loland10
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lunedì 30 gennaio 2017
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bambini-coraggio
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“Il viaggio di Fanny” (Le voyage de Fanny, 2016) è il terzo lungometraggio della regista e fotografa francese Lola Doillon.
Film uscito nelle sale in occasione della ‘Giornata della Memoria’.
Si racconta la storia (vera) di Fanny Ben-Ami (da una sua autobiografia) che oggi vive a Tel Aviv e viene ripresa brevemente prima dei titoli di coda della pellicola. Nel 1943 Fanny e le sue piccole sorelle sono rifugiati in un piccolo comune (Creuse) della Francia. Con altri bambini ebrei sono isolati dalle loro famiglie di provenienza; Fanny si ritrova in un gruppo di nove sempre e continuamente in fuga (ora su un treno passeggeri, ora in una cascina, ora in un treno merci, ora in un refettorio, ora in mezzo ai boschi e ora tra le vie di centri sconosciuti) per arrivare al confine con la Svizzera.
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“Il viaggio di Fanny” (Le voyage de Fanny, 2016) è il terzo lungometraggio della regista e fotografa francese Lola Doillon.
Film uscito nelle sale in occasione della ‘Giornata della Memoria’.
Si racconta la storia (vera) di Fanny Ben-Ami (da una sua autobiografia) che oggi vive a Tel Aviv e viene ripresa brevemente prima dei titoli di coda della pellicola. Nel 1943 Fanny e le sue piccole sorelle sono rifugiati in un piccolo comune (Creuse) della Francia. Con altri bambini ebrei sono isolati dalle loro famiglie di provenienza; Fanny si ritrova in un gruppo di nove sempre e continuamente in fuga (ora su un treno passeggeri, ora in una cascina, ora in un treno merci, ora in un refettorio, ora in mezzo ai boschi e ora tra le vie di centri sconosciuti) per arrivare al confine con la Svizzera. Tutto questo tra gendarmi francesi e, soprattutto, tedeschi che sono costantemente un ostacolo.
La regista Lola Doillon riesce a darci una pellicola senza eccessi e con giusta cadenza narrativa dove i volti e gli occhi dei bambini riescono nell’intento di porre lo spettatore coinvolto nel racconto. Tutto con cautela e senza fronzoli della macchina da presa. Certo alcune inquadrature sono oramai cliché visti e rivisti (l’arrivo delle camionette, il passo militare, la postura e i peluche) ma il film resta una piccola lezione di cinema ad altezza ‘bambino/a’, quella giusta per un toccante ricordo di fatti e di situazioni; una finzione graduale ed efficace, non leziosa e di corretto livello senza alzare mai il tiro. Una pellicola che entra dentro con grazia e leggerezza, senza suoni forti ma in modo sincero.
Fresco, fonetico, faticoso e fosco; film che riesce ad ammirarci e a farci riflettere mantenendo un basso profilo.
Amichevole, attorniato, ascendente e amorevole; film che riesce a essere solidale con bambini e, soprattutto, bambini soli.
Nascosto, nebuloso, neutrale e nostro; film che riesce a toglierci qualche ombra e a guardare dentro.
Nullo, nefasto, nero e nemici (ovunque); film che riesce a svegliarci e a ricordare per essere presenti.
Ypslon come viaggio in incognito, come corsa contro il tempo, come fuga da tutto e come paura da lasciare oltre il confine.
Il cast dei piccoli ha una buona riuscita: Leonie Souchaud (Fanny), Fantine Harduin (Erika), Juliane Lepoureau (Georgette), Igor Van Dessel (Maurice), Ryan Brodie (Victor) e, tra gli altri,Cécile De France (Madame Forman) sono in parte per raccontarci una triste (piccola) storia che riesce ad andare oltre lo schermo.
Un film che vuole farci riflettere, pensare a ieri e all'oggi dove in ogni latitudine ci sono ancora segni di incomprensioni, ostacoli, razzismi e violazioni ai diritti della convivenza umana.
La regia è soffusa-mente delicata quanto forte e incisiva nel farci entrare ad altezza e animo di bambino. Angosce, paure, difficoltà, isolamenti e abbandoni: problemi di sempre dentro la guerra come in molti ambiti famigliari e non.
Voto: 7+/10.
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angelo umana
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lunedì 30 gennaio 2017
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i bambini e i mostri
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Una favola vera, un film proiettato un solo giorno, quello della Memoria. E’ vera perché è favola raccontata dalla protagonista che visse quei giorni, Fanny Ben Ami, che ora vive in Israele e viene mostrata in un breve filmato sui titoli di coda. Allora, nel 1943, lei che aveva 9 anni guidò e mise in salvo un gruppo di 9 bambini ebrei, due erano sue sorelline, da un collegio in Francia fino alla frontiera svizzera.
Qualche suggerimento dettole dai più grandi (una è la splendida Cecile de France, ora donna matura dopo la giovanissima barista che fu in Un po’ per caso un po’ per desiderio) la getta dapprima nel panico, poi le fa prendere decisioni, perché lei è una testa dura, le è stato detto all’inizio della fuga.
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Una favola vera, un film proiettato un solo giorno, quello della Memoria. E’ vera perché è favola raccontata dalla protagonista che visse quei giorni, Fanny Ben Ami, che ora vive in Israele e viene mostrata in un breve filmato sui titoli di coda. Allora, nel 1943, lei che aveva 9 anni guidò e mise in salvo un gruppo di 9 bambini ebrei, due erano sue sorelline, da un collegio in Francia fino alla frontiera svizzera.
Qualche suggerimento dettole dai più grandi (una è la splendida Cecile de France, ora donna matura dopo la giovanissima barista che fu in Un po’ per caso un po’ per desiderio) la getta dapprima nel panico, poi le fa prendere decisioni, perché lei è una testa dura, le è stato detto all’inizio della fuga. E’ una fuga interpretata da bambini, proprio come essi la vivrebbero, con un mostro che non conoscono e che si vede poco, quasi solo immaginato, ma che sono i nazisti in cerca di ebrei. Il gioco e l’immaginazione dei bambini sono intermezzo frequente in questa fuga, ignorano il pericolo che corrono e si potrebbe dire che l’inconsapevolezza può far soffrire meno il terrore.
“How many roads must a man walk down before you can call him a man”: allora i soldati tedeschi eseguirono gli ordini di un pazzo, o di un gruppo di gerarchi pazzi. Eppure la sorellina più piccola di Fanny avrebbe la soluzione: se essere ebrei è pericoloso, basta non essere più ebrei. Del resto tutti gli uomini sono uguali, qualsiasi “casacca” religiosa o di partito o di stato indossino.
C’è tensione fino all’ultimo, anche se sappiamo come finisce, perché Fanny ha potuto raccontarla questa storia. Molti ragazzi avranno visto il film il 27 gennaio 2017, ma moltissimi avrebbero meritato di vederlo, un modo per educarsi all’avversione ad ogni nazismo e per sorridere delle brutture umane, ancora oggi tra noi. Il film può essere considerato per le scuole e per i ragazzi, ma è utile anche ai “vecchi” per vedere quel tempo con gli occhi di bambini: in ciò è il merito della regia e sceneggiatura; ottima la colonna sonora e la canzoncina infantile finale, liberatoria.
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