Fabrizio Ferraro continua a setacciare il passato per cercare un dialogo con il presente. Un gruppo di partigiani in fuga sui Monti Marsicani, la furia della natura, il bianco e nero, un cinema mai banale capace ancora una volta di astrarsi.
di Valerio Sammarco La Rivista del Cinematografo
Dopo La veduta luminosa, nel quale immaginava di mettersi sulle tracce del poeta Hölderlin, Fabrizio Ferraro torna stavolta al 1944, sui Monti Marsicani, nell'Appennino dell'Italia centrale.
Quattro partigiani fuggono in mezzo alla neve. Sono inseguiti, cercano un rifugio, incontrano una ragazza.
"Combattiamo per la libertà, per la liberazione, per la giustizia. Ma non dobbiamo combattere per queste parole, seppur bellissime".
I morti rimangono con la bocca aperta - in concorso Progressive Cinema alla Festa di Roma - conferma nuovamente la qualità dello sguardo di Ferraro, ancora una volta sospeso nel limbo tra la concretezza dell'oggetto film e l'assenza di vincoli che dovrebbe avere il linguaggio cinematografico: "l'idea autoriale che sta alla base di ogni opera non può soverchiare il paesaggio", dice non a caso il regista, che eleva l'elemento naturale - la neve impetuosa che cade dal cielo, la neve che tutto copre intorno a quei 4-5 personaggi - a vero protagonista assoluto. [...]
di Valerio Sammarco, articolo completo (2689 caratteri spazi inclusi) su La Rivista del Cinematografo 19 ottobre 2022