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critichetti
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lunedì 28 luglio 2014
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un velivolo in perenne rullaggio (con spoiler)
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Premesso che sono due stelle solo perchè è un film indipendente che ha provato a fare qualcosa di buono,altrimenti sarebbe stata una sola,iniziamo con la recensione."Morituris" si pone come un film onestamente discreto,cercando di ripescare quasi dagli slasher degli anni 80 e mischiarla con il cinema nudo e crudo alla "Saw",ma i problemi sono numerosi,Innanzitutto cerca di mettere tensione per tutta la pellicola.Questo è ottimo in un horror:non possono esserci solo "salti sulla sedia" in un horror,bisogna cercare di metterci tensione il più a lungo possibile.Ma quando tu mi metti in un film solo qualche frammento di video di pochi secondi con questi fantasmi dei gladiatori che pare abbiano la vista termica,onestamente non basta a creare tensione.
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Premesso che sono due stelle solo perchè è un film indipendente che ha provato a fare qualcosa di buono,altrimenti sarebbe stata una sola,iniziamo con la recensione."Morituris" si pone come un film onestamente discreto,cercando di ripescare quasi dagli slasher degli anni 80 e mischiarla con il cinema nudo e crudo alla "Saw",ma i problemi sono numerosi,Innanzitutto cerca di mettere tensione per tutta la pellicola.Questo è ottimo in un horror:non possono esserci solo "salti sulla sedia" in un horror,bisogna cercare di metterci tensione il più a lungo possibile.Ma quando tu mi metti in un film solo qualche frammento di video di pochi secondi con questi fantasmi dei gladiatori che pare abbiano la vista termica,onestamente non basta a creare tensione.In più se contiamo che in un film di 80 minuti circa (la versione censurata,più facilmente reperibile,dura 60 minuti circa,quella completa 20 minuti in più e io sto parlando di quest'ultima,che ho visto in francese) la prima vera apparizione di un gladiatore avviene dopo 54 minuti si capisce che è un pò poco.A questo aggiungiamoci alti problemi:se è vero che gli effetti speciali sono discreti,alcune scene sono disturbanti in senso negativo,come la scena del topo usato come oggetto sessuale o una scena dove un ragazzo viene colpito da un sasso alla schiena e inizia a sanguinare dalla testa non si sa come.Altro problema è:come mai questi gladiatori ritornano dall'oltretomba?Solo perchè dei ragazzi hanno violentato delle prostitute dove loro furono sepolti?Il film non lo spiega e qui il problema non è il basso budget,perchè sarebbe bastata,ad esempio,una voce fuori campo che spiegava cosa sarebbe successo se fosse stato versato del sangue in quel luogo.Poi la recitazione:E' una recitazione di basso livello direttamente dai film porno!E anche le reazioni umane:una delle ragazze assiste all'uccisione di uno dei ragazzi e anzichè cercare di scappare il più lontano possibile,resta praticamente ferma e viene uccisa.Perchè?Ma la cosa peggiore è la fotografia:in alcune scene c'è il buio pesto più assoluto!Probabilmente perchè hanno usato la luce naturale,ma mettere una lampada o simili non mi sembra una cosa così difficile.E il poco budget non c'entra niente:Fabio Salerno girò nel 1991 "Notte profonda" con 11 milioni di lire,che all'epoca bastavano si e no per comprarsi la pellicola per fare un film di un'oretta.Eppure la fotografia è quasi perfetta.In sintesi:Non è il peggior film mai realizzato perchè si vede che tenta di fare qualcosa di buono,ma il problema è che non riesce a decollare,se non dopo più di un'ora,E considerando che dura un'ottantina di minuti,questo fa capire come mai,a mio avviso,non merita più di due stelle.Un vero peccato
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dandy
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mercoledì 12 aprile 2017
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burini assassini.
