Un sequel diretto da Irvin Kershner che non aggiunge nulla di notevole dal punto di vista narrativo al capolavoro di Elliot Silverstein di sei anni prima, con il medesimo attore protagonista Richard Harris, ma risulta sicuramente un film spettacolare grazie alla magnifica fotografia con uno dei migliori paesaggi western in una delle sequenze iniziali, un tramonto rosso fuoco che fa venire voglia di vederlo al cinema. Negli anni settanta questi film piacevano molto ai giovani di destra, basti vedere il nome che alcuni di loro hanno dato ai figli. Erano genuini gli amori per la nazione indiana, perseguitata dagli usurpatori bianchi, suggestionava la contrapposizione ideologica tra i nativi e i coloni, animati da un opposto modo di concepire il mondo e sentire il rapporto con la terra e gli animali.
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Un sequel diretto da Irvin Kershner che non aggiunge nulla di notevole dal punto di vista narrativo al capolavoro di Elliot Silverstein di sei anni prima, con il medesimo attore protagonista Richard Harris, ma risulta sicuramente un film spettacolare grazie alla magnifica fotografia con uno dei migliori paesaggi western in una delle sequenze iniziali, un tramonto rosso fuoco che fa venire voglia di vederlo al cinema. Negli anni settanta questi film piacevano molto ai giovani di destra, basti vedere il nome che alcuni di loro hanno dato ai figli. Erano genuini gli amori per la nazione indiana, perseguitata dagli usurpatori bianchi, suggestionava la contrapposizione ideologica tra i nativi e i coloni, animati da un opposto modo di concepire il mondo e sentire il rapporto con la terra e gli animali. Chi avrebbe mai detto che sarebbe andato Tutto irrimediabilmente perduto, abbandonato per la totale omologazione odierna allo strapotere del consumismo iper tecnologico. Chi sono gli indiani di oggi dovrebbe essere facile capirlo.
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