frankc
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martedì 24 settembre 2019
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che grande film
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Epico film inquietante e beffardo
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greatsteven
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martedì 18 settembre 2018
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30 monete d'anticipo per un esperto della katana.
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LA SFIDA DEL SAMURAI (YOJIMBO) (GIAP, 1961) diretto da AKIRA KUROSAWA. Interpretato da TOSHIRO MIFUNE, TATSUYA NAKADAI, YOKO TSUKASA, ISUZO YAMADA, TAKASHI SHIMURA, DAISUKE KATO
Nel Giappone del XXVI secolo, in cerca di acqua e cibo, arriva un giorno in un villaggio un samurai armato di katana. Scopre ben presto che la situazione del posto è tutt’altro che pacifica: la vita è dilaniata dalla faida fra due famiglie, una comandata da un capoclan di nome Ushitora e l’altra da uno chiamato Saibei, e l’unico che si arricchisce è il fabbricante di bare, che deve ogni giorno prepararne una per ciascun cadavere che va ad ammucchiarsi alla lista interminabile di morti che la contesa tra le due fazioni provoca.
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LA SFIDA DEL SAMURAI (YOJIMBO) (GIAP, 1961) diretto da AKIRA KUROSAWA. Interpretato da TOSHIRO MIFUNE, TATSUYA NAKADAI, YOKO TSUKASA, ISUZO YAMADA, TAKASHI SHIMURA, DAISUKE KATO
Nel Giappone del XXVI secolo, in cerca di acqua e cibo, arriva un giorno in un villaggio un samurai armato di katana. Scopre ben presto che la situazione del posto è tutt’altro che pacifica: la vita è dilaniata dalla faida fra due famiglie, una comandata da un capoclan di nome Ushitora e l’altra da uno chiamato Saibei, e l’unico che si arricchisce è il fabbricante di bare, che deve ogni giorno prepararne una per ciascun cadavere che va ad ammucchiarsi alla lista interminabile di morti che la contesa tra le due fazioni provoca. Unicamente interessato a far denaro, il samurai si vende prima all’una poi all’altra parte, racimolando quattrini poco a poco, ma quando capisce che a far le spese delle violenze che accadono nel villaggio sono solo gli abitanti, si schiera dal lato dei più deboli e mette le famiglie una contro l’altra in modo che la prima stermini la seconda, per occuparsi lui in un secondo momento di mandare al Creatore, armato della sua infallibile spada, i membri di quella sopravvissuta. Riuscirà in quest’arrischiata impresa non senza l’aiuto insospettabile dell’oste, da sempre osservatore neutrale ma convinto che un po’ di pace risanerebbe tutto, e del bottaio, che gli procura l’arma indispensabile per il duello finale. Kurosawa conosce bene la materia di cui tratta: la Yakuza, quella che si potrebbe considerare come il corrispettivo giapponese della mafia italiana, è un cancro presente nel paese dell’Estremo Oriente da tempo immemorabile che soltanto eroi solitari e coraggiosi son in grado di estirpare lottando per chi non ha sufficiente voce o bastevoli mezzi per difendersi da sé. Racconta una storia onestamente non nuova, ma rivisitata con brio e necessaria spietatezza affinché il messaggio giunga in tutta la sua potenza, com’è negli intenti dell’autore, prendendo come protagonista un 41enne Mifune al meglio della sua forma atletica, tanto bravo a maneggiare la katana quanto ad intrallazzare col miglior offerente inizialmente per una questione di soldi e solo più tardi allo scopo di far ritornare la pace nel villaggio. Con la voce di Andrea Ward in un ridoppiaggio abbastanza recente, Mifune interpreta il personaggio principale rendendosi paladino della giustizia che non tremola di fronte alle sue future vittime, che anche dopo una provocazione non raccolta è capacissimo di mostrare il suo valore e che crede con fermezza in ideali maturati dopo una formazione psicologica ottenibile solamente con la vita in un luogo dove la legge del più forte regna incontrastata. È ormai noto che da questa pellicola incentrata sul tema dell’annosa rivalità e dell’insindacabilità dei patti forzati, tre anni dopo Sergio Leone trasse il