giorgio camisani
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giovedì 10 gennaio 2008
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il ritorno kim ki-duk
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La storia della protagonista, Yeon, inizia da uno stato interiore di desolante abbandono, di profonda solitudine, esito di un rapporto matrimoniale in crisi, appiattito dall’atteggiamento disinteressato e ipocrita del marito. Si ha la sensazione che Yeon si trovi come rinchiusa in un carcere, senza vie d’uscita plausibili, se non quella di compiere un atto estremo, eccessivo e crudele rispetto alla propria famiglia-prigione. Yeon segue con attenzione i telegiornali che annunciano il tentato suicidio in carcere di Jang Jin. Di questo detenuto noi non sappiamo nulla, vediamo soltanto l’interesse che la protagonista mostra nei suoi confronti, fino a quando Yeon si fa accompagnare da un taxi al carcere nel quale è rinchiuso l’uomo.
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La storia della protagonista, Yeon, inizia da uno stato interiore di desolante abbandono, di profonda solitudine, esito di un rapporto matrimoniale in crisi, appiattito dall’atteggiamento disinteressato e ipocrita del marito. Si ha la sensazione che Yeon si trovi come rinchiusa in un carcere, senza vie d’uscita plausibili, se non quella di compiere un atto estremo, eccessivo e crudele rispetto alla propria famiglia-prigione. Yeon segue con attenzione i telegiornali che annunciano il tentato suicidio in carcere di Jang Jin. Di questo detenuto noi non sappiamo nulla, vediamo soltanto l’interesse che la protagonista mostra nei suoi confronti, fino a quando Yeon si fa accompagnare da un taxi al carcere nel quale è rinchiuso l’uomo. Da qui hanno inizio le sue variopinte visite.
Come rapita e trasportata da un sentimento insulso, pericoloso e profondamente romantico, Yeon agisce dimenticando la realtà attorno a sé: è negligente nei confronti della piccola figlia e del marito; è indifferente al clima invernale dell’ambiente esterno, indossando nonostante il freddo abiti prima primaverili, poi estivi, al fine di regalare momenti di serenità all’omicida in prigione; è del tutto disinteressata e non curante del fatto che, costantemente, durante le sue visite in carcere a Jang Jin, sia scrutata dall’occhio di una telecamera, che osserva i suoi movimenti, ascolta le sue parole e decide, di volta in volta, fino a dove il rapporto tra i due protagonisti può giungere.
Similmente a ciò che accade in Ferro 3 (precedente successo di Kim Ki-duk) il reciproco slancio amoroso dei protagonisti, dove è la donna ad avere l’iniziativa, è come dettato da un’urgenza interiore, dalla necessità dei due personaggi di interrompere il proprio stato di solitudine, di tradire la propria vocazione al nulla, al vuoto nel quale sono immersi. Il sentimento che nasce tra Yeon e Jang Ji non ha altro fine se non quello di una tacita e reciproca promessa di salvezza, impossibile da realizzarsi autonomamente, ma possibile solo tramite l’intervento di un altro che abbia vissuto un dramma esistenziale simile al proprio. Il percorso di Yeon è in salita ed è doloroso, perché recandosi da Jang Ji, ella si confida e gli racconta alcuni aneddoti del proprio passato, interpreta canzoni legate allo scorrere delle stagioni, ed è come se, durante quelle brevi visite, Yeon rinunciasse al proprio dolore personale, per farsi carico del dolore di Jang Ji. Yeon è come se si spogliasse spiritualmente e si donasse senza alcuna pretesa ad un uomo che non può darle nulla, se non il silenzioso sconforto della consapevolezza di poter vivere ancora per pochi giorni.
(la recensione continua su www.filmagazine.it)
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roberto
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lunedì 3 settembre 2007
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disturbante
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Un bacio appassionato... le dita di lei che stringono le narici di lui per farlo soffocare e morire e porre fine alle sue sofferenze... lo schermo del monitor del direttore del carcere che si spegne facendo comparire il riflesso dello stesso Kim Ki Duk... In questa sequenza c'è tutto "Soffio", l'ultima opera del regista coreano; e che sia questa la sequenza chiave è testimoniato anche dalla locandina del film.
Banalizzando si potrebbe anche dire che "Soffio" è un incrocio fra "Ferro 3" e "Primavera...", per come il regista riprende temi tratti dai suoi due film forse più famosi presso il grande pubblico.
Quello che distingue questa ultima opera dalle precedenti è però una maggiore disperazione.
