lucaguar
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mercoledì 29 gennaio 2025
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progetto monumentale e visionario firmato wenders
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"Fino alla fine del mondo" è un film complesso e impegnativo, dove Wenders ci presenta la storia di una giovane donna che ha nella sua natura il gusto del viaggio e dell'avventura e che un giorno, in Francia, si ritrova per caso invischiata con dei criminali che le chiedono di portare del denaro a Parigi. Nel frattempo conoscerà un altro uomo, anch'egli coinvolto in un furto, stavolta di un dispositivo unico al mondo, in grado di ridare la vista ai ciechi, che in realtà vorrà portare alla madre cieca per ridarle la possibilità di vedere lui e i suoi parenti. Da qui la ragazza, che ingaggia anche un detective, inizia a girare il mondo per inseguire l'uomo, del quale si è innamorata, anche se è sempre seguita anche dal marito, che però sembra accettare di poterla perdere, conscio della sua personalità avventurosa e inquieta.
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"Fino alla fine del mondo" è un film complesso e impegnativo, dove Wenders ci presenta la storia di una giovane donna che ha nella sua natura il gusto del viaggio e dell'avventura e che un giorno, in Francia, si ritrova per caso invischiata con dei criminali che le chiedono di portare del denaro a Parigi. Nel frattempo conoscerà un altro uomo, anch'egli coinvolto in un furto, stavolta di un dispositivo unico al mondo, in grado di ridare la vista ai ciechi, che in realtà vorrà portare alla madre cieca per ridarle la possibilità di vedere lui e i suoi parenti. Da qui la ragazza, che ingaggia anche un detective, inizia a girare il mondo per inseguire l'uomo, del quale si è innamorata, anche se è sempre seguita anche dal marito, che però sembra accettare di poterla perdere, conscio della sua personalità avventurosa e inquieta.
Questo film è certamente un progetto mastodontico e costoso (strano per un "autore" come Wenders), esso giunge a metà della carriera del regista tedesco e compendia un po' tutti i temi a lui più cari. E' un'opera talemente ricca e articolata che sarebbe troppo pretenzioso tentare di esaurire tutte le suggestioni che emergono dal tessuto magmatico e talvolta un po' intricato di questo racconto, ma a mio avviso i temi che emergono con maggior forza sono due:
1) LA TECNICA: da ciò che leggo anche qui, è un tema un po' sottovalutato, ma è secondo me centrale: Wenders tenta di mostrare la natura ambigua e ondivaga della tecnologia, che può essere buona e portare speranze di emancipazione (come ridare la vita ai ciechi) quasi miracolose ("solo i miracoli hanno senso" dice uno dei personaggi), ma che nasconde sempre, anche sotto l'egida dei buoni propositi, la sua potenza distruttiva, come si nota dal richio di una catastrofe nucleare che gli USA rischiano di far esplodere tentando di sventare un satellite indiano diretto verso la Terra. In anticipo sui tempi, come spesso avviene in Wenders, è anche il tema dell'ambiente e della minaccia per il pianeta, che si dipana soprattutto alla del fine film, ambientata in Australia e che è ben più di una citazione dell'amico Herzog e del suo "Dove sognano le formiche verdi", (di cui tra l'altro recita anche un attore, membro della tribù indigena autraliana): l'Australia, la "fine del mondo", funge da rifugio per tutti i protagonisti, che sperano di potersi salvare dalla catatrofe imminente ma che è anch'essa minacciata dalla violenta brama iper-tecnologica occidentale, sia nelle sue tribù che nel paesaggio.
