Le città di pianura

Un film di Francesco Sossai. Con Filippo Scotti, Sergio Romano, Pierpaolo Capovilla, Roberto Citran.
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Drammatico, durata 100 min. - Italia, Germania 2025. - Lucky Red uscita giovedì 2 ottobre 2025. MYMONETRO Le città di pianura * * * - - valutazione media: 3,30 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Quel che resta del Belpaese

di Fabio Ferzetti L'Espresso

Tre uomini e una Jaguar. Il ragazzo, serio, colto, un po' rigido, si chiama Giulio e viene da Napoli ma non ha l'accento. I due adulti, veneti in purezza, sono Doriano detto Dori e Carlobianchi, tutto attaccato. Giulio studia architettura, Dori e Carlobianchi, cinquantenni ad alto tasso alcolico, battono il Veneto su quel vecchio macchinone di lusso comprato coi soldi di qualche affaruccio illegale quando facevano gli operai, prima della crisi del 2008. Giulio insomma è un giovane tutto d'un pezzo che con la regione in cui studia ha un rapporto soprattutto culturale. Loro sono andati in frantumi tanti anni fa e rimettono insieme i pezzi bevendo e vagando. Ma di quelle terre conoscono l'anima, i segreti, il sottosuolo pulsante. Insomma hanno un sacco di cose da insegnare a quel ragazzo, e così lui a loro. Anche se perché inizino a capirsi Giulio dovrà attraversare una serie di piccole grandi prove in 48 ore di sistematica, liberatoria, irresistibile débauche. Sì, è la struttura del "Sorpasso", ma l'idea geniale di Francesco Sossai (Belluno, 1989) è usarla per raccontare l'Italia di oggi ovvero il Veneto, che con il suo impasto di passato e presente, distruzione e mercificazio ne, è l'ideale per illuminare quanto resta del Belpaese. E ciò che si agita, spesso invisibile, dentro chi ci vive. Anche perché "Le città di pianura" sviluppa l'intuizione iniziale con una vitalità, una coerenza, un amore per i personaggi (ergo per gli spettatori) a dir poco rara da queste parti. Questione di metodo: il secondo film di Sossai nasce da un lento stratificarsi di vagabondaggi e osservazioni, dunque nasconde a meraviglia mille idee dentro i suoi magnifici protagonisti. Di metodo e di lucidità: Sossai, che nelle interviste non cita solo Ferreri, Petri, Rosi e Lizzani, ma Celati, Ghirri, Piovene, Trevisan, sa benissimo cosa vuole raccontare. Come sa che per farlo deve spalancare le porte all'immaginazione trasformando le idee in volti, corpi, voci, atmosfere. Ed ecco questo film colto e popolare, affollato e profondo, esilarante e malinconico, come una volta. Trainato da immagini calibratissime e da tre attori meravigliosi come l'ipnotico folk -rock -blues veneto di Krano che li accompagna. Dei tre protagonisti infatti ci si innamora in un lampo, ma era già una grande idea riunire un purosangue di matrice teatrale come Sergio Romano (Carlo bianchi), il frontman del Teatro degli Orrori, Pierpaolo Capovilla (Dori), e l'ottimo Giulio/Filippo Scotti, già al centro di "È stata la mano di Dio". Forza cinema insomma, c'è tanto da fare: a forza di nasconderla, l'Italia è tutta da scoprire.
Da L'Espresso, 10 ottobre 2025


di Fabio Ferzetti, 10 ottobre 2025

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