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fabrizio friuli
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giovedì 13 maggio 2021
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gli uomini d'' oro : pollice capovolto
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Il film drammatico è basato su un fatto di cronaca avvenuto nel capoluogo piemontese nell' anno 1996 , e riguarda una rapina ad un furgone portavalori preparata dall ' impiegato Luigi Meroni , facendosi supportare dal suo amico Luciano e dal collega Alvise , una persona estremamente antipatica che mal sopporta i lamenti napoletani del protagonista, che non può andare in pensione anticipatamente per via della riforma Dini , ed ecco il fine della rapina .
Alcuni dei personaggi di questo film ricordano vagamente i personaggi che appaiono nei film di gangster italiani, mentre il personaggio interpretato da Edoardo Leo , il pugile divenuto un furfante , ha uno stile che lo rende una copia tarocca di Negan , uno degli antagonisti di The Walking Dead , invece , il personaggio di Gianmarco Tognazzi rha lo stile di un cattivo di 007 , ed anche alcune scene somigliano a quelle dei tipici gangster movie italiani , per esempio , la scena in cui Luigi Meroni vede Anna in un club notturno .
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Il film drammatico è basato su un fatto di cronaca avvenuto nel capoluogo piemontese nell' anno 1996 , e riguarda una rapina ad un furgone portavalori preparata dall ' impiegato Luigi Meroni , facendosi supportare dal suo amico Luciano e dal collega Alvise , una persona estremamente antipatica che mal sopporta i lamenti napoletani del protagonista, che non può andare in pensione anticipatamente per via della riforma Dini , ed ecco il fine della rapina .
Alcuni dei personaggi di questo film ricordano vagamente i personaggi che appaiono nei film di gangster italiani, mentre il personaggio interpretato da Edoardo Leo , il pugile divenuto un furfante , ha uno stile che lo rende una copia tarocca di Negan , uno degli antagonisti di The Walking Dead , invece , il personaggio di Gianmarco Tognazzi rha lo stile di un cattivo di 007 , ed anche alcune scene somigliano a quelle dei tipici gangster movie italiani , per esempio , la scena in cui Luigi Meroni vede Anna in un club notturno . Il solo ed unico pregio accettabile del film è l'interpretazione di Fabio de Luigi , a cui , per una volta , non hanno affidato il ruolo del personaggio fesso , mentre Gianpaolo Morelli interpreta il napoletano che parla con il tipico dialetto del capoluogo campano , e Mariela Garriga interpreta la donna del Lupo ( il personaggio impersonato da Edoardo Leo ) , l' introduzione di questo personaggio è dovuta al fatto che gli sceneggiatori non si sono sforzati di mostrare al pubblico un personaggio femminile diverso dal solito , ma una sorta di femme fatale che meriterebbe questo soprannome " La Tigre " dimostrando di essere molto più forte del suo uomo . In conclusione, il lungometraggio di Vincenzo Alfieri , pur cercando di emulare lo stile dei noir americani , esso è privo di innovazione , personaggi tipici , scene scontate ( come la fine del criminale Boutique , il criminale impersonato da Gianmarco Tognazzi ed anche la scena dove vengono ripresi il Lupo e la Tigre fuggire insieme su una moto ) , per tanto , il " noir , thriller drammatico " può essere valutato con il pollice capovolto , anche per un altro motivo : Gianluca Maria Tavarelli ha realizzato un lungometraggio basato sullo stesso fatto nel 2000 , con Fabrizio Gifuni come membro del cast.
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dandy
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sabato 27 febbraio 2021
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oro che brilla poco.
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Ispirato al fatto di cronaca nella Torino del'96 già alla base di "Qui non è il paradiso",il film ricalca lo stile narraivo di "Le iene"(dall'uso dei flashback alla suddivisione in capitoli)e di altri modelli oltreoceano(con sprazzi videoclippari e confezione da noir odierno)per raccontare le gesta del solito gruppo di perdenti disposti a tutto per riscattare le proprie vite ma fatalmente incapaci di gestire limiti e rancori.Il faticoso spezzettarsi della vicenda,le situzioni straviste e l'espediente banale che porta la tragica resa dei conti(un litigio per il calcio)sono compensate dalla recitazione degli attori(a partire da un cupo DeLuigi,che dimostra di avere ben altro talento rispetto ai suoi soliti insulsi filmetti comici),ma non si va aldilà del prodotto di genere senza infamia nè lode.