suo primo, indimenticabile spaghetti-western, Per un pugno di dollari (1964), calcando però di più la mano sul cinismo del protagonista: il samurai di Kurosawa è infatti, più che un combattente senza nome che preferisce rimanere nell’anonimato e coprirsi di gloria pur non rinunciando a soccorrere i bisognosi, un uomo che contrae un tacito accordo col Bene per opporlo al Male sfruttando comunque le stesse armi di quest’ultimo, ma con l’obiettivo ben chiaro in mente di far trionfare la lealtà e tutto ciò che le è strettamente legato. Supportato sia nel soggetto che nella sceneggiatura da Ryuzo Kikushima, il regista traccia un ritratto sofferto ed impietoso del proprio Paese in un’epoca che sembra solo in apparenza lontana, non tanto perché dà l’aria che vi dominino ancora le leggi tribali, quanto piuttosto per il fatto che il giusto e l’ingiusto non hanno ancora stabilito fra di loro confini chiari e tangibili, cosicché qualsiasi delinquente può permettersi di fare il bello e il cattivo tempo spadroneggiando con abusi, pestaggi e rapimenti. Contribuiscono all’ottimo risultato finale i dialoghi non troppo rarefatti e tutti con le parole più adeguate ai sentimenti provati dai personaggi nei determinati vari frangenti e la fotografia in un magnifico bianco e nero di Kazuo Miyagawa. Fra i personaggi di secondo piano, lasciano il segno il sempre eccelso T. Shimura (insieme a Mifune, uno dei collaboratori abituali di Kurosawa, 1910-1998) nei panni di Tokuemon, l’abbiente commerciante di sakè e seta amico di Ushitora, e D. Katô, che veste il ruolo di Inokichi, il fratello entusiasticamente ribaldo di Ushitora, con brillante efficacia recitativa. Accolto con favore all’uscita nelle sale e preso a modello da numerosi cineasti stranieri per le loro cinematografie. Rifatto nel 1996 con Ancora vivo di Walter Hill, gangster movie assurto a remake ufficiale di Yojimbo.
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il befe
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domenica 22 febbraio 2015
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fantastico
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valetag
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mercoledì 19 febbraio 2014
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il far west in giappone
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Con Yojimbo, Akira Kurosawa, dimostra per l'ennesima volta il valore delle sue competenze. Con uno sguardo verso il pubblico occidentale, ricrea un farwest nipponico.
La storia è incentratata su un samurai errante, il quale si trova a dover ripristinare la pace in un piccolo villaggio sperduto. Seibei e Ushitora si scontrano per l'eredità del primo, spaccando la cittadina in due. Regna la paura, l'economia è ferma. L'unico che ancora può fare affari è il bottaio, che costruisce le botti per seppelire i morti. Dilaga la corruzione, e l'unico impiego disponibile è come guardia alla corte di una delle due fazioni. Con l'aiuto dell'oste, il samurai organizza strategie, offrendo i propri servizi prima a una parte, poi all'altra, aspettando l'autodistruzione dei due gruppi criminali.
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Con Yojimbo, Akira Kurosawa, dimostra per l'ennesima volta il valore delle sue competenze. Con uno sguardo verso il pubblico occidentale, ricrea un farwest nipponico.
La storia è incentratata su un samurai errante, il quale si trova a dover ripristinare la pace in un piccolo villaggio sperduto. Seibei e Ushitora si scontrano per l'eredità del primo, spaccando la cittadina in due. Regna la paura, l'economia è ferma. L'unico che ancora può fare affari è il bottaio, che costruisce le botti per seppelire i morti. Dilaga la corruzione, e l'unico impiego disponibile è come guardia alla corte di una delle due fazioni. Con l'aiuto dell'oste, il samurai organizza strategie, offrendo i propri servizi prima a una parte, poi all'altra, aspettando l'autodistruzione dei due gruppi criminali.
Il samurai interpretato magnificamente da Toshiro Mifune è un eroe incorruttibile, coraggioso, solitario, scaltro e compassionevole (e forse anche un pò affascinante).
