goldy
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domenica 11 marzo 2012
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mah!
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Con tutto il rispetto per la storia della protagonista, il film mi sembra sopravalutato e la storia eccessivamente semplice!
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renato volpone
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giovedì 8 marzo 2012
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senilità
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Un film sulla vecchiaia, sul distacco dal mondo, sulla sopravvivenza in una casa di riposo, sui ricordi e sugli affetti, attraverso gli occhi di ah tao, una vecchia governante che per 60 anni ha servito la stessa famiglia. Film discutibile, buoni i propositi e il messaggio, ma lontano dalla realtà. Poco credibile soprattutto il protagonista maschile. Nel complesso troppo lento, mieloso e forzatamente cattolico. La vecchiaia è dura non basta indorare la pillola. Doppiaggio pessimo. Il film va visto in lingua originale. Nel complesso buone le riprese, le scene e le tecniche Cinematografiche.
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angelo umana
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sabato 3 marzo 2012
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se abbiamo sofferto sappiamo consolare gli altri
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Di “A simple life” resta appunto la semplicità del personaggio protagonista, la parsimonia nell’amministrare il niente che possiede, le poche pretese per sé. Una donna cinese che ha servito gli altri tutta la vita eppure sembra lei essere la padrona delle vie da percorrere, che non fa mai rumore ma di cui i compagni della casa di riposo notano la mancanza quando non c’è. La sua figura rammenta tanto la protagonista di “Poetry”, film sudcoreano ma accomunabile a questo per la grazia delle due donne. Ricorda anche il giapponese “Departures”, tutti film che contribuiscono a farci conoscere un continente diverso, una vita forse più osservativa e senza troppi clamori.
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Di “A simple life” resta appunto la semplicità del personaggio protagonista, la parsimonia nell’amministrare il niente che possiede, le poche pretese per sé. Una donna cinese che ha servito gli altri tutta la vita eppure sembra lei essere la padrona delle vie da percorrere, che non fa mai rumore ma di cui i compagni della casa di riposo notano la mancanza quando non c’è. La sua figura rammenta tanto la protagonista di “Poetry”, film sudcoreano ma accomunabile a questo per la grazia delle due donne. Ricorda anche il giapponese “Departures”, tutti film che contribuiscono a farci conoscere un continente diverso, una vita forse più osservativa e senza troppi clamori.
La particolarità coraggiosa della regista Ann Hui è nel fare di una casa di riposo, dell’ospedale, della morte e della sofferenza, il soggetto e l’ambientazione di un film, del resto “solo se abbiamo sofferto sappiamo come consolare gli altri” e, aggiungerei, sappiamo avere la pazienza di aspettare momenti migliori. Sono temi curativi anche per chi è ancora padrone di sé e non dipendente dalle cure altrui, finché non decida altrimenti “il supercomputer del padreterno per gestire il destino degli uomini”. Le riprese da camera fissa e la cura nelle immagini si addicono alla quiete del film, molto parco di forti emozioni.
Piccola nota a margine: i gesti di un’anziana “normale” come la protagonista di questo racconto di vita vissuta, Ah Thao (la bravissima attrice Deanie Ip), se fatti da un papa o da un’anziano famoso, sarebbero sufficienti per farlo santo.
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(di angelo umana)
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