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Ispirato al fatto di cronaca nella Torino del'96 già alla base di "Qui non è il paradiso",il film ricalca lo stile narraivo di "Le iene"(dall'uso dei flashback alla suddivisione in capitoli)e di altri modelli oltreoceano(con sprazzi videoclippari e confezione da noir odierno)per raccontare le gesta del solito gruppo di perdenti disposti a tutto per riscattare le proprie vite ma fatalmente incapaci di gestire limiti e rancori.Il faticoso spezzettarsi della vicenda,le situzioni straviste e l'espediente banale che porta la tragica resa dei conti(un litigio per il calcio)sono compensate dalla recitazione degli attori(a partire da un cupo DeLuigi,che dimostra di avere ben altro talento rispetto ai suoi soliti insulsi filmetti comici),ma non si va aldilà del prodotto di genere senza infamia nè lode.Scarso successo di pubblico(nemmeno un milione di incasso).
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felicity
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mercoledì 24 febbraio 2021
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spunti estetici e narrativi apprezzabili
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Gli uomini d’oro lasciandosi guidare dalla cronaca, citata e tradita a più riprese, insegue un ritmo action capace di coinvolgere il pubblico nelle avventure dei suoi antieroi per caso.
Una sceneggiatura che si complica dietro diversi punti di vista, piani temporali differenti e una ricostruzione storica anni 90 ostentata, ma spesso piegata alle esigenze artistiche del regista sono alcuni degli elementi che portano Gli uomini d’oro su un piano produttivo insolito per il panorama italiano.
È un prodotto che ha il coraggio di raccontare una storia senza scadere nel comico, vuole abusare dei volti riconoscibili della commedia nostrana sfigurandoli in ruoli inediti nella loro carriera, esasperandone i lati grotteschi o sbagliati.
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Gli uomini d’oro lasciandosi guidare dalla cronaca, citata e tradita a più riprese, insegue un ritmo action capace di coinvolgere il pubblico nelle avventure dei suoi antieroi per caso.
Una sceneggiatura che si complica dietro diversi punti di vista, piani temporali differenti e una ricostruzione storica anni 90 ostentata, ma spesso piegata alle esigenze artistiche del regista sono alcuni degli elementi che portano Gli uomini d’oro su un piano produttivo insolito per il panorama italiano.
È un prodotto che ha il coraggio di raccontare una storia senza scadere nel comico, vuole abusare dei volti riconoscibili della commedia nostrana sfigurandoli in ruoli inediti nella loro carriera, esasperandone i lati grotteschi o sbagliati. Lo sforzo registico, narrativo e concettuale è, sinceramente, ammirevole ma il risultato finale sconta la distanza tra intenzioni e risultati.
Pur coinvolti in ruoli decisamente diversi dal solito, interpretati con grande trasporto e dedizione, De Luigi e Morelli non riescono fino in fondo a liberarsi della propria maschera. Vittime di una carriera inflazionata da film e interpretazioni sempre uguali, i due attori non si smarcano dalla loro immagine, risultando spesso goffi e caricaturali. Edoardo Leo, invece, forte di un’esperienza recitativa più variegata, dà al suo ex-pugile credibilità.
Il problema di fondo è la presunta necessità di creare personaggi iconici, gangster kitsch e ruoli instant cult per avere una sorta di legittimità di genere. Il boss/sarto interpretato da Gianmarco Tognazzi è l’esempio di questa presunzione.
Un tentativo da guardare con simpatia e supporto ma che, se portato all’estremo, crea solo confusione.
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belliteam
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martedì 2 giugno 2020
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rapina alle "poste nazionali"
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Tratto da una storia incredibilmente vera, il film percorre le vicende dei protagonisti di una rapina avvenuta alle "poste nazionali".
Tra gli interpreti spicca un Fabio De Luigi inedito, che abbandona la sua chiave umoristica, ironica, per cimentarsi in un noir, che fa' il verso a Tarantino (la storia e' divisa in Capitoli).
Il film e l'idea non sono affatto male, peccato pero' per un montaggio che ci riporta a troppi flashback (ed in questo puo' assomigliare a "la casa di carta"), facendoci perdere spesso il filo degli avvenimenti e togliendo ritmo e suspance al film.