Sono molti i richiami al Far West: la musica ironica, il poliziotto corrotto, tanti brutti ceffi, il sakè che scorre a fiumi, la bottiglia rotta in testa, lo scemo del villagio (Inosuke) e la pistola di Unosuke.
Come al solito, Kurosawa regala un ruolo importante anche agli elementi atmosferici ( la pioggia incessante, il vento che ulula). Inoltre, si diverte a tenerci sulle spine, con momenti di pausa e senza dialoghi: solo musica e sospiri.
La storia scorre veloce, interessa e diverte, mentre la trama è moderna, ricca di humor e di dettagli. L'opera di Kurosawa è stata ripresa più volte, non solo da Sergio Leone, ma da molte altre pellicole western, in cui possiamo chiaramente distinguere citazioni del nostro amato Yojimbo.
Un film che appassiona e coinvolge, che merita appieno un posto sull'Olimpo del cinema.
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dandy
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mercoledì 20 aprile 2011
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per un pugno di yen.....
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Graffiante parabola dei western hollywoodiani,ambientata nel giappone dei samurai.Umorismo sarcastico,azione forsennata e violenza(c'è anche uno sprazo splatter).Un pelo in basso rispetto a "I Sette Samurai",ma uno dei film più brillanti e appassionanti di Kurosawa,nonchè del cinema nipponico.Grande Mifune che giganteggia nei panni di un personaggio emblematico.Omaggiato da un'infinità di registi,a cominciare da Leone con "Per un pugno di dollari" tre anni dopo(che fece infuriare Kurosawa,e ottenne nella causa per plagio lo sfruttamento della pellicola in Giappone,nonchè una percentuale degli incassi nel mondo).Anche Michael Cimino lo cita nel finale di "L'anno del dragone"(dove il cattivo morente chiede all'eroe di porgergli l'arma),e Lawrence Kasdan lo inserisce nel film "Bodyguard"(è il film preferito da Kevin Costner).
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Graffiante parabola dei western hollywoodiani,ambientata nel giappone dei samurai.Umorismo sarcastico,azione forsennata e violenza(c'è anche uno sprazo splatter).Un pelo in basso rispetto a "I Sette Samurai",ma uno dei film più brillanti e appassionanti di Kurosawa,nonchè del cinema nipponico.Grande Mifune che giganteggia nei panni di un personaggio emblematico.Omaggiato da un'infinità di registi,a cominciare da Leone con "Per un pugno di dollari" tre anni dopo(che fece infuriare Kurosawa,e ottenne nella causa per plagio lo sfruttamento della pellicola in Giappone,nonchè una percentuale degli incassi nel mondo).Anche Michael Cimino lo cita nel finale di "L'anno del dragone"(dove il cattivo morente chiede all'eroe di porgergli l'arma),e Lawrence Kasdan lo inserisce nel film "Bodyguard"(è il film preferito da Kevin Costner).Citato anche da Walter Hill in "Ancora vivo".Ma l'esempio più celebre resta ovviamente quello italiano,davvero molto fedele nel ricalcarne situazioni e vicende(proprio come fece Struges con "I magnifici sette"),in particolar modo l'identità del protagonista(Sanjuro,significa più o meno nessuno,nessun nome come i personaggi interpretati da Clint Eastwood,anche nei western da lui stesso diretti).E anche se non vi piace il cinema giapponese,o in bianco e nero,o dei primi anni '60,non si può negare che senza questo film Leone non avrebbe girato mai il capolavoro che ha girato.Almeno....non come lo conosciamo noi.Merita quindi la visione.Ma non soltanto per questioni di "rispetto".Chi come ho appena detto crede che un film sia noioso automaticamente perchè girato 50 anni fa,potrà ricredersi qui.Seguito da "Sanjuro".
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chriss
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venerdì 27 agosto 2010
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yojimbo: il padre di "per un pugno di dollari"...
