In nome della Legge |
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Un film di Pietro Germi.
Con Massimo Girotti, Jone Salinas, Camillo Mastrocinque, Charles Vanel, Turi Pandolfini.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+16,
b/n
durata 99 min.
- Italia 1949.
MYMONETRO
In nome della Legge ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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La legge e la sua importanza
di MicheleFeedback: 0 |
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domenica 22 aprile 2007 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Sicilia, fine anni 40: un giovane magistrato di Palermo (Massimo Girotti) viene inviato come pretore in un paese dell’entroterra siciliano e, per amore della giustizia e della legalità, si trova costretto a combattere contro varie ingiustizie sociali. Il suo zelo lo porterà a scontrarsi contro un notabile, il barone Lo Vasto (interpretato da Camillo Mastrocinque) e contro la mafia, rappresentata dal massaro Turi Passalacqua (Charles Vanel) e dai suoi uomini. Tutto ciò contornato da una realtà omertosa che non favorisce il suo lavoro. Solo contro tutti, appoggiato unicamente dal maresciallo della locale Stazione Carabinieri (Saro Urzì) e dal giovane Paolino (Piero Sabella), condurrà fino alla fine la sua battaglia che consiste non solo nell’applicare la legge ma anche nell’insegnarne il valore. “In nome della legge” è un film ricco di tensioni ideali che è legato ad un epoca passata. Eppure ancora oggi coinvolge lo spettatore perché rappresenta un accorato appello alla legalità e alla giustizia sociale. E’un film, questo, legato alle speranze e all’entusiasmo per la Costituzione appena approvata. Profondamente laico, poiché di riferimenti alla Chiesa non ce ne sono. Nel paese il parroco e il suo mondo sembrano completamente assenti, non solo visivamente ma anche nei discorsi della gente.. La chiesa e le sue campane vengono utilizzate solo alla fine per richiamare tutti i paesani a un discorso del pretore che è allo stesso tempo condanna per ciò che stato e monito per quel che sarà. In questa scena finale, sebbene non sia evidente, c’è la sensazione che il magistrato si sostituisca, anzi, debba sostituirsi a una Chiesa assente, venuta meno alla missione ad essa assegnatagli.. Eppure questo modo di rappresentare le cose, opinabile, falsa un pò l'effettiva realtà dei tempi che invece vedeva il parroco partecipe attivo della realtà e delle vicissitudini di ogni paese. Un discorso particolare va fatto per come viene rappresentata la mafia. Quella mafia vecchia, rurale, finita da decenni, che aveva a suo modo un codice di comportamento, sebbene distorto. Traspare nei dialoghi una condanna implacabile da parte del giudice ma anche la buona fede, o almeno qualcosa di simile, da parte del capomafia locale. La mafia è necessaria perché lo Stato è assente e inefficiente, essa si è imposta come giudice e pacificatrice sociale, sebbene gli effetti della sua gestione siano devastanti per tutti. Lo stesso Charles Vanel non suscita avversione allo spettatore ma appare e si dichiara come un vecchio che crede nei suoi valori e li applica in buona fede. E’ questa, a mio parere, un’ambiguità che smorza il duro atto di condanna contenuto nell’opera. La sceneggiatura si commenta dai nomi di chi ha contribuito a realizzarla (Monicelli, Germi, Fellini e Mangione).La fotografia di Barboni riesce a trasmettere l’idea di una Sicilia tragicamente abbandonata nella miseria e nell’arretratezza. Le musiche di Rustichelli, mescolando elementi western e nostrani, si adattano perfettamente all’atmosfera avventurosa e solenne del film. In sintesi è un capolavoro che consiglio a tutti per la sua carica civica, etica e morale nonchè per l’intensità ed il fascino con cui vengono raffigurati idee, luoghi e persone. Da vedere assolutamente almeno una volta.
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