The Warrior and the Wolf

Il wuxiapian cinese (termine corrispondente all' occidentale "cappa e spada") raggiunse i suoi più alti livelli negli anni '80, ma, negli ultimi tempi, è stato rinnovato da piccoli gioielli come "La tigre e il dragone" di Ang Lee o "Hero" Di Zhang Yimou, e di prossima uscita è anche "La battaglia dei tre regni" di Jhon Woo che si dice essere il wuxiapian più grandioso e spettacolare mai prodotto. Risulta davvero complicato riuscire a collocare quest' opera in una posizione rispettabile in un tale panorama; si tratta della terza fatica per il regista Tian Zhuangzhuang che per la prima volta si cimenta con questo genere. E purtroppo si vede! La storia che viene raccontata, ispirata ad una leggenda cinese, sembra essere tutta tesa a sottolineare quanto la natura umana sia similare, e a volte coincida del tutto, con quella animale. Nella Cina di duemila anni fa, l' esercito dell' imperatore Han combatte per assoggettare le tribù ribelli stanziate oltre il deserto del Gobi. Lu è un giovane contadino con una marcata avversione per la guerra, il cui coraggio, però, viene notato dal generale Zheng che fa di tutto per instillare in lui la ferocia necessaria ad uccidere. La sua operazione ha successo, tanto che Lu diviene comandante delle sue truppe. Ma giunge l' inverno, e a causa delle forti nevicate l' esercito è costretto, come ogni anno, ad abbandonare le sue scorrerie e rientrare in patria; Lu e il suo contingente fanno sosta in un piccolo villaggio abitato dalla tribù degli Harran, i cui componenti, a causa di un' oscura maledizione, si tramutano in lupi. Lu non è a conoscenza del fatto e si innamora di una donna Harran (la splendida Maggie Q già vista in "Mission: Ipossible 3" e "Die hard 4") , venendo così contagiato lui stesso dalla maledizione, che lo porterà, insieme alla sua compagna, a compiere scorrerie contro le truppe del generale Zheng; quest' ultimo dovrà così trovarsi lui stesso, a sua insaputa, ad affrontare l' istinto animale omicida, in questo caso portato all' esasperazione, che con tanta dedizione aveva tentato di risvegliare nel suo pupillo. Purtroppo sembra che il regista non sia riuscito a vedere l' enorme potenziale nascosto dietro una storia tanto entusiasmante, così che, complice anche un badget evidentemente ridotto, ha deciso di semplificare il più possibile dialoghi e scene d' azione (ed è un peccato perchè quelle poche che si vedono risultano davvero appassionanti e ben dirette), ed ha invece messo insieme tutta una serie di silenziose immagine evocative, splendidamente illuminate, per cercare di raccontare tutta quella poesia e quella simbologia, prettamente orientali, che la storia effetivamente trasuda. Purtroppo non si è reso conto di aver esagerato; infatti il film risulta lento, noioso ed estremamente ripetitivo; e soprattutto poco accessibile al pubblico occidentale che, se non aiutato e stimolato, mal si destreggia con concetti e filosofie proprie della cultura orientale. Il film non è comunque privo di valore, dopotutto le qualità registiche ci sono: le scene risultano ben riprese e ben confezionate; ed effettivamente, se si ha una pur minima concezione di quello che è il modo orientale di concepire la natura umana, è un' opera che può risultare appetibile. Ma al giorno d' oggi i registi di un' industria cinematografica in forte crescita, come quella cinese, spinta a più non posso verso un mercato internazionale, dovrebbero cercare di rendere le loro opere accessibili ai più. INTERESSANTE MA DELUDENTE.