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Un samurai ramingo (Sanjuro), giunto ad un incrocio di tre strade, lancia un bastone in aria per stabilire da quale parte andare. Affidandosi al caso, giunge quindi in un villaggio del Giappone feudale, dominato da due yakuza, onorate società mafiose dedite alla prostituzione, alla vendita di seta e sake o ad altri affari illeciti. Invece la gente onesta del villaggio, che si barrica in casa, guarda gli uomini delle due famiglie uccidersi tra loro. Sanjuro, che intuisce di poter fare soldi a palate, si mette in azione: ammazza subito due samurai e ne mutila un altro di un braccio. Poi va da Seibei, uno dei capi delle due famiglie che osteggiano il villaggio, facendosi comprare per ben 50 monete d' oro (25 in anticipo) e due pasti al giorno.
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Un samurai ramingo (Sanjuro), giunto ad un incrocio di tre strade, lancia un bastone in aria per stabilire da quale parte andare. Affidandosi al caso, giunge quindi in un villaggio del Giappone feudale, dominato da due yakuza, onorate società mafiose dedite alla prostituzione, alla vendita di seta e sake o ad altri affari illeciti. Invece la gente onesta del villaggio, che si barrica in casa, guarda gli uomini delle due famiglie uccidersi tra loro. Sanjuro, che intuisce di poter fare soldi a palate, si mette in azione: ammazza subito due samurai e ne mutila un altro di un braccio. Poi va da Seibei, uno dei capi delle due famiglie che osteggiano il villaggio, facendosi comprare per ben 50 monete d' oro (25 in anticipo) e due pasti al giorno. Quando al postribolo sente puzza di bruciato (finito il mandato lo vogliono accoppare), decide di cambiare strategia. Intanto Seibei e compagni attaccano gli uomini di Ushitora (il capo rivale) a mezzogiorno in punto: una volta tutti in strada, Sanjuro se la squaglia, cavandosela con una battuta: "Non mi va di essere ucciso a tradimento dopo aver vinto". Poi si arrampica fin sopra dove suonano la campana, lasciando intendere di volersi godere lo spettacolo. Le due fazioni si fronteggiano in strada, ma non viene versata nemmeno una goccia di sangue: la presunta battaglia (grottesca), infatti, viene interrotta dall' ispettore del villaggio. In realtà, Sanjuro, avrebbe voluto che le due famiglie si scannassero a vicenda per liberare il villaggio. Un piano astuto degno di un ronin (samurai decaduto che non rispetta più il bushido, una specie di codice cavalleresco). Così aspetta che uno dei capi vada a fargli visita con una manciata di sonanti monete d' oro. Patteggia con Ushitora affinché diventi la sua guardia del corpo, ma soltanto dopo che l' ispettore di polizia sarà andato via dal villaggio. Stabilito un momento di pace, dove vengono licenziati vari samurai, Sanjuro ne approfitta per i suoi scopi prendendone due di loro. Infine rifiuta una donna offertagli in dono al postribolo di Seibei ("Non mi fido"). Insomma, chi è Sanjuro, oltre che un samurai senza padrone? Un grande guerriero o un impostore? Forse entrambi le cose! Tra le attese, gli inganni e qualche squartamento con la katana, riesce a prendersi gioco delle due fazioni. Quando sarà giunto il momento di salvare una piccola famiglia o di vendicarsi di come lo martoriarono di botte, esce fuori, da quel guscio apparentemente superficiale di avidità, l' anima dell' eroe, del giustiziere che spazza via tutto a suon di spada. Yojimbo (guardia del corpo) è il padre di "Per un pugno di dollari di Sergio Leone". La trasposizione cinematografica che ne fece il regista italiano divenne un successo, ma parte del merito va all' idea di Akira Kurosawa (anch' egli prese spunto da qualcun altro). Confrontando le due opere, non ci sono grandi differenze in linea di massima. Se dovessi scegliere, però, direi che questo film sia riuscito un pò meglio. E non solo per il fascino della katana. La musica sbeffeggiante, i personaggi grotteschi (su tutti Inokichi) e l' ironia sottile volta a sdrammatizzare le scene (anche i duelli per strada), ne fanno un film un pò più completo. Forse Per un pugno di dollari sfrutta le musiche in modo differente. Quella di Yojimbo è più ironica, mentre la musica che Leone volle da Morricone divenne poi la vera protagonista di questo e di tutti i suoi film assieme alla trama ed ai protagonisti. Yojimbo ebbe un seguito, Per un pugno di dollari ne ebbe altri due: in questo c' è un' affinità. Ma una cosa veramente in comune ce l' hanno: Sanjuro e Joe sembrano due veri e propri eroi/anti-eroi che dapprima si attaccano meschinamente ai soldi e poi vanno a riscattarsi sfidando la sorte col loro coraggio ed eroismo. Sono due simboli del Bene che scacciano il Male. La vera personalità del guerriero (samurai/pistolero) che non molla, alla lunga, viene fuori da ambo le parti. Il finale dei due film non ci lasciano nemmeno intendere che futuro avranno questi due simboli. Sono venuti dal nulla e dalla polvere e dal nulla e dalla polvere ritornano. Quattro stelle al film. Chriss...