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woody62
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giovedì 28 maggio 2020
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un buon alfieri tra tarantino e kubrik
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C'è molta carne al fuoco (forse un po' troppa) in questo film di Vincenzo Alfieri che ripropone una storia vera ambientata a Torino a metà anni '90. L'ispirazione tarantiniana esplicitata dal racconto “per capitoli” (il Playboy, il Cacciatore e il Lupo) e molte atmosfere della parte centrale e finale del film. La scelta della modalità narrativa “per punti di vista” ripresa pari pari dal capolavoro di Kubrik del 1956 “Rapina a mano armata” che guarda caso racconta di un ambizioso colpo all'ippodromo. Per argomento e trama il film ha molte analogie con “11/6 The italian job” film francese del 2013 decisamente meno riuscito.
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C'è molta carne al fuoco (forse un po' troppa) in questo film di Vincenzo Alfieri che ripropone una storia vera ambientata a Torino a metà anni '90. L'ispirazione tarantiniana esplicitata dal racconto “per capitoli” (il Playboy, il Cacciatore e il Lupo) e molte atmosfere della parte centrale e finale del film. La scelta della modalità narrativa “per punti di vista” ripresa pari pari dal capolavoro di Kubrik del 1956 “Rapina a mano armata” che guarda caso racconta di un ambizioso colpo all'ippodromo. Per argomento e trama il film ha molte analogie con “11/6 The italian job” film francese del 2013 decisamente meno riuscito. Detto questo “Gli uomini d'oro”ha una sua consistenza narrativa e registica di un certo livello. La tensione del racconto, ben supportata dal montaggio dello stesso Alfieri, garantisce la presa sullo spettatore per le quasi due ore del film. La trama ruota sul classico tema del colpo miliardario (siamo nel tempo della lira) per riscattare vite fatte di delusioni e rimpianti con il miraggio di un futuro roseo senza più problemi. Naturalmente le cose non vanno sempre come si desidera e le sorprese saranno dietro l'angolo. Bello lo spunto del derby Juve-Toro del 1996 che serve da “fil rouge” narrativo in apertura di ogni capitolo, contribuendo inoltre con la rivalità calcistica (Alvise/De Luigi è torinista, i napoletani curiosamente juventini) ad aumentare la tensione del film. Ottimo il cast con Giampaolo Morelli e Giuseppe Ragone, in versione rigidamente partenopea, Edoardo Leo nel ruolo truce dell'ex pugile picchiatore, Gianmarco Tognazzi insospettabile firma della moda con alter ego usuraio e malfattore e da ultimo un sorprendente De Luigi nel suo primo riuscito ruolo da “vilain” dopo una valanga di commedie innocenti. E' un peccato che il riscontro del pubblico in sala sia stato inferiore alle aspettative.
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onufrio
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domenica 24 maggio 2020
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noir all'italiana
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Ispirato a fatti realmente accaduti nella Torino di metà anni '90, Luigi Meroni, meridionale che lavora da anni a Torino, è stanco della monotona vita e sogna la Costa Rica assieme all'amico Luciano. Quasi per gioco nasce l'idea di un colpo apparentemente semplice che vede l'ingresso in scena del collega Alvise Zago, schivo e burbero nordico di poche parole. Diviso in tre capitoli, la storia analizza la stessa vicenda da tre punti di vista differenti: Il Playboy (Meroni), Il Cacciatore (Zago) e Il Lupo quest'ultimo interpretato da Edoardo Leo.
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enzo70
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mercoledì 8 aprile 2020
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film con molte pretese ma poca sostanza
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Il giudizio non esaltante probabilmente deriva dalla predisposizione alla visione di un film inusuale per i cinema italiano, sia per la regia che per la cupezza della fotografia. Mentre sullo sfondo scorre la storica rivalità tra il Torino e l’altra squadra della città, ripercorrendo le difficoltà della prima e le facili vittorie della seconda, Alfieri racconta una storia vera: tre uomini con vite difficile che cercano il colpo della vita, una rapina al furgone portavalori delle Poste: proprio il furgone che due dei protagonisti, il napoletano Luigi ed il torinese Alvise, guidano. Il regista ha un ottimo cast a disposizione e cerca soluzioni innovative, anzi per dettare i tempi della storia, riprende la suddivisione in capitoli di Tarantino.