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Negli ultimi 8-10 anni parecchi registi alle prime armi hanno provato a cimentarsi nel genere horrorifico con la speranza di sfondare.Fallendo miseramente nella stragrande maggioranza dei casi perchè capaci di proporre esclusivamente amatorialità aldilà del sopportabile e zero sangue,o nel migliore dei casi molto splatter e zero assoluto per quanto riguarda trama,dialoghi,recitazione,logica.Questo film è una bella sorpresa.L'esordiente Picchio si ispira in parte alla serie z(la trama non è certo il massimo in realismo)e in parte al rape and revenge americano.Riuscendo a bilanciare piuttosto bene entrambe le cose,e non solo:la tensione nella parte precedente lo stupro è notevole,gli interpreti sono più bravi di quanto ci si aspetta,i tre protagonisti spregevoli e odiosi senza scadere nel caricaturale,e i "mostri" sono abbastanza ben caratterizzati.
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Negli ultimi 8-10 anni parecchi registi alle prime armi hanno provato a cimentarsi nel genere horrorifico con la speranza di sfondare.Fallendo miseramente nella stragrande maggioranza dei casi perchè capaci di proporre esclusivamente amatorialità aldilà del sopportabile e zero sangue,o nel migliore dei casi molto splatter e zero assoluto per quanto riguarda trama,dialoghi,recitazione,logica.Questo film è una bella sorpresa.L'esordiente Picchio si ispira in parte alla serie z(la trama non è certo il massimo in realismo)e in parte al rape and revenge americano.Riuscendo a bilanciare piuttosto bene entrambe le cose,e non solo:la tensione nella parte precedente lo stupro è notevole,gli interpreti sono più bravi di quanto ci si aspetta,i tre protagonisti spregevoli e odiosi senza scadere nel caricaturale,e i "mostri" sono abbastanza ben caratterizzati.Quello che sorprende di più però è il livello di cupezza e sgradevolezza.Malgrado la violenza non sia altissima,le scene forti sono disturbanti e messe in scena con abilità evitando il gratuito(quelle delle forbici e del tubo col topolino non si scordano).Belle anche le musiche di Riccardo Fassone,che comprendono brani di metal nostrano(Aborym,Cripple Bastards)e pochi ma ottimi gli effetti speciali di Sergio Stivaletti.Belli anche i titoli di testa.Gli unici punti deboli sono il flashback iniziale,insensato e amatoriale,qualche dialogo sopra le righe e qualche caduta di tono nella seconda parte.Ma resta un film che dovrebbe essere preso a esempio da chiunque voglia esordire nel genere,girato con indubbio mestiere e diverso da qualsiasi altro prodotto nostrano degli ultimi 20 anni e passa.Il film che viene proiettato in casa del sadico Jacques "Il boia scarlatto".Dopo essere circolato con successo in vari festival,e mai uscito nelle sale nostrane.Solo nel 2014 è uscito in dvd.
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hulk1
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venerdì 10 settembre 2021
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considerazioni
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Sinceramente pensavo peggio, censurato, bandito dal bel paese gommorroide, suburroide, dove sembra tutto chiaro e limpido, dopotutto gli autori sono in buona parte magistrati e perchè non schiaffano dentro tutti. Il film si rifà sicuramente ai ben più truci : la villa in fondo al parco, l'ultimo treno della notte, cannibal ferox etc, non ci siamo mai fatti mancare niente, in quanto a stupri, pedofilia, necrofilia, cannibalismo , ma questo accadeva un tempo quando ancora si osava, quando il televisivamente corretto non esisteva: ci si mette pure l'horror transalpino e spagnolo, figlio del nostro comunque . Temevo peggio , invece il film è convincente, terribile è troppo, ma comunque disturbante
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monfardini ilaria
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venerdì 31 maggio 2024
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i gladiatori assassini lasciano il segno
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Morituris, opera prima del regista Raffaele Picchio, anno 2011, su una sceneggiatura di Gianluigi Perrone, si apre implacabilmente con un brano tratto dalle Epistole a Lucilio di Seneca, che ci fa soffermare sul concetto che niente è mai abbastanza per coloro che stanno per morire, e che ogni giorno della nostra vita ci avvicina sempre più all’ultimo, alla morte “Non ci basta niente: eppure siamo destinati a morire, anzi, stiamo morendo; ogni giorno ci avviciniamo all’ultimo giorno ed ogni ora ci spinge a quell’istante da cui dovremo precipitare nella morte”. Questo alone di morte imperante pervade dall’inizio alla fine il film d’esordio di Picchio, un’opera brutale e spietata che fin dalla sua uscita ha fatto parlare molto di sé, nel male, ma soprattutto nel bene.