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paola di giuseppe
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sabato 20 febbraio 2010
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un samurai in cerca di lavoro
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Nell’era Tokugawa (1603/1867)in Giappone la vita di un samurai non è più la stessa.
Tramontato il tempo dei “signori della guerra”,all’epica eroica del XVI secolo,subentra ora lo sporco villaggio Manome,tenuto in ostaggio da bande di mercanti e mercenari della peggior risma,feccia mafiosa che tra pioggia, polvere, incendi e sabotaggi (il saké che esce a fiotti dalle botti crivellate di Tokuemon scatena un putiferio surreale)semina il terrore fra gli abitanti,asserragliati a sbirciare dietro le porte chiuse,mentre un cane trotterella con una mano umana fra i denti,lugubre trofeo strappato a cadaveri disseminati qua e là.Non mancano faccendieri (“signor samurai, se vuoi lavorare c’è questo e quello,per me una moneta d’oro,non lo scordare),case da gioco e di piacere,battute inneggianti alla vita facile e piena di soldi.
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Nell’era Tokugawa (1603/1867)in Giappone la vita di un samurai non è più la stessa.
Tramontato il tempo dei “signori della guerra”,all’epica eroica del XVI secolo,subentra ora lo sporco villaggio Manome,tenuto in ostaggio da bande di mercanti e mercenari della peggior risma,feccia mafiosa che tra pioggia, polvere, incendi e sabotaggi (il saké che esce a fiotti dalle botti crivellate di Tokuemon scatena un putiferio surreale)semina il terrore fra gli abitanti,asserragliati a sbirciare dietro le porte chiuse,mentre un cane trotterella con una mano umana fra i denti,lugubre trofeo strappato a cadaveri disseminati qua e là.Non mancano faccendieri (“signor samurai, se vuoi lavorare c’è questo e quello,per me una moneta d’oro,non lo scordare),case da gioco e di piacere,battute inneggianti alla vita facile e piena di soldi.
Il samurai in arrivo stavolta è Sanjuro,un “nessuno”,un ronin (appellativo dei senza padrone e senza radici),in cerca di ingaggio come guardia del corpo del miglior offerente.
Poche parole,cinico e sprezzante(“Uccidere è un commercio molto redditizio qui”),armato della invincibile katana capace di spezzare in due un uomo,soffia sul fuoco della guerra civile per ricavarne maggiori vantaggi per sé.
Si muove sicuro fra bande armate,semina lo scompiglio e assiste divertito dalla torre campanaria allo sgozzarsi reciproco nella piazza sottostante,patteggia compensi stratosferici per poi passare a chi offre di più.
Eppure,questo machiavellico super/eroe,a cui Toshiro Mifune dà magnifica prestanza,agilità e ironia,non è immune da spinte umanitarie,e quel “pugno di yen” lo lascerà alla famigliola che salva da sicura rovina,rischiando la pelle in un pestaggio memorabile dal quale risorgerà al momento giusto (“mi basta dormire tre giorni per risorgere”) e riapparirà,tra nuvole di foglie e polvere,in una sequenza finale indimenticabile,in fondo alla strada,spaventoso vendicatore che farà strage dei nemici.
