Alfio, Turiddu e la giovane nipote, non è la Cavalleria rusticana di Verga né il titolo di una commedia all’italiana degli anni ’70 ma è addirittura, in estrema sintesi, il soggetto di una delle opere più famose del grande drammaturgo americano Arthur Miller, piena zeppa degli stereotipi più comuni in voga negli anni ’50 in America sul conto degli immigrati Italiani, visti come poveracci analfabeti omofobi e passionali mangiatori di pesce e pastasciutta e pronti ad accoltellarsi per una questione d’onore o per gelosia. Lumet nella sua trasposizione cinematografica stravolge il significato dell’opera, che per i pregiudizi ed i luoghi comuni rischiava di precipitare in una melodrammatica farsa tragicomica, cambia il finale e trasforma il personaggio di Raf Vallone, che meritò per la sua straordinaria performance il David di Donatello nel 1962, in un eroe da tragedia greca donandogli uno spessore umano ed una complessità psicologica non presenti nel testo di Miller.
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