2) L'IMMAGINE e il RACCONTO: più noto e spesso sottolineato è il tema dell'immagine; qui Wenders sembra mostrarci l'abuso delle immagini che la nostra epoca contemporanea vuole imporci, e lo fa anche qui con la consueta lungimiranza. La nostra è una civiltà fondata sulle immagini (e oggi ciò è ancora più vero, nell'epoca dei social) e sulla noncuranza della parola e della scrittura, in generale del racconto, il quale fa guarire la protagonista dalla dipendenza malata dalle immagini dei sogni proiettate sul suo dispositivo elettronico; è il racconto del marito della protagonista che infatti ci guida, come una sorta di filo di Arianna che ci conduce fuori dal labirinto di immagini (appunto) del film, che si sta popolando di mostri (come il celebre Minotauro del mito), mostri che tuttavia sono sempre un'emersione dall'abisso dell'animo umano. Il racconto, la parola, sono curativi, sono la salvezza rispetto ad un destino dominato dalle immagini e dalla tecnologia, che può diventare minacciosa per la natura umana e per il pianeta, se appunto non accompagnata dal gusto del raccontare. Questo punto può stupire, visto che sembra un discorso anticinematografico, ma in realtà è esattamente espressione dell'amore che Wenders nutre per il cinema.
"Fino alla fine del mondo" è un film molto articolato, ricchissimo di metafore e di citazioni, un progetto che forse Wenders considera come quello più compiuto del suo modo di vedere il cinema e la vita. A mio avviso il risultato è quello di un'opera che di certo non dimenticheremo, anche se forse in altri film più compatti e meno pretenziosi il regista è riuscito a trasmettere in modo più accessibile il suo cinema, fatto di viaggi e di ricerca di sè, di un vagare e di un perdersi che si innesta con una solitudine o con un intreccio di solitudini. Bellissime e suggestive le musiche, così come la fotografia (io l'ho guardato in versione restaurata in alta definizione, versione che consiglio a tutti). Opera di altissimo livello.
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piero
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venerdì 10 aprile 2020
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i link download sono sbagliati.
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I link per vedere il film sono sbagliati.
Puntano a un documentario con lo stesso titolo di Morgan Bertacca
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robusa
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mercoledì 12 dicembre 2018
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capolavoro imperfetto
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Appartiene certamente alla tipologia "opere grandiose" anche se non tutto fluisce im modo scorrevole e piacevole, ma daltronde 8 1/2 è un film scorrevole ?
Resta comunque una sintesi mnagnifica della poetica di Wenders.
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starbuck
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giovedì 28 giugno 2012
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la profezia della dipendenza da immagini
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Si possono dire tante cose di questo film. Wim Wenders è un regista particolare, può piacere molto ma anche risultare indigesto. Io l'ho apprezzato sino ad un certo monento, penso che ormai abbia finito da tempo di dire ciò che aveva da dire. "Fino alla fine del mondo " racchiude un po' tutta la psicologia e la tecnica di Wenders. Personalmente ho amato molto questo film: a suo tempo mi sono lasciato trasportare senza pregiudizi dal suo ritmo, dalla sua trama che definerei "trasversale", dalle sue immagini seducenti. I personaggi, compresa la protagonista Claire, non sono in realtà particolarmente interressanti: risultano un po' pesanti, come peraltro spesso accade ai personaggi di Wenders, nonostante questo, ciò che affacsina è il fluire della narrazione, la tecnica utilizzata, la musica, la fantasia, la poesia.
