Soffio |
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Un film di Kim Ki-Duk.
Con Chen Chang, Park Ji-a, Ha Jung-woo, Hang In-Hyung, Kim Ki-Duk, Lee Joo-Seok
Titolo originale Breath.
Drammatico,
durata 84 min.
- Corea del sud 2007.
- Mikado Film
uscita venerdì 31 agosto 2007.
MYMONETRO
Soffio
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Il ritorno Kim Ki-duk
di giorgio camisaniFeedback: |
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giovedì 10 gennaio 2008 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
La storia della protagonista, Yeon, inizia da uno stato interiore di desolante abbandono, di profonda solitudine, esito di un rapporto matrimoniale in crisi, appiattito dall’atteggiamento disinteressato e ipocrita del marito. Si ha la sensazione che Yeon si trovi come rinchiusa in un carcere, senza vie d’uscita plausibili, se non quella di compiere un atto estremo, eccessivo e crudele rispetto alla propria famiglia-prigione. Yeon segue con attenzione i telegiornali che annunciano il tentato suicidio in carcere di Jang Jin. Di questo detenuto noi non sappiamo nulla, vediamo soltanto l’interesse che la protagonista mostra nei suoi confronti, fino a quando Yeon si fa accompagnare da un taxi al carcere nel quale è rinchiuso l’uomo. Da qui hanno inizio le sue variopinte visite. Come rapita e trasportata da un sentimento insulso, pericoloso e profondamente romantico, Yeon agisce dimenticando la realtà attorno a sé: è negligente nei confronti della piccola figlia e del marito; è indifferente al clima invernale dell’ambiente esterno, indossando nonostante il freddo abiti prima primaverili, poi estivi, al fine di regalare momenti di serenità all’omicida in prigione; è del tutto disinteressata e non curante del fatto che, costantemente, durante le sue visite in carcere a Jang Jin, sia scrutata dall’occhio di una telecamera, che osserva i suoi movimenti, ascolta le sue parole e decide, di volta in volta, fino a dove il rapporto tra i due protagonisti può giungere. Similmente a ciò che accade in Ferro 3 (precedente successo di Kim Ki-duk) il reciproco slancio amoroso dei protagonisti, dove è la donna ad avere l’iniziativa, è come dettato da un’urgenza interiore, dalla necessità dei due personaggi di interrompere il proprio stato di solitudine, di tradire la propria vocazione al nulla, al vuoto nel quale sono immersi. Il sentimento che nasce tra Yeon e Jang Ji non ha altro fine se non quello di una tacita e reciproca promessa di salvezza, impossibile da realizzarsi autonomamente, ma possibile solo tramite l’intervento di un altro che abbia vissuto un dramma esistenziale simile al proprio. Il percorso di Yeon è in salita ed è doloroso, perché recandosi da Jang Ji, ella si confida e gli racconta alcuni aneddoti del proprio passato, interpreta canzoni legate allo scorrere delle stagioni, ed è come se, durante quelle brevi visite, Yeon rinunciasse al proprio dolore personale, per farsi carico del dolore di Jang Ji. Yeon è come se si spogliasse spiritualmente e si donasse senza alcuna pretesa ad un uomo che non può darle nulla, se non il silenzioso sconforto della consapevolezza di poter vivere ancora per pochi giorni. (la recensione continua su www.filmagazine.it)
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