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Morituris, opera prima del regista Raffaele Picchio, anno 2011, su una sceneggiatura di Gianluigi Perrone, si apre implacabilmente con un brano tratto dalle Epistole a Lucilio di Seneca, che ci fa soffermare sul concetto che niente è mai abbastanza per coloro che stanno per morire, e che ogni giorno della nostra vita ci avvicina sempre più all’ultimo, alla morte “Non ci basta niente: eppure siamo destinati a morire, anzi, stiamo morendo; ogni giorno ci avviciniamo all’ultimo giorno ed ogni ora ci spinge a quell’istante da cui dovremo precipitare nella morte”. Questo alone di morte imperante pervade dall’inizio alla fine il film d’esordio di Picchio, un’opera brutale e spietata che fin dalla sua uscita ha fatto parlare molto di sé, nel male, ma soprattutto nel bene. Il concetto che sta alla base del film è semplice e chiaro nella sua devastante disumanità: il Male porta sempre un Male maggiore. Diretto, crudo, esplicito: questo è Morituris, film che ha un forte legame con le nostre tradizioni antiche e col nostro territorio, ma è anche un omaggio ad un cinema d’exploitation anni Settanta/Ottanta di respiro internazionale, che nasce come uno slasher e prosegue fino a sfiorare i confini del drama per poi sfociare, nella parte finale, nel vero e proprio horror. L’episodio portante si ispira al caso di cronaca nera italiana del 1975 noto come il Massacro del Circeo, in cui tre rampolli di agiate famiglie della Roma bene attirarono in una villa isolata a San Felice Circeo, sul litorale pontino, due ragazze non ancora ventenni, e le torturarono fino a provocare la morte di una di loro. Tuttavia dalla realtà la pellicola prende solo lo spunto iniziale, poi si perde tra le pagine della storia e dei miti dell’antica Roma, e riporta nientemeno che personaggi leggendari quali i gladiatori a camminare nei boschi laziali.
Il film inizia con alcune scene tratte da un filmato amatoriale che mostrano una famiglia mentre fa un pic nic nei pressi di alcune rovine romane in un bosco, durante il giorno. A un tratto un adulto ed una bimba vengono sorpresi alle spalle da qualcuno che li uccide brutalmente senza pietà ed apparentemente senza motivo alcuno. L’azione si sposta poi ai nostri giorni, seguendo 5 giovani, due ragazze e tre ragazzi, che chiacchierano allegramente durante una corsa in auto. Si capisce dall’accento che le ragazze sono straniere ed i ragazzi italiani, di Roma, e da quel che dicono si stanno recando ad un rave party, sebbene alcune telefonate che uno di loro fa con un turpe figuro, che si sta facendo manicure in casa, facciano presagire che dietro ci sia qualcosa di losco. Parcheggiata l’auto sul ciglio di una strada buia ed isolata, i tre spingono le ragazze a seguirli nel bosco alla ricerca del rave, accompagnando l’attesa con fiumi di birra e strisce di cocaina. Arrivati nel cuore del bosco più nero che ci sia, le due giovani si accorgono che del rave non c’è la minima traccia, tuttavia non sono assolutamente soli, qualcuno li spia attraverso l’oscurità, e non ha intenzioni amichevoli.
Si compiace della violenza, Picchio, anche se non sempre lo fa nella maniera più esplicita, come ci si potrebbe aspettare da uno slasher, e unisce sotto la furia devastante dei gladiatori ritornanti carnefici e vittime, che non hanno più una loro identità, ma divengono carne da macello allo stesso modo, tanto che i personaggi non hanno un nome proprio, come si potrà constatare dagli eloquenti titoli finali. Sebbene si avvalga delle sapienti mani di Sergio Stivaletti nella realizzazione degli effetti speciali, tuttavia il regista sceglie spesso di non mostrarci tutto, per spingerci così ad immaginare, rendendo le torture ancora più terribili, in quanto spetta a noi spettatori il compito di congetturare ciò che di peggio sta accadendo alla vittima di turno, come ad esempio in quella che è forse la scena più forte di tutto il film, quella delle forbici. Ma chi sono le vittime e chi i carnefici? Picchio si diverte a sovvertire tutte le logiche razionali del politically correct, in un film che più scorretto di così non potrebbe essere, tanto che la commissione di revisione cinematografica gli nega il rilascio del nulla osta per essere distribuito nelle sale, per, a detta loro “motivi di offesa al buon costume, intendendo gli atti di violenza e di perversione sulle donne, motivati dal gusto della sopraffazione e dall’ebbrezza della propria forza rafforzata dal consumo di alcol e droga; inoltre, negli atti di perversa violenza viene impiegato un topolino come oggetto sessuale. Pertanto la Commissione ritiene la pellicola un saggio di perversità e sadismo gratuiti”. Si tratta del primo caso di censura cinematografica in Italia dal 1998!