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Si possono dire tante cose di questo film. Wim Wenders è un regista particolare, può piacere molto ma anche risultare indigesto. Io l'ho apprezzato sino ad un certo monento, penso che ormai abbia finito da tempo di dire ciò che aveva da dire. "Fino alla fine del mondo " racchiude un po' tutta la psicologia e la tecnica di Wenders. Personalmente ho amato molto questo film: a suo tempo mi sono lasciato trasportare senza pregiudizi dal suo ritmo, dalla sua trama che definerei "trasversale", dalle sue immagini seducenti. I personaggi, compresa la protagonista Claire, non sono in realtà particolarmente interressanti: risultano un po' pesanti, come peraltro spesso accade ai personaggi di Wenders, nonostante questo, ciò che affacsina è il fluire della narrazione, la tecnica utilizzata, la musica, la fantasia, la poesia. Ma ciò che ha reso questo film indimenticabile ai miei occhi, è la trovata assolutamente profetica - mi chiedo ancora oggi se consapevole o no - di immaginare il concetto di "dipendenza da immagini". Il congegno in grado di registrare e rivedere i sogni creando dipendenza, è la metafora ideale del punto a cui oggi, più di vent'anni dopo, la tecnologia digitale ci ha portati: un mondo nel quale le persone vivono e si muovono con tutti i sensi agganciati ai loro supporti multimediali, sempre più scollegati da tutti gli altri aspetti dell'esistenza. La disperazione di Claire, messa in quarantena in un recinto in mezzo al deserto australiano, in preda a tremende crisi d'astinenza senza la possibilità di ricaricare le batterie del suo apparecchio, ci fa capire il livello di alienazione al quale può portare un certo utilizzo della tecnologia. Trevor si affiderà agli Aborigeni che attraverso i loro rituali ancestrali gli permetteranno di riacquistare l'equilibrio perduto. Tutti i personaggi riusciranno alla fine a ritrovare una dimensione sostenibile. Chissà se anche noi saremo in grado di rimanere noi stessi fino alla fine del mondo.
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fedeleto
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venerdì 16 dicembre 2011
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fino alla fine sempre con wenders
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Sono passati circa 12 anni da quando Wim Wenders(l'amico americano,lo stato delle cose,paris texas) aveva in mente il progetto FINO ALLA FINE DEL MONDO.Ora finalmente riesce a dirigere questo mastodontico progetto.Un satellite nel 1999 minaccia di cadere e cosi l'america decide di abbatterlo creando seri problemi alla terra,ma in tutto questo ,una donna si sveglia a venezia ed e' alla ricerca di qualcosa,viaggia e si ritrova in francia dove scampa ad un incidente mortale.Giungera' a patti con dei criminali francesi e si prendera' un bel mucchio di soldi.Peccato che un uomo che la affascina (william Hurt) scappi spesso con i suoi soldi,La ragazza lo seguira' ovunque(portogallo,russia,germania,cina, giappone)mettendogli alle costole anche un investigatore privato,ma come se non bastasse la seguira' anche il suo ex che nonostante l'abbia tradita ancora la ama follemente.
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Sono passati circa 12 anni da quando Wim Wenders(l'amico americano,lo stato delle cose,paris texas) aveva in mente il progetto FINO ALLA FINE DEL MONDO.Ora finalmente riesce a dirigere questo mastodontico progetto.Un satellite nel 1999 minaccia di cadere e cosi l'america decide di abbatterlo creando seri problemi alla terra,ma in tutto questo ,una donna si sveglia a venezia ed e' alla ricerca di qualcosa,viaggia e si ritrova in francia dove scampa ad un incidente mortale.Giungera' a patti con dei criminali francesi e si prendera' un bel mucchio di soldi.Peccato che un uomo che la affascina (william Hurt) scappi spesso con i suoi soldi,La ragazza lo seguira' ovunque(portogallo,russia,germania,cina, giappone)mettendogli alle costole anche un investigatore privato,ma come se non bastasse la seguira' anche il suo ex che nonostante l'abbia tradita ancora la ama follemente.Infine la donna ,rimarra' con l'uomo in fuga ,e scoprira' che in realta' egli ha un dispositivo per poter far vedere delle immagini registrate dal cervello ai ciechi,anche se il suo scopo e' far vedere le immagini della figlia alla madre di lui.Si fermeranno tutti in australia, dove il padre dell'uomo in fuga ha creato questo meccanismo di poter rubare i sogni,non sara' facile uscirne piche' diventera' una droga,e come se non bastasse la fine del mondo non e' avvenuta.Wenders dirige un grande film dove la versione integrale(280 minuti) rende giustizia al film,inizia come un fantascientifco e continua come un film avventura ,ma alla base ci sono parecchie tematiche,in primis il viaggio documento(la ragazza riprende tutto attraverso una telecamera) le immagini possono essere trasmesse e meglio anche elaborate ,ma soprattutto la creazione della macchina che ruba sogni e' in realta' una fine del mondo(la ragazza rimane per certi aspetti prigioniera di quel meccanismo),ma il vero messaggio e' cercare e sperare,o meglio anche documentare(il libro salva la ragazza dall'incantesimo tecnologico),un film di grande intensita',che incolla lo spettatore soprattutto nella prima parte ,in seguito si fatica un po' a capire dove si voglia arrivare,ma la destinazione e' sempre quella IL VIAGGIO E LA RICERCA DELL'ESSERE che parte inizialmente con l'esterno(si viaggia in vari posti),poi si viaggia invece dentro se stessi (la macchina dei sogni).Ottima pellicola e grande Wenders,con una colonna sonora da oscar.