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Un bacio appassionato... le dita di lei che stringono le narici di lui per farlo soffocare e morire e porre fine alle sue sofferenze... lo schermo del monitor del direttore del carcere che si spegne facendo comparire il riflesso dello stesso Kim Ki Duk... In questa sequenza c'è tutto "Soffio", l'ultima opera del regista coreano; e che sia questa la sequenza chiave è testimoniato anche dalla locandina del film.
Banalizzando si potrebbe anche dire che "Soffio" è un incrocio fra "Ferro 3" e "Primavera...", per come il regista riprende temi tratti dai suoi due film forse più famosi presso il grande pubblico.
Quello che distingue questa ultima opera dalle precedenti è però una maggiore disperazione. La poesia, che bagnava le immagini degli altri film di Kim Ki Duk e che riscattava la durezza dei temi affrontati, è assente in quest'ultima opera, che rinnega anche il tocco melodrammatico di "Time", per una messa in scena rigorosa e spietata, che ti lascia addosso per giorni un ombra inquetante nell'anima.
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serena
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martedì 4 settembre 2007
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bel lavoro poetico
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Violetta Bellocchio in Soffio vede 4 immagini e 3 temi miscelati da un regista “sfruttatore di velleità di cineforum”, che non varrebbero il prezzo del biglietto. Non sono assolutamente d’accordo! Con un “colpo d’ala” (come dice Mereghetti). Soffio parla di violentissime emozioni, d’infantilismo e vendetta, di umiliazioni e attrazioni fatali, di Tradimento e Amore ecc. Più amori: amore per la figlia, nel matrimonio e altrove, amore all’Arte, di sé stessi, dell’altro, dell’altra e dell’uguale. Di quanto può essere potente la gelosia scoppiata in noi, dopo aver fatto patire le pene dell’inferno per gelosia. Di passioni ricambiate e respinte. Evoca il cervello rettile che noi esseri umani ci portiamo appresso quale retaggio di una evoluzione iniziata miglia di anni fa, vale a dire, quella parte più primitiva di noi, in cui gli istinti attendono finché trovano un varco nella “normalità” da dove uscire scatenati.
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Violetta Bellocchio in Soffio vede 4 immagini e 3 temi miscelati da un regista “sfruttatore di velleità di cineforum”, che non varrebbero il prezzo del biglietto. Non sono assolutamente d’accordo! Con un “colpo d’ala” (come dice Mereghetti). Soffio parla di violentissime emozioni, d’infantilismo e vendetta, di umiliazioni e attrazioni fatali, di Tradimento e Amore ecc. Più amori: amore per la figlia, nel matrimonio e altrove, amore all’Arte, di sé stessi, dell’altro, dell’altra e dell’uguale. Di quanto può essere potente la gelosia scoppiata in noi, dopo aver fatto patire le pene dell’inferno per gelosia. Di passioni ricambiate e respinte. Evoca il cervello rettile che noi esseri umani ci portiamo appresso quale retaggio di una evoluzione iniziata miglia di anni fa, vale a dire, quella parte più primitiva di noi, in cui gli istinti attendono finché trovano un varco nella “normalità” da dove uscire scatenati. Ma quel che conta è come Kim ki-duk racconta due mondi contrapposti, senza effetti speciali né strepitose colonne sonore (auspicate forse dalla Belloccio), adoperando soltanto la LICENZA POETICA: la linda casa occidentaleggiante in città, con le piatte superfici da rivista di arredamento e il braccio della morte in carcere, dove i personaggi sembrano muoversi su un palcoscenico, con un gioco e un taglio delle immagini da teatro orientale. Teatrali e orientali sono pure gli sfondi di ogni messa in scena, in cui una donna annientata racconta sé stessa a un uomo diventato muto, con solo occhi orecchie mani sangue e corpo. Da teatrino sono le canzoni di lei. Fra entrambi i mondi c’è il viaggio verso quel carcere in cui un assassino attende e cerca ripetutamente la morte, per rifiutarla poi quando viene inferta da una donna folle d’amore odio e sesso. I giochi finali sulla neve e il rientro in città cantando in macchina l’unica canzone occidentale del film (La neige di Salvatore Adamo?), mostrano una famiglia ridiventata (forse) normale, (forse) alla ricerca del rimosso. Il dentro e il fuori del racconto mostrano il dentro e il fuori dei personaggi, vale a dire il "dritto" e il "rovescio", la contenzione e l'irrefrenabile. Bel lavoro poetico!
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(di arnolfo)
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giorgio
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sabato 1 settembre 2007
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e' davvero possibile amarsi?