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Il giudizio non esaltante probabilmente deriva dalla predisposizione alla visione di un film inusuale per i cinema italiano, sia per la regia che per la cupezza della fotografia. Mentre sullo sfondo scorre la storica rivalità tra il Torino e l’altra squadra della città, ripercorrendo le difficoltà della prima e le facili vittorie della seconda, Alfieri racconta una storia vera: tre uomini con vite difficile che cercano il colpo della vita, una rapina al furgone portavalori delle Poste: proprio il furgone che due dei protagonisti, il napoletano Luigi ed il torinese Alvise, guidano. Il regista ha un ottimo cast a disposizione e cerca soluzioni innovative, anzi per dettare i tempi della storia, riprende la suddivisione in capitoli di Tarantino. Alla fine, però, il film stenta, non decolla, i troppi neri delle inquadrature non lo trasformano in un noir, ma lo rendono inutilmente ostico. A me non è piaciuto.
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lizzy
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domenica 8 marzo 2020
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remake solo in parte riuscito
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Perchè Remake?
Ma perchè fin dalle prime battute del film ho riconosciuto la precedente opera di Tavarelli (Qui non è il Paradiso, 2000) sullo sfondo.
Non che i due lavori siano uguali, non sto dicendo questo, sto solo affermando che la sensazione di "Deja-Vu" è stata fortissima subito e solo dopo un po' ho ricollegato le due storie.
Il postino deluso dalla quotidianità che sogna paradisi tropicali e si inventa questo colpo tanto rocambolesco quanto inutile vista l' ingenuità del personaggio ed il suo forzato entusiasmo.
Certo, qua molto è ancor più romanzato rispetto al lavoro di Tavarelli.
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Perchè Remake?
Ma perchè fin dalle prime battute del film ho riconosciuto la precedente opera di Tavarelli (Qui non è il Paradiso, 2000) sullo sfondo.
Non che i due lavori siano uguali, non sto dicendo questo, sto solo affermando che la sensazione di "Deja-Vu" è stata fortissima subito e solo dopo un po' ho ricollegato le due storie.
Il postino deluso dalla quotidianità che sogna paradisi tropicali e si inventa questo colpo tanto rocambolesco quanto inutile vista l' ingenuità del personaggio ed il suo forzato entusiasmo.
Certo, qua molto è ancor più romanzato rispetto al lavoro di Tavarelli.
Il personaggio del Morelli è meno credibile di quello del Gifuni e perfino la spogliarellista viene buttata li come soprammobile quasi inutile visto che, come ben qualcuno ha sottolineato, più che mostrare (pudicamente) qualche curvetta non fa.
Non discuto della bravura dei professionisti (Leo, De Luigi e specialmente Tognazzi) e manco delle scelte estetiche o scenografiche (il tutto non è affatto male, non fosse che mi han velocizzato il brano degli Snap!), ma di fondo il film lascia un amaro in bocca.
A parte il "Già visto", appunto, una sensazione che si è voluto troppo calcare la mano su certi elementi sia "razziali" che "lavorativi" (capisco che ci possan essere dei poliziotti tonti, ma questi del film sono da comiche...) e tutto sembra che scivoli fin troppo facilmente (facile il colpo per come descritto, facile l' occultarsi delle persone, facile la fine dei vari protagonisti...).
Poi, beh, ognuno di voi si potrà fare la propria idea vedendo l'opera.
Un film buono per passarci un ora e quaranta minuti di disimpegno.
Ma null'altro.
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jonnylogan
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lunedì 17 febbraio 2020
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quel pomeriggio di un giorno da cani...
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Luigi, impiegato postale originario di Napoli e trapiantato a Torino, appassionato di donne e della bella vita, è a un passo dalla tanto agognata pensione anticipata che gli consentirà di recarsi a vivere definitivamente in Costa Rica. Quando la riforma Dini vanificherà i suoi sogni, Luigi inizierà a progettare un colpo al furgone porta valori che guida abitualmente.
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Luigi, impiegato postale originario di Napoli e trapiantato a Torino, appassionato di donne e della bella vita, è a un passo dalla tanto agognata pensione anticipata che gli consentirà di recarsi a vivere definitivamente in Costa Rica. Quando la riforma Dini vanificherà i suoi sogni, Luigi inizierà a progettare un colpo al furgone porta valori che guida abitualmente. Per portare a termine il suo piano Luigi domanda aiuto al suo amico Luciano, ex postino in pensione. Ad Alvise, un collega con famiglia a carico, e a Lupo, ex pugile che lavora come esattore per il sarto d’alta moda Boutique, stilista di giorno e usuraio di notte.