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ariel999
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venerdì 22 luglio 2011
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sogno: voluttuoso veleno.
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Sì, ci sono tanti punti di questo film che contribuiscono a renderlo unico e che meriterebbero decisamente di essere trattati, ma io mi voglio soffermare su un aspetto particolare: quello del sogno. Fëdor Michajlovič Dostoevskij nel suo capolavoro "Le Notti Bianche" studia approfonditamente il sogno ed il sognatore; durante la Seconda Notte il protagonista racconta se stesso in prima persona: il sognatore che disprezza la vita reale ma che un giorno vorrà barattare tutti i suoi anni di fantasie per un solo giorno di quella vita, e non le vorrebbe scambiare nemmeno per tutte le ricchezze del mondo. Credo che in "Fino alla Fine del Mondo" Wenders abbia raccolto e trasmesso una poeticità e una folosoficità degna di Dostoevskij.
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Sì, ci sono tanti punti di questo film che contribuiscono a renderlo unico e che meriterebbero decisamente di essere trattati, ma io mi voglio soffermare su un aspetto particolare: quello del sogno. Fëdor Michajlovič Dostoevskij nel suo capolavoro "Le Notti Bianche" studia approfonditamente il sogno ed il sognatore; durante la Seconda Notte il protagonista racconta se stesso in prima persona: il sognatore che disprezza la vita reale ma che un giorno vorrà barattare tutti i suoi anni di fantasie per un solo giorno di quella vita, e non le vorrebbe scambiare nemmeno per tutte le ricchezze del mondo. Credo che in "Fino alla Fine del Mondo" Wenders abbia raccolto e trasmesso una poeticità e una folosoficità degna di Dostoevskij. Un capolavoro che non si limita a raccontare una storia, ma che vuole rapire con essa lo spettatore che oggi più che mai si può sentire vittima delle immagini imposte con violenza dalla civiltà che noi stessi abbiamo creato.
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writer58
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domenica 10 luglio 2011
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fino alla fine del mondo
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"Fino alla fine del mondo", qualcosa più di un film. Un desiderio, un progetto di futuro, una visione dei rapporti e del pianeta alle soglie del millennio morente. Una vicenda che parte da Venezia, una Venezia onirica piena di megaschermi, ampi saloni colmi di persone, bambini che non dormono mai, palazzi immemori del corso del tempo e si snoda tra il sud della Francia, Parigi, Berlino, Lisbona, Mosca, la ferrovia transiberiana fino a Pechino, Tokio, una locanda dispersa in un punto imprecisato del Giappone, davanti a colline verdeggianti e alberi ignoti, una San Francisco feroce e indifferente, fino ad approdare alla fine della terra, il continente australiano, con i suoi deserti rossi e le sue estensioni orizzontali senza limiti.
