventure nel West: di come, decenne, fu rapito dai pellerossa insieme alla sorella maggiore e poi, tornando giovanotto fra i "visi pallidi", imparò i principi religiosi da un pastore protestante e il sesso da sua moglie, per diventare successivamente venditore di alambicchi, pistolero, pioniere, eremita e soldato-mulattiere, passando per la strage di Washita e la disastrosa battaglia di Little Big Horn, incontrando personaggi famosi e leggendari quali il generale George Armstrong Custer, il bandito Wild Bill Hickok e il cacciatore di bisonti Buffalo Bill.
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PICCOLO GRANDE UOMO (USA, 1970) diretto da ARTHUR PENN. Interpretato da DUSTIN HOFFMAN – FAYE DUNAWAY – MARTIN BALSAM – CHIEF DAN GEORGE – RICHARD MULLIGAN – JEFF COREY – AIMEE ECCLES § All’età di 121 anni Jack Crabb racconta ad un giornalista le sue avventure nel West: di come, decenne, fu rapito dai pellerossa insieme alla sorella maggiore e poi, tornando giovanotto fra i "visi pallidi", imparò i principi religiosi da un pastore protestante e il sesso da sua moglie, per diventare successivamente venditore di alambicchi, pistolero, pioniere, eremita e soldato-mulattiere, passando per la strage di Washita e la disastrosa battaglia di Little Big Horn, incontrando personaggi famosi e leggendari quali il generale George Armstrong Custer, il bandito Wild Bill Hickok e il cacciatore di bisonti Buffalo Bill. Passò più volte dal mondo degli indiani a quello dei bianchi e viceversa, rivedendo vecchie conoscenze quali la moglie del religioso (divenuta prostituta in una casa di tolleranza), il proprietario degli antidoti con la mania della mutilazione e Cotenna Di Bisonte e gli altri compagni della tribù pacifica dei sioux. A. Penn ha diretto con sapiente mestiere ed eccellente professionalità un western revisionista che, come altri usciti in quello stesso periodo (come ad esempio Un uomo chiamato cavallo), si distacca dalla visione degli indiani intesi come nemici degli statunitensi e sanguinari tagliagole e li inquadra in una visuale più positiva attribuendo loro ruoli di primo piano e protagonistici nel riadattare l’epopea della conquista del West, delle grandi scorrerie della cavalleria e delle antiche usanze dei nativi americani sul continente desertico. Ne esce fuori, grazie alla sceneggiatura di Calder Willingham che ha adattato l’omonimo romanzo di Thomas Berger, un western anormale e unico nel suo genere, che attinge sia dal racconto filosofico illuminista francese del Settecento (il Candide di Voltaire) che dal romanzo picaresco spagnolo del Seicento (il Don Chisciotte di Cervantes). La smitizzazione dei miti bianchi si presenta come una rivisitazione un po’ prolissa ma assolutamente esaustiva e preparata degli eventi che segnarono la storia ottocentesca del Nuovo Mondo, accompagnata da un miscuglio tragicomico che mescola realtà e finzione, bugie e verità nel racconto appassionato e pacato di Crabb mentre rammenta le vicende di cui si rese protagonista tanto come millantatore quanto come uomo onesto. Di tutto rispetto la recitazione dei personaggi principali, a partire dallo straordinario Hoffman (all’apice del suo istrionismo caloroso e portentoso), seguendo poi con la disinibita e procace F. Dunaway (da poco reduce del successo di Gangster Story, 1967), l’idiota militarista e avido di R. Mulligan, il grottesco e ingombrante M. Balsam (già apparso dieci anni prima in Psyco e Tutti a casa), il vecchio, saggio e ingenuo capo indiano di C. D. George. Ottima fotografia che ritrae a colori (Technicolor) i paesaggi statunitensi agresti e urbani che popolano queste eccezionali sequenze di supremo cinema con un tocco magico e carezzevole, mentre le scene d’azione si alternano ai momenti di riflessione seguendo un percorso di escalation meravigliosa e fantastica che toglie al film ogni passaggio di noia e gli aggiunge dinamismo, velocità e cipiglio conciso. Le scene migliori: la prima battuta di caccia del giovane piccolo grande uomo; l’elefante nel bar dalla cui proboscide esce il cioccolato liquido; il tiro al bersaglio con le bottiglie di vetro; il ritorno presso i sioux passando attraverso la valle montuosa; il rapimento della moglie teutonica dagli indiani sulla carrozza in corsa inseguita dai cavalli; la battaglia contro gli indigeni presso il canneto-boschetto fluviale; la strage degli indiani dopo i rapporti sessuali con le donne indiane nella spianata innevata; la disfatta a Little Big Horn; la tentata ascensione al cielo che chiude magistralmente la pellicola. Nemmeno un Oscar.
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reiver
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martedì 31 luglio 2007
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il western non e' per tutti
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Non capisco perchè Arthur Penn abbia voluto fare film western.
Non ha la mano adatta,non ne capisce la dimensione epica e avventurosa,non è in grado di descriverne gli ambienti con realismo;in una parola,sembra che la sua intenzione sia solo quella di demolirne i miti.
Così nel tritacarne di "Piccolo grande uomo" passano Wild Bill,ridotto a pistolero rincoglionito,e George Armstrong Custer,descritto più o meno come un folle messo chissà come alla guida del Settimo Cavalleggeri.Demolire il mito del West,della Frontiera distruggendo l'immagine dei suoi eroi (positivi o negativi che essi siano):sarebbe come fare un film come "Troy" mettendo in scena un Achille debole e pavido e un Ulisse mentecatto.
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Non capisco perchè Arthur Penn abbia voluto fare film western.
Non ha la mano adatta,non ne capisce la dimensione epica e avventurosa,non è in grado di descriverne gli ambienti con realismo;in una parola,sembra che la sua intenzione sia solo quella di demolirne i miti.
Così nel tritacarne di "Piccolo grande uomo" passano Wild Bill,ridotto a pistolero rincoglionito,e George Armstrong Custer,descritto più o meno come un folle messo chissà come alla guida del Settimo Cavalleggeri.Demolire il mito del West,della Frontiera distruggendo l'immagine dei suoi eroi (positivi o negativi che essi siano):sarebbe come fare un film come "Troy" mettendo in scena un Achille debole e pavido e un Ulisse mentecatto.
Perchè se la figura di Custer è contraddittoria dal punto di vista etico e dalla difficile interpretazione (nel suo libro "My life in the plains" si produce in un elogio degli indiani che stride con la sua fama di "assassino" del Washita) nessuno può permettersi di negare il suo valore militare e il suo coraggio ,che gli procurarono la promozione sul campo a generale durante la guerra civile.
Che dire poi del protagonista?Un personaggio così nel West avrebbe avuto vita brevissima,altro che 102 o 103 anni!
Tutto il film corre sul filo del grottesco in maniera esagerata:non è forte nella denuncia come "Soldato Blu" o come "Ucciderò Willie Kid" perchè le sue intenzioni sono sin troppo evidenti.
Ho apprezzato moltissimo il Penn di "Anna dei miracoli" e "Gangster Story" (film bellissimi),ma in questo caso non posso che esprimere un giudizio negativo,citando il grande Budd Boetticher:"il Western è stato rovinato dai registi di New York".
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[+] 'nsomma
(di beetlejuice)
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[+] ah, dimenticavo...
(di beetlejuice)
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(di reiver)
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(di paolo)
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