Era il 1970 e nel cinema di genere di quel periodo i registi si studiavano reciprocamente, fosse anche per cogliere soltanto uno spunto. Il trauma infantile del fatto di sangue familiare che coinvolge i genitori del protagonista, sebbene rimaneggiato, ritorna qualche anno dopo in Profondo rosso, come del resto la scena della seduta spiritica ed i primi piani insistiti e ripetuti della lama con cui il maniaco uccide e lo stesso modo con cui la piccola accetta, sostituita da un coltello, si muove frenetica sul volto delle vittime; identica, infine, la tecnica di ripresa in soggettiva che turba lo spettatore facendogli assumere lo stesso punto di vista del maniaco criminale. Bava si ispira, invece che ad altri, a parte il soggetto che potrebbe ricordare vagamente quello di Psycho per il complesso edipico movente ultimo dei delitti, alle proprie opere e la sequenza in cui il protagonista guarda in televisione un suo stesso film, I tre volti della paura, sembra alludervi ironicamente.
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Era il 1970 e nel cinema di genere di quel periodo i registi si studiavano reciprocamente, fosse anche per cogliere soltanto uno spunto. Il trauma infantile del fatto di sangue familiare che coinvolge i genitori del protagonista, sebbene rimaneggiato, ritorna qualche anno dopo in Profondo rosso, come del resto la scena della seduta spiritica ed i primi piani insistiti e ripetuti della lama con cui il maniaco uccide e lo stesso modo con cui la piccola accetta, sostituita da un coltello, si muove frenetica sul volto delle vittime; identica, infine, la tecnica di ripresa in soggettiva che turba lo spettatore facendogli assumere lo stesso punto di vista del maniaco criminale. Bava si ispira, invece che ad altri, a parte il soggetto che potrebbe ricordare vagamente quello di Psycho per il complesso edipico movente ultimo dei delitti, alle proprie opere e la sequenza in cui il protagonista guarda in televisione un suo stesso film, I tre volti della paura, sembra alludervi ironicamente. In questo caso ambientazione e personaggi richiamano in modo evidente lo stesso mondo della moda di Sei donne per l assassino. Suggestiva la scenografia accesa dai colori vividi della fotografia dello stesso Bava con il rosso, che compare non a caso anche nel titolo del film, predominante nelle scene splatter e a far da contrasto il bianco candido degli abiti da sposa dei manichini tra i cui veli si cela il fantasma vendicativo della moglie del serial killer interpretato da una grande Laura Betti. Un film che oggi appare datato e tuttavia opera di un maestro che amava copiare da se stesso e che ha fatto la storia del thriller italiano.
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