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"Fino alla fine del mondo", qualcosa più di un film. Un desiderio, un progetto di futuro, una visione dei rapporti e del pianeta alle soglie del millennio morente. Una vicenda che parte da Venezia, una Venezia onirica piena di megaschermi, ampi saloni colmi di persone, bambini che non dormono mai, palazzi immemori del corso del tempo e si snoda tra il sud della Francia, Parigi, Berlino, Lisbona, Mosca, la ferrovia transiberiana fino a Pechino, Tokio, una locanda dispersa in un punto imprecisato del Giappone, davanti a colline verdeggianti e alberi ignoti, una San Francisco feroce e indifferente, fino ad approdare alla fine della terra, il continente australiano, con i suoi deserti rossi e le sue estensioni orizzontali senza limiti. La fine del mondo, metafora di una geografia estrema e di un pericolo che grava sull’umanità, quel satellite nucleare simile a un uccello rapace che minaccia di contaminare con la sua carica radioattiva il mondo intero e che verrà distrutto da una testata atomica pochi giorni prima del passaggio all’anno 2000, rendendo attuali le ansie millenariste e i timori di apocalisse che corrodono l’anima dell’ umanità.
"Fino alla fine del mondo", un film sui ricordi e sulla cecità, un protagonista che gira il pianeta intero, inseguito da una donna e da un paio di detective che lo cercano per riscuotere una taglia, per registrare testimonianze di parenti che potranno essere viste, mediante un congegno avveniristico, dalla madre che ha perso il dono della vista. Ma quella macchina permette anche di visualizzare i propri sogni e vedere i propri sogni provoca una dipendenza micidiale, simile a quella dell’eroina, come se gli uomini e le donne di oggi non riuscissero a vivere nel presente, ma avessero bisogno di attingere vitalità ed energia da un’altra realtà, più essenziale e primitiva, quella delle pulsioni, liberate da rapidi movimenti oculari, dei desideri segreti, remoti, tenuti nascosti nelle zone protette dell’inconscio (come nel rapporto tra realtà virtuale e "real life", il capovolgimento che alcuni riescono ad operare, rendendo la realtà un epifenomeno delle interazioni di rete).
I protagonisti vogliono addormentarsi per sognare e vogliono risvegliarsi per poter osservare rapiti le proprie creazioni, le proprie immagini oniriche, come un sogno capace di sognare solo se stesso, che si alimenta da sé, autosufficiente.
Il rapporto con la terra e la scrittura come antidoti alla dipendenza, come modi di risvegliarsi, di ripercorrere la propria strada, di controllare il mondo invece che esserne dominati.
"Fino alla fine del mondo", una pellicola che ho visto la prima volta nel 1992 e rivisto qualche anno fa nella sua versione integrale, quattro ore e quaranta di volti, città, di spostamenti, emozioni, tecnologie, in parte ormai obsolete, in parte ancora futuribili, ricerca di senso, di amore, di condivisione, di assoluto, di superamento delle differenze individuali, di riconoscimento della diversità.
Qualcosa più di un film.
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[+] amore e odio
(di geg�my)
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gildo
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mercoledì 1 giugno 2011
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fino alla fine del film
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Ce l'ho fatta, infine, ad arrivare sino ai titoli di coda. Ma è un film che non ho capito. Cosa racconta il regista ? Una storia d'amore ? Fantascienza ? Un thriller ? E ancora: la fine del mondo è una trovata narrativa per trasmettere qualche tipo di messaggio ?
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marco padula (scrittore)
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giovedì 3 settembre 2009
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un film molto particolare
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Non è semplice dire se si tratti di un film bello o di un film brutto.
Di certo, "Fino alla fine del mondo" è un film molto particolare.
Anzitutto la sua visione richiede una certa cultura cinefila nonchè cinematografica, in quanto è farcito di continui rimandi, citazioni ed autocitazioni.