Da un fatto di cronaca degno di un thriller di Jeffery Deaver, ma realmente accaduto a metà dei ’90 nella italianissima Torino, Vincenzo Alfieri, idolo delle web series, attore, regista e sceneggiatore tutto fare del mondo della celluloide, ricava una perla di rara brillantezza offrendo al pubblico un manipolo di attori solitamente comici prestati per quest’ occasione al mondo del thriller. Riuscendo a colpire con efficacia il bersaglio della tensione palpabile sin dalle prime battute e fino ad ottenere una meritata candidatura al premio Caligari del Festival di Berlino 2019. Confezionando una storia suddivisa in tre capitoli, esattamente come i tre protagonisti della narrazione, che s’intersecano fra loro come già avevano saputo fare John Houston e Stanley Kubrick nei loro Giungla d’asfalto e Rapina a mano armata, capostipiti degli heist movie costruiti seguendo il processo dell’analessi che obbliga il pubblico a ricavarne un quadro d’insieme solo a visione ultimata.
Tutti si muovono in una Torino plumbea seguendo un copione fatto di progettazione del colpo intercalata a tensioni personali e progetti che verranno realizzati, forse e solamente a rapina ultimata. Fra i protagonisti si staglia con decisione un Fabio De Luigi che abbandona ancora di più degli altri la sua maschera da buontempone indossando i panni di un impiegato delle poste con famiglia a carico e altrettanto carico di tensione a causa di una precaria condizione di salute. Una pellicola che non scorre veloce a causa dei continuo riavvolgersi della trama ma che inchioda alla poltrona lo spettatore fino alle ultime curve di un colpo del quale non ci si dimentica tanto facilmente. Se vi è piaciuto vi consigliamo anche la visione di Qui non è il paradiso, firmato ad inizio anni 2000 da Gianluca Tavarelli e basato sui medesimi fatti di cronaca rigorosamente nera.
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nino pellino
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domenica 24 novembre 2019
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ottimo noir dai risvolti drammatici
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Film che ha trovato pieno riscontro nel mio gusto cinematografico quando predilige il genere drammatico e i colpi di scena e soprattutto quando un film è ottimamente interpretato e diretto in maniera convincente dal regista. Un vero e proprio noir all'italiana i cui toni, appunto, drammatici mi fanno accostare questo film di Vincenzo Alfieri ad altre pellicole italiane del genere, come ad esempio "Padroni di casa" del regista Edoardo Gabriellini, film uscito diversi anni fa. Oltre alla presenza di attori che rappresentano ormai una garanzia, quando si tratta di dirigere film italiani di maggiore spessore, come il buon Giampaolo Morelli (attore che ha partecipato ai bellissimi e recenti film "Song e' Napule" e "Ammore e malavita"), Edoardo Leo (presente invece nel premiato "Perfetti sconosciuti" o autore di una lodevole pellicola come "Noi e la Giulia"), e Gianmarco Tognazzi, devo dire che mi ha positivamente sorpreso l'attore comico Fabio De Luigi che qui si cala perfettamente in un ruolo drammatico che sembra proprio calzargli a pennello.
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Film che ha trovato pieno riscontro nel mio gusto cinematografico quando predilige il genere drammatico e i colpi di scena e soprattutto quando un film è ottimamente interpretato e diretto in maniera convincente dal regista. Un vero e proprio noir all'italiana i cui toni, appunto, drammatici mi fanno accostare questo film di Vincenzo Alfieri ad altre pellicole italiane del genere, come ad esempio "Padroni di casa" del regista Edoardo Gabriellini, film uscito diversi anni fa. Oltre alla presenza di attori che rappresentano ormai una garanzia, quando si tratta di dirigere film italiani di maggiore spessore, come il buon Giampaolo Morelli (attore che ha partecipato ai bellissimi e recenti film "Song e' Napule" e "Ammore e malavita"), Edoardo Leo (presente invece nel premiato "Perfetti sconosciuti" o autore di una lodevole pellicola come "Noi e la Giulia"), e Gianmarco Tognazzi, devo dire che mi ha positivamente sorpreso l'attore comico Fabio De Luigi che qui si cala perfettamente in un ruolo drammatico che sembra proprio calzargli a pennello. Bravo pertanto il regista Vincenzo Alfieri al quale da grande e intramontabile appassionato di Cinema non posso che fargli i miei complimenti.
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