anna rosa
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giovedě 31 ottobre 2024
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il giovane abel
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Č forse la prima volta che un film mi piace anche se non capisco cosa il regista vuole dirmi, e in particolare non capisco il senso del titolo. Preciso che ho perso i primi venti minuti del film, anche se da quanto poi si racconta credo di averne evinto il contenuto, per cui credo che il "messaggio" mi sarebbe sfuggito anche se avessi visto l'inizio del film.
Intanto cosa mi č piaciuto: fondamentalmente il realismo della rappresentazione di una societŕ conflittuale a tutti i livelli, da quello della coppia a quello socio-politico, societŕ che purtroppo mi sembra del tutto simile alla nostra fin nelle storture politiche (il montaggio di una fake new a favore del governo e del presidente in carica), ma su quest' ultimo punto spero di essere troppo pessimista.
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Č forse la prima volta che un film mi piace anche se non capisco cosa il regista vuole dirmi, e in particolare non capisco il senso del titolo. Preciso che ho perso i primi venti minuti del film, anche se da quanto poi si racconta credo di averne evinto il contenuto, per cui credo che il "messaggio" mi sarebbe sfuggito anche se avessi visto l'inizio del film.
Intanto cosa mi č piaciuto: fondamentalmente il realismo della rappresentazione di una societŕ conflittuale a tutti i livelli, da quello della coppia a quello socio-politico, societŕ che purtroppo mi sembra del tutto simile alla nostra fin nelle storture politiche (il montaggio di una fake new a favore del governo e del presidente in carica), ma su quest' ultimo punto spero di essere troppo pessimista. Realismo finanche disturbante, anche perché tutti sbraitano e persino gli oggetti urtano col loro rumore.
Ora esprimo i miei dubbi. Il film ruota intorno al giovanissimo Abel, a disagio con tutto e tutti perché non si riconosce in nessuno degli adulti tutti intransigenti che lo circondano. Č come una barchetta in mezzo a un mare tempestoso e non sa letteralmente che fare di sé, da che parte andare. Solo una cosa lo appaga e rasserena: correre in bicicletta per la cittŕ, cosě, senza meta. Ed č abbastanza vile da favorire l'equivoco, poi montato ad arte dai mass media filogovernativi per screditare gli avversari del nazionalismo, per ottenere un vantaggio personale legato all'esame di maturitŕ, pur sapendo di creare seri problemi al suo professore di storia, controcorrente quanto a idee politiche, che noi spettatori potremmo vedere come un alter ego del regista, ma forse anche le sue idee sono divenute incrollabili come dogmi, forse anche lui come tutti ha "una spiegazione per tutto" e per questo il giovane non si fa scrupolo di tradirlo. Č vero che Abel alla fine si riscatta quando, anche perché spaventato dal clamore suscitato dalla sua vicenda, fa sě che la bolla scoppi. Ma alla fine dell'estate lo vediamo felice - felicemente irresponsabile? - quando fa un'innocente bravata con altri giovanissimi e poi si addentra nelle acque del lago nella luce del tramonto, cosě, senza una riva da raggiungere.
Qual č la spiegazione di questo finale?
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gabriella
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martedě 14 maggio 2024
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piccolo, grande, commovente racconto
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Può un fatto apparentemente insignificante scatenare una reazione a catena inarrestabile? Può un banale esame di maturità diventare il tema centrale , focalizzare l’attenzione? In questo splendido film di Gabor Reisz, si evidenzia la frattura politica che si vive nell’Ungheria di Orban, talmente radicata da impedire il dialogo, lo scambio, la comprensione, ci sono due generazioni che non conoscono la strada per venirsi incontro. Abel è un diciottenne di Budapest, il giorno del suo esame di maturità , fa scena muta alla prova di storia, il professore, forse per stemperare la tensione, gli chiede perché porti la coccarda nazionalista appuntata alla giacca, sarà questo il pretesto, la giustificazione alla bocciatura, il professore progressista che si ritorce contro di lui, la sua famiglia conservatrice, Diventa un caso nazionale, persino la stampa viene coinvolta, una giovane aspirante giornalista si prende a cuore il caso, scrive un articolo che viene approvato e pubblicato.
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Può un fatto apparentemente insignificante scatenare una reazione a catena inarrestabile? Può un banale esame di maturità diventare il tema centrale , focalizzare l’attenzione? In questo splendido film di Gabor Reisz, si evidenzia la frattura politica che si vive nell’Ungheria di Orban, talmente radicata da impedire il dialogo, lo scambio, la comprensione, ci sono due generazioni che non conoscono la strada per venirsi incontro. Abel è un diciottenne di Budapest, il giorno del suo esame di maturità , fa scena muta alla prova di storia, il professore, forse per stemperare la tensione, gli chiede perché porti la coccarda nazionalista appuntata alla giacca, sarà questo il pretesto, la giustificazione alla bocciatura, il professore progressista che si ritorce contro di lui, la sua famiglia conservatrice, Diventa un caso nazionale, persino la stampa viene coinvolta, una giovane aspirante giornalista si prende a cuore il caso, scrive un articolo che viene approvato e pubblicato. Sulle tensioni e divergenze della vecchia generazione, ancorata alla politica, allo scontro, ai presunti ideali, tutti ancorati alle loro ragioni, c’è un altro mondo, quello dei ragazzi , alle loro problematiche ai loro sconvolgimenti emotivi, Abel è innamorato di Janka, sua compagna di classe, ma lei è innamorata di Jackob, il professore di storia, vivono i loro conflitti, le loro emozioni sono la cosa più importante, le corse in bicicletta di lui in una Budapest assolata come a sfuggire dalla vita adulta che l’attende, lontano da un mondo urlato, pieno di livori e furori che appartengono al passato. Amare il proprio paese non è come sostiene il padre di Abel,non è l’orgoglio di sentirsi patrioti, ma il coraggio di guardare avanti, accettare il fatto che magari tuo figlio non è poi così uno studente brillante, che non deve per forza perpetuare il percorso di studi familiare, ma che possa fare scelte diverse, solo così si crea un futuro, anziché distruggerlo , una forza coesa che aiuti a superare le difficoltà , le delusioni, e perché no, accettare una bocciatura, che è solo un incidente di percorso, nulla più e che non c’è una spiegazione per tutto. Che si può pensare alla vita con gli occhi di un diciottenne, i turbamenti del suo primo amore, e la spensierata corsa tra le acque del Balaton verso un qualcosa di migliore.