Questo è un genere di film diciamo appartenente alla categoria delle opere "impegnate" che non può esser visto spensieratamente sgranocchiando pop-corn. E' un film serio. Anzi, serissimo.
Dove il regista Wenders si prende molto sul serio e quasi profetizza su quella che (a suo modo di vedere) può essere la fine dell'umanità.
Ovviamente, le musiche sono di eccezionale valore ed orecchiabilità (Depeche Mode, U2 sopra tutte).
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Non è semplice dire se si tratti di un film bello o di un film brutto.
Di certo, "Fino alla fine del mondo" è un film molto particolare.
Anzitutto la sua visione richiede una certa cultura cinefila nonchè cinematografica, in quanto è farcito di continui rimandi, citazioni ed autocitazioni.
Questo è un genere di film diciamo appartenente alla categoria delle opere "impegnate" che non può esser visto spensieratamente sgranocchiando pop-corn. E' un film serio. Anzi, serissimo.
Dove il regista Wenders si prende molto sul serio e quasi profetizza su quella che (a suo modo di vedere) può essere la fine dell'umanità.
Ovviamente, le musiche sono di eccezionale valore ed orecchiabilità (Depeche Mode, U2 sopra tutte).
La fotografia è onirica e trasognante.Di sicuro impatto traumatico.
Il fatto poco positivo è che, specialmente nella prima parte, la pellicola pare aggrovigliarsi in una serie complessa di intrecci, per poi dipanarsi con più chiarezza verso il finale.
Che dire?
Non è un'opera semplice e non la si può certo liquidare in due parole.
Il film merita sicuramente di esser visto e con una certa attenzione. Ma soprattutto con disincantato spirito critico.
Ma, occhio: non è un piatto facilmente digeribile.
Film come questi, vanno rivisti con nuovo occhio, magari a distanza di qualche mese.
Giusto per cogliere appieno quello che è il messaggio di fondo che Wenders si sforza di offrire allo spettatore: il dramma della visione compulsiva delle cose come dramma esistenziale ed apocalittico che accomuna tutto il genere umano.
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marco padula (scrittore)
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mercoledì 2 settembre 2009
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un film molto particolare
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Inizialmente, il film di Wenders è caratterizzato da vari nonsense e appare carente di una sua logica narrativa interna.
Si bassiste ad una pletora di immagini e di spunti narrativi che si aggrovigliano, soprattutto nella prima parte della pellicola.
La questione filosofica che Wenders pare voglia trattare nella storia narrata è che ciò che minaccia il piacere della visione delle cose (della vita?) è la nostra stessa pulsione compulsiva a vedere.
Costituiscono un vero piacere per l'udito le musiche del film, tra le quali spiaccano pezzi degli U2 e dei Depeche Mode.
Ma la narrazione soffre di una sorta di "intasamento", originato dall'intenzione del regista tedesco di voler dire troppe cose tutte assieme.
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Inizialmente, il film di Wenders è caratterizzato da vari nonsense e appare carente di una sua logica narrativa interna.
Si bassiste ad una pletora di immagini e di spunti narrativi che si aggrovigliano, soprattutto nella prima parte della pellicola.
La questione filosofica che Wenders pare voglia trattare nella storia narrata è che ciò che minaccia il piacere della visione delle cose (della vita?) è la nostra stessa pulsione compulsiva a vedere.
Costituiscono un vero piacere per l'udito le musiche del film, tra le quali spiaccano pezzi degli U2 e dei Depeche Mode.
Ma la narrazione soffre di una sorta di "intasamento", originato dall'intenzione del regista tedesco di voler dire troppe cose tutte assieme.
Lo spettatore "esce" dal film stordito da una girandola di situazioni, luoghi e personaggi, che non è facile collegare tra loro.
Il messaggio forse non riesce ad essere toccante e, alla fine, dà l'idea che si tratti di un'operazione complessa, macchinosa e "fredda".
Consigliata la visione solo ai cinofili onnivori e pazienti.
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