Che sia perverso e sadico, questo Morituris, non ci sono dubbi. Ma per Picchio il mostrare la violenza, e non solo quella sulle donne, non è affatto un atto gratuito, ma un modo per spiegare chiaramente il pensiero che sta alla base del film, e cioè che da un Male non si può che generare un Male più grande, sottolineando come il Male avvenuto in certi luoghi nell’antichità sia ancora lì, stagnante, e pronto a ritornar fuori in tutta la sua dirompente potenza qualora nei pressi di quei luoghi vengano compiute azioni crudeli e violente che fanno del Male il proprio vessillo. Morituris è una metafora surreale del Male Assoluto, paragonabile, come ci dice lo stesso regista, all’esplosione di una bomba atomica che non lascia scampo a nessuno, tanto che la tagline del film recita l’assioma “Il Male ha la Meglio” (Evil Prevails). Gli rimane il “vanto” di essere stato l’ultimo film censurato in Italia, prima della totale abolizione della censura cinematografica nel Bel Paese avvenuta nel 2021, sebbene non vi sia mai nessuna inutile pornografia della violenza.
La pellicola è stata girata quasi interamente di notte, nel bosco di Santa Maria di Galeria, area naturale protetta del Lazio, vicino Roma. Oltre alla parte boschiva sono state utilizzate le splendide location naturali della città abbandonata di Galeria Antica, che conserva ancora buona parte del suo impianto medievale, qui trasformato in un complesso legato ai ludi gladiatorii. Città di fondazione etrusca, fu poi conquistata dai Romani, e poi ripopolata nel Medioevo, fino all’abbandono definitivo all’inizio del XIX secolo, dopo un’epidemia di malaria. Le rovine sono ancora ampiamente diffuse sul territorio, e leggende fioriscono tra questi ruderi. Picchio decide di inserirci la sua, quella di cinque gladiatori impazziti dopo la rivolta di Spartaco e divenuti violenti, perciò messi a morte dallo stesso eroe che li aveva salvati, ma che il male lascia ancorati al sangue che su quelle terre hanno versato. Il territorio viene disseminato di lapidi con iscrizioni latine, tra cui spicca quella, ricorrente, HIC SUNT LEONES: tale espressione viene fatta risalire alle carte geografiche dell’antica Roma per indicare le zone inesplorate dell’Africa e dell’Asia, significando quindi che non si sapeva cosa si trovasse in quelle lande sconosciute, a parte il fatto che fossero abitate da belve: qui il senso traslato è che i nostri protagonisti non sanno dove si stanno avventurando, né quali belve sanguinarie troveranno attraversati quei confini. Il bosco di Galeria è stato illuminato a giorno per tutto il tempo delle riprese, che sono avvenute attraverso una telecamera di tipo Red One, che ha poi permesso, in fase di post-produzione, di riportare le immagini nei toni cupi e bui del bosco di notte. A quanto mi risulta, Morituris dovrebbe essere il primo film italiano girato con questa tipologia di telecamera, all’epoca decisamente all’avanguardia.
