Il film del finlandese Teemu Nikki ci dà la possibilità di gettare uno sguardo su una polazione nordica molto diversa dalla nostra. Il film è ambientato nella campagna; i personaggi, felliniani, zozzi, agricoli, ruspanti, con una conoscenza del mondo limitata al loro ambiente, e orizzonti strettissimi, sembrano avere, come massima aspirazione nella vita, oltre alla difesa del loro status, l’ubriacatura con la birra locale, il sahti. Questa birra locale, come il dio dei nordici Odino, sembra entrata nella leggenda e nel mito, a tal punto da essere diventata la protagonista principale della nostra storia. Un buon sahti bevuto per celebrare una nascita, un matrimonio, una morte, è una benedizione per un futuro opulento, ricco.
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Il film del finlandese Teemu Nikki ci dà la possibilità di gettare uno sguardo su una polazione nordica molto diversa dalla nostra. Il film è ambientato nella campagna; i personaggi, felliniani, zozzi, agricoli, ruspanti, con una conoscenza del mondo limitata al loro ambiente, e orizzonti strettissimi, sembrano avere, come massima aspirazione nella vita, oltre alla difesa del loro status, l’ubriacatura con la birra locale, il sahti. Questa birra locale, come il dio dei nordici Odino, sembra entrata nella leggenda e nel mito, a tal punto da essere diventata la protagonista principale della nostra storia. Un buon sahti bevuto per celebrare una nascita, un matrimonio, una morte, è una benedizione per un futuro opulento, ricco. Un cattivo sahti bevuto nelle stesse situazioni è un segno sicuro di un futuro maledetto. Tutto sembra girargli attorno: tutti la bevono, in continuazione, non come fattore di socializzazione, ma come esperienza, piacere, del tutto personale; il padre col berretto di Mastro birraio, é in competizione con le due figlie femmine per la fabbricazione del vero sahti. Forse non una ricetta millenaria, ma sicuramente centenaria, e ognuno ha i suoi segreti di fabbricazione. Le figlie sembrano essere in un perenne stato di ebbrezza, dove non esiste una vera comunicazione fra gli esseri umani. L’etanolo gestisce le relazioni, che risultano di una povertà assoluta. In questo contesto, poco avvincente, perché il padrone non è l’individuo ma bensì la bottiglia, si inserisce una storia del senso di colpa, erroneamente progredito per circa venticinque anni, fra le sorelle. Forse consiste nell’unico barlume di consapevolezza in tutto il film.
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