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maria
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sabato 4 maggio 2024
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come fabbricare un caso mediatico
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Visto oggi.un ritratto della "democratura" dove quando la stessa vittima (tra 1000 virgolette perché vittima non lo è)nazionalista chiede alla giornalista di calare il tono nel titolo lei risponde che non può, perché imposto dal caporedattore... Intanto gli accusati temono licenziamenti ignoravo che l' Ungheria fece proprio una rivoluzione nel1848 per staccarsi dall' Austria cioè che a un certo punto divenne impero austro- ungarico lo sapevo. Se il comunismo fosse arrivato anche qui certo che con questi le litanie non finivano più....
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cinzia
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venerdě 6 ottobre 2023
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un film europeo, ricercato e coinvolgente
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Magyarázat mindenre ovvero Explanation for everything ovvero Una spiegazione per tutto- Regia di Gábor Reisz – produzione ungherese e slovacca.
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Magyarázat mindenre ovvero Explanation for everything ovvero Una spiegazione per tutto- Regia di Gábor Reisz – produzione ungherese e slovacca. Ha vinto il premio come Best Film (Miglior Film) nella Sezione Orizzonti.
Sono entrata in sala Darsena un pochino preoccupata...un film ungherese (una delle lingue europee più ostiche) con sottotitoli, della durata di due ore e mezza….temevo il peggio...oppure solo di addormentarmi nelle comode poltroncine della Darsena, tra le più comode e accoglienti del Lido.
Invece previsioni del tutto ribaltate: il film è bellissimo, scorre veloce, soprattutto nella seconda parte, e trascina con sé lo spettatore dall’inizio alla fine. Per prolungare il piacere che mi aveva dato la visione del film, sono rimasta in sala anche durante le Q & A cioè quando coloro che hanno portato il film al Lido (di solito il regista, il produttore e qualche attore, ma può esserci anche il costumista o lo scenografo o l’autore della colonna sonora) si dirigono più o meno mestamente sul palco e si espongono volontariamente al fuoco di fila delle domande e delle considerazioni del pubblico (ovviamente senza nessun tipo di preavviso o preparazione o domande pilotate). E’ presente anche un’interprete se chi è sul palco non parla l’italiano o l’inglese.
Ma parliamo del film: una classe sta affrontando l’esame di maturità che pure in Ungheria viene vissuto con ansia e viene visto come un rito di passaggio all’età adulta e il cui esito potrebbe anche condizionare nel bene e nel male il percorso scolastico se non addirittura la vita futura. O almeno così la pensano i genitori (soprattutto il padre) di Abel, il protagonista, e circondano il ragazzo di ogni cura e attenzione, seguendolo passo a passo in questa prova che ha funestato con incubi, ammettiamolo, anche le nostre notti per mesi e anni dopo l’esame. Abel, invece, ha la sfortuna di scoprirsi innamorato della sua migliore amica proprio nel momento clou della sua carriera scolastica e non riesce a concentrarsi nello studio. La ragazza amata ha invece preso una cotta terribile per il professore di storia che, a sua volta, deve gestire una situazione pesante sia a scuola, in quanto non è ben visto dalla “nomeklatura” scolastica per le sue idee antigovernative e per il suo atteggiamento intransigente, sia in famiglia, dove la moglie gli rimprovera di lasciare a lei tutto il peso di cura di due figli piccoli e dell’organizzazione familiare.
Il regista è fenomenale nel portare avanti tutti questi “innesti” , tenendo inchiodato lo spettatore sulla poltrona, fino alla deflagrazione che trasformerà un banale esame di maturità in un conflitto a livello nazionale dal sapore storico-politico-filosofico-generazionale e che soffierà sulle braci mai spente del nazionalismo e del patriottismo, dove quasi tutti perderanno il senso della realtà e della prospettiva e si lasceranno trascinare da incomprensioni più o meno cercate, malintesi più o meno voluti che genereranno o meglio degenereranno in conseguenze dal sapore Kafkiano e che travalicheranno le loro stesse intenzioni.
Spiazzante è la prima parte, quando si preparano gli eventi e si addensano i piccoli, grandi nodi che poi verranno al pettine, quando il regista si sofferma sulla medesima situazione e la mostra secondo i diversi punti di vista dei vari personaggi e questo porta lo spettatore a cambiare continuamente la propria opinione sui fatti raccontati. Nella seconda parte il regista cambia ritmo, che diventa incalzante fino ad una conclusione meravigliosa che ha il sapore dei film di Truffaut, e per assicurarmi che non fosse solo una mia sensazione, glielo ho pure chiesto, al regista, che me lo ha confermato con toni entusiasti dicendomi che quel regista francese è fonte di grande ispirazione. Non vi dirò, ovviamente, quale immagine di quale film di Truffaut mi si è accesa in testa improvvisamente come un fuoco d’artificio. Trovatelo e godetevelo: non è ancora uscito in Italia, ma è stato acquistato da I Wonder Pictures, quindi sarà sicuramente in distribuzione prossimamente.
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