Picchio divide la sua pellicola in tre parti, ognuna delle quali caratterizzata da un tono fotografico diverso, ben curato dal direttore della fotografia Daniele Poli. Il primo è il tono caldo che si usa per gli interni che contraddistinguono la parte dell’amico che resta a casa, tono leggermente più accogliente all’inizio ma che presto diviene scomodo, stridente, fa sentire a disagio; il secondo caratterizza gli esterni di inizio film, quando i cinque giovani si fermano nelle belle campagne romane a giocare a pallone, che deve conferire alle scene un’atmosfera quasi magica, fiabesca, irreale, ambigua, che fa presagire quello che di lì a poco succederà; infine il tono finale, che si riferisce alla parte nel bosco coi gladiatori, che asciuga le scene di tutti gli azzurri e vira decisamente verso i rossi cupi, tanto che le stesse soggettive dei gladiatori, prima della loro manifestazione, sono tutte velate di rosso scarlatto. Essi sono stati assorbiti dal Male che li ha portati alla morte, e ritornano per compiere un Male ancora più grande ed inarrestabile, che riluce come le fiamme ardenti dell’inferno, ed infatti nel tempio della dea Nemesi a loro consacrato ardono ovunque fiamme e fiammelle che ammantano di rosso tutto ciò che vi si trova all’interno.
La scelta di rivolgersi, per i trucchi scenici, al Maestro Stivaletti, campione indiscusso di un’effettistica artigianale ben lontana da ciò che viene realizzato attraverso l’uso della CGI, non è casuale: Picchio continua a rimarcare così la sua volontà di dare al film quella patina retrò che a lui piace tanto. Riguardo a ciò, il film pullula di citazioni: nella casa del ragazzo che fa la manicure vengono proiettate scene de Il Boia Scarlatto di Massimo Pupillo del 1965, mentre le scene delle torture ne richiamano alla mente di analoghe da filmoni quali L’Ultima Casa a Sinistra di Wes Craven del 1972, L’Ultimo Treno della Notte di Aldo Lado del 1975 e La Casa Sperduta nel Parco di Ruggero Deodato del 1980. Bello il comparto musicale originale di Riccardo Fassone, ed anche il pezzo di punta del gruppo grindcore astigiano Cripple Bastards, Stupro e Addio, di forte impatto emotivo, anche per il testo decisamente esplicito “Lo stupro è il mio addio estremo al suo charme indifferente/Il richiamo ultra-istintivo a far ribrezzo alla gente/Forse in quel suo sguardo si stagliava un orizzonte/Me ne sbatto il mio obiettivo è constatarne la morte/Dentro a una carne estranea ritrovo il mio mondo/SANGUINA SOTTO DI ME/Estasiato da nuove reazioni, rantoli di sottofondo/GRONDA SOTTO DI ME/é la legge di chi riacquista respiro e chi convive col ricordo/SI CONTORCE SOTTO DI ME E SOFFRE”.
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guidobaldo maria riccardelli
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lunedì 4 aprile 2016
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bell'esempio di cinematografia indipendente
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Eccellente opera prima di Raffaele Picchio, sicuramente uno dei lavori meglio riusciti in ambito indipendente negli ultimi tempi.
Servendosi di un'interpretazione diacronica, il regista impone con decisione la sua tesi, profondamente pessimistica ma del tutto condivisibile, secondo la quale la violenza, quella del tutto priva di fini o imperniata su logiche di mera supremazia tra uomini (intesi come specie, ovviamente), volta al soddisfacimento delle bieche logiche corporali, non può che portare all'indiscriminata distruzione, cieca di fronte ai buoni ed ai cattivi, insensibile ad ogni giudizio di valore.
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Eccellente opera prima di Raffaele Picchio, sicuramente uno dei lavori meglio riusciti in ambito indipendente negli ultimi tempi.
Servendosi di un'interpretazione diacronica, il regista impone con decisione la sua tesi, profondamente pessimistica ma del tutto condivisibile, secondo la quale la violenza, quella del tutto priva di fini o imperniata su logiche di mera supremazia tra uomini (intesi come specie, ovviamente), volta al soddisfacimento delle bieche logiche corporali, non può che portare all'indiscriminata distruzione, cieca di fronte ai buoni ed ai cattivi, insensibile ad ogni giudizio di valore.
Orbene, fermato questo assunto, lo svolgimento della pellicola è semplicemente geniale.
Curatissimi gli aspetti accessori: notevoli gli effetti (a firma Sergio Stivaletti), ottima la scelta delle musiche, pregevoli le animazioni e le illustrazioni.
Molto valide le attrici (Valentina D'Andrea e soprattutto Désirée Giorgetti), meno gli attori.
Fotografia forse troppo scura.
Senza dubbio da vedere, ricercando però la versione originale, non storpiata dalla mannaia della censura, caduta senza troppa ragione su quest'interessante opera.
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