La pistola di Unosuke puntata contro di lui,che sembra non vederla neppure,è un giocattolo ridicolo di fronte al roteare della katana,lo sberleffo più riuscito in un film che gioca con gusto sul pedale della parodia al genere western.
“Samurai, ti aspetto all’entrata dell’inferno” soffia l’uomo con la pistola, morendo.
“Quest’uomo ha dimostrato la sua perfida natura anche in punto di morte” è il commento sprezzante del samurai.
La distanza di Sanjuro dal pistolero Jo di Sergio Leone non poteva essere più marcata e l’apocalisse conclusiva,tra morti e distruzioni,cancella in un sol colpo il sospetto di finali edificanti all’insegna del “…e vissero tutti felici e contenti”,con l’eroe di turno che riporta la giustizia secondo il cliché hollywoodiano pre-Yoimbo.
Sanjuro,individualista indifferente,si stringe le spalle commentando sardonico“Così anche qui finalmente ci sarà pace”e si allontana verso altre imprese.
Sintesi di generi,film di samurai in chiave western,La sfida del Samurai svetta molto oltre le tradizionali classificazioni,mescolando stilemi del noir,del western all’americana e dello jidai geki con abile dosaggio e saldo controllo di mezzi narrativi.
Film d’azione e di meditazione,parodistico e grottesco,violento e muscolare,a tratti delicatamente elegiaco e carico di quella tensione etica che è il segno distintivo di Kurosawa,si colloca tra i primi posti nella filmografia dell’autore.
Le vicende legate al remake di Sergio Leone (Per un pugno di dollari)alla distanza perdono consistenza e interesse, a ciascuno il suo.
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nico bellipanni
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martedì 22 gennaio 2008
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"la sfida del samurai"(yojimbo)
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DEVO FARE UNA RETTIFICA ALLA RECENSIONE CHE AVEVO SCRITTO TEMPO FA.AVEVO REGISTRATO DA RAI UNO,SU VHS,IL FILM "LA SFIDA DEL SAMURAI"CREDENDO CHE IL FILM AVESSE IL DOPPIAGGIO DEL 1961.QUANDO IL FILM E' FINALMENTE USCITO IN DVD LO ACQUISTAI E SCOPRII CHE IL DOPPIAGGIO NON SOLO ERA DIVERSO MA CHE POCO SI ADATTAVA ALLE SITUAZIONI E ALLE SCENE DEL FILM.PENSAI CHE AVESSERO RIFATTO IL DOPPIAGGIO PERCHE' LE PELLICOLE DELL'EPOCA ERANO DANNEGGIATE.INVECE ERA QUELLO IL DOPPIAGGIO ORIGINALE DEL 1961.IL DOPPIAGGIO A CUI MI RIFERISCO,E CHE RENDE ONORE AL FILM PER DRAMMATICITA',PATHOS E HUMOUR E' UN RIDOPPIAGGIO DEL 1980(vedi Antonio Genna "Il mondo dei doppiatori").
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nico bellipanni
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venerdì 8 dicembre 2006
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la sfida del samurai
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La sfida del samurai del 1961 non è mai uscito in VHS.Dopo averlo cercato per anni è uscito in DVD.Dopo averlo acquistato con grande entusiasmo,ho scoperto purtroppo che il doppiaggio in lingua italiana non è quello originale del 1961 ma è stato rifatto.Forse il nuovo doppiaggio è più fedele alla lingua giapponese ma per me,che conosco il doppiaggio del 1961,il film in DVD con il nuovo doppiaggio perde l'80% di phatos,drammaticità e umor.
[+] sei poi risucito a trovarlo col doppiaggio del 61?
(di badred)
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cineofilo92
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sabato 14 ottobre 2006
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non male
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Dalla mente di Kurosawa ecco un altro lodevole samurai movie. Appassionante dall'inizio alla fine, ben diretto e ben sceneggiato. La trama ricorda Per un pugno di dollari, di Sergio Leone. Curiosa è la colonna sonora (in alcune parti mi ricordava un misto di musica giapponese e swing o new age). Molto bravi ed espressivi gli attori. é sicuramente un film da vedere.
[+] no
(di frankcostello)
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