enzo70
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martedì 26 gennaio 2016
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apprezzabile il tentativo ma alla fine film piatto
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L’anoressia è una malattia sociale, figlia dell’indifferenza e delle mode, degli status e delle incomprensioni. In maledimiele Mauro Pozzi propone la storia di Sara, un’adolescente che man mano modifica il proprio regime alimentare fino a scivolare nella patologia, schernendosi quasi della scarsa attenzione dei genitori e delle amiche ai problemi che l’hanno portata all’anoressia.
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L’anoressia è una malattia sociale, figlia dell’indifferenza e delle mode, degli status e delle incomprensioni. In maledimiele Mauro Pozzi propone la storia di Sara, un’adolescente che man mano modifica il proprio regime alimentare fino a scivolare nella patologia, schernendosi quasi della scarsa attenzione dei genitori e delle amiche ai problemi che l’hanno portata all’anoressia. Ma nonostante il tentativo del regista di proporre un film molto asciutto nel tono narrativo, Pozzi indugia nel consueto difetto del cinema italiano di cercare i propri effetti speciali in un’introspezione fine a sé stessa. Il risultato è che la storia di Sara diventa fine a sé stessa ed alla consueta manfrina modaiola che è origine stessa di questa terribile malattia, terribile simbolo malefico dei rischi dell’abbondanza. Il film, per quanto ben interpretato da Sonia Bergamasco, è noioso e la solitudine di Sara rimbalza senza fornire stimoli allo spettatore. Il film di denuncia sociale di Pozzi diventa, quindi, un documento privo di forza e di significato.
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edo95
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lunedì 6 maggio 2013
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l'anoressia e i disagi della societa' moderna
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Il film di Marco Pozzi, Maledimiele, vincitore nel 2010 del premio Fiuggi family, settore del festival del cinema di Venezia e partecipe con buoni risultati in numerosi altri festival cinematografici, è un film che affrontando il tema attualissimo, ma non discusso come si dovrebbe dell’anoressia, s’imbatte anche in quelle problematiche sociali e psicologiche che favoriscono l’insorgere di questa malattia. Sara, la protagonista, un’adolescente di quindici anni, figlia unica di una famiglia borghese e benestante, vive a milano. E’ una figlia apparentemente modello. Eppure del suo disagio non si accorgono né genitori né amiche.
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Il film di Marco Pozzi, Maledimiele, vincitore nel 2010 del premio Fiuggi family, settore del festival del cinema di Venezia e partecipe con buoni risultati in numerosi altri festival cinematografici, è un film che affrontando il tema attualissimo, ma non discusso come si dovrebbe dell’anoressia, s’imbatte anche in quelle problematiche sociali e psicologiche che favoriscono l’insorgere di questa malattia. Sara, la protagonista, un’adolescente di quindici anni, figlia unica di una famiglia borghese e benestante, vive a milano. E’ una figlia apparentemente modello. Eppure del suo disagio non si accorgono né genitori né amiche. Il padre oculista (!), troppo preso dal lavoro e la madre, attiva nel mondo dell’arte e nel sociale, sono distanti e incapaci di cogliere il disagio della figlia. E di fronte alla cecità dei genitori, la preponderanza dell’immagine rispetto alla parola, diventa un modo per il regista di costringere lo spettatore a vedere con la “mente” e a osservare una malattia che spesso per superficialità, per ignoranza e per paura viene sottovalutato. La chiave di lettura che ci fornisce il regista non verte tanto sulla dimensione fisica della patologia, quanto su quella mentale. Il titolo, Maledimiele, ci rimanda alla fase idilliaca e primaria (luna di miele) in cui Sara vive una sorta di innamoramento con la sua patologia, dove l’Io, attraverso il rifiuto del cibo, rifiuta psichicamente la vita e rafforza il suo senso di forza e di onnipotenza verso il mondo. E se ogni disordine psichico è un riflesso di una società malata e in crisi, scopriamo che essa non è in grado di fornire risposte adeguate a chi, come Sara, vive un momento di passaggio e delicato della propria esistenza e cerca delle strade percorribili.
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spikestreet
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mercoledì 24 aprile 2013
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1 ora e 27 minuti buttati al vento
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Non capisco come la critica possa aver promosso questo titolo. Spinto proprio da un buon trailer ed ottimi pareri della critica mi sono infatti deciso a guardarlo ma purtroppo, pur aspettando che la trama subisse un'evoluzione, sono dovuto rimanere a bocca asciutta quando, così come è iniziato, il film è finito. Questo film non mi ha lasciato nulla, se non istruzioni su come eventualmente dimagrire: non conoscevo la storia del bagno nell'acqua ghiacciata ad esempio, né quella dei sei pasti con una mela divisa in 6 parti. Ciò che mi lascia comunque più perplesso è proprio il fatto che basta parlare di un problema come l'anerssia o la bulimia per esaltare la critica.
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Non capisco come la critica possa aver promosso questo titolo. Spinto proprio da un buon trailer ed ottimi pareri della critica mi sono infatti deciso a guardarlo ma purtroppo, pur aspettando che la trama subisse un'evoluzione, sono dovuto rimanere a bocca asciutta quando, così come è iniziato, il film è finito. Questo film non mi ha lasciato nulla, se non istruzioni su come eventualmente dimagrire: non conoscevo la storia del bagno nell'acqua ghiacciata ad esempio, né quella dei sei pasti con una mela divisa in 6 parti. Ciò che mi lascia comunque più perplesso è proprio il fatto che basta parlare di un problema come l'anerssia o la bulimia per esaltare la critica. Io credo che un film si distingua da un documentario proprio per il fatto di avere una trama, una storia... e questo film non ha storia, per cui lo collocherei più tra i documentari che tra i film. Le uniche scene che hanno un accenno di storia (tra l'altro già trite e ritrite nella storia recente della cinematografia), sono buttate lì, e molto spesso le scene sono ripetute e portate alla lunga sembra giusto per guadagnare minuti in un film (se così si può chiamare) che altrimenti sarebbe durato solo mezz'ora... un documentario appunto.
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giuliafallenapart
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martedì 9 aprile 2013
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realistico ma privo di trama
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Soffrendo da un paio di anni di disordini alimentari (specie bulimia) ovviamente ho dovuto vederlo. A parte che è stato diffuso pochissimo nelle sale cinematografiche.. Comunque alcune scene in cui si vedeva il disturbo mi hanno toccato molto (ad esempio la scena iniziale dell'abbuffata ripetitiva) ma alla fine non ha avuto una vera e propria trama.. Il regista avrebbe dovuto puntare di più a far vedere il processo di guarigione di Sara, anche perché film del genere dovrebbero far conoscere il problema ma anche far capire che guarire è possibile e spronare chi ne soffre a lottare cosa che questo film non fa, anzi..
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