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Come sempre Kim Ki Duk presenta situazioni al limite del paradossale ma riesce a scavare attraverso gli sguardi e i gesti dentro la vita dei suoi personaggi. In Soffio ancora una volta esplora le oscure vie dei legami che portano le persone a percorrere un cammino insieme senza tuttavia riuscire ad avere e dare felicità. Struggente come le immagini di padre e figlia che giocano sotto la neve mentre la moglie e madre fa l'amore con il suo detenuto tentando di fargli condividere( e ucciderlo)la terribile esperienza provata da bambina quando stava per annegare. Anche qui l'acqua pur non essendoci nelle immagini ricopre una parte di grande rilievo.
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orologio
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venerdì 14 settembre 2007
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amore e inganno
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"Soffio" è un film che attrae, che cattura l'occhio e l'anima dello spettatore che si chiede, a volte incredulo, a volte sospettoso, quale sia il motivo che lo costringe all'attenzione. E l'occhio dello spettatore diventa quasi quella crudele,spietata e quasi morbosa telecamera che ha il potere di fare e disfare senza dar conto a regole di umanità, di pietà, di buon senso. Forse il senso è proprio questo: che nel nostro guardare il mondo non c'è senso, o meglio, c'è un senso individuale che non corrisponde al collettivo se non raramente; che non si riesce a scorgere più un senso collettivo se non come somma di sensi e ragioni individuali.
E poi c'è quel passaggio-cunicolo che porta fuori dalla casa, che lei percorre con ostinata resistenza per essere portatrice di amore e nel tempo stesso di morte, portatrice di un amore che coincide con la morte, portatrice di un potere che il marito le ha tolto col tradimento, un potere che lei può riconquistare solo attraverso la vendetta, una vendetta crudele cui lui deve assoggettarsi, se la vuole ancora, e percorrere con lei la strada, agevolandone il compimento del fine.
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"Soffio" è un film che attrae, che cattura l'occhio e l'anima dello spettatore che si chiede, a volte incredulo, a volte sospettoso, quale sia il motivo che lo costringe all'attenzione. E l'occhio dello spettatore diventa quasi quella crudele,spietata e quasi morbosa telecamera che ha il potere di fare e disfare senza dar conto a regole di umanità, di pietà, di buon senso. Forse il senso è proprio questo: che nel nostro guardare il mondo non c'è senso, o meglio, c'è un senso individuale che non corrisponde al collettivo se non raramente; che non si riesce a scorgere più un senso collettivo se non come somma di sensi e ragioni individuali.
E poi c'è quel passaggio-cunicolo che porta fuori dalla casa, che lei percorre con ostinata resistenza per essere portatrice di amore e nel tempo stesso di morte, portatrice di un amore che coincide con la morte, portatrice di un potere che il marito le ha tolto col tradimento, un potere che lei può riconquistare solo attraverso la vendetta, una vendetta crudele cui lui deve assoggettarsi, se la vuole ancora, e percorrere con lei la strada, agevolandone il compimento del fine.
Ancora: non c'è giudizio, il male e il bene sono lasciati allo spettatore che vuole cercare, se vuole, tra le proprie emozioni la coincidenza di valori o la distanza.
E poi: non c'è morte se non quella che ti infliggono gli altri. Il condannato l'ha inflitta alla propria famiglia, lei vuole insospettabilmente infliggerla a lui. L'innamorato detenuto, complici gli altri detenuti, gli infliggono una morte che lui stesso non è riuscito a procurarsi, che la società gli vieta di procurarsi per infliggergliela secondo le leggi "umane"della giustizia. Si muore per effetto dell'altro in una spasmodica ricerca di vita, di stagioni, di canti e di incanti, di colori e desideri. Ma il confine tra la realtà e l'immaginazione è debole e precario poichè anche una progione può trasformarsi in maniera realistica in un mondo fatato dove tutto è apparentemente amore, un amore che cela, dietro ciò che appare, l' inganno. C'è un momento in cui il detenuto è appoggiato al muro, proprio dove c'è un albero nel paesaggio autunnale: per un attimo, pur sapendo che è un mondo di carta, ci convinciamo che esista un vero albero su cui si può poggiare la spalla, un sostegno di carta può apparire forte e sicuro e vivo. Invece è pietra.
Infine: non è un caso, credo, che l'inverno non venga dalla donna rappresentato con la festa delle altre rappresentazioni. Non ne ha bisogno, l'inverno è nel suo cuore e può cantarlo finalmente dimentica dell'uomo che non ha potuto uccidere con le sue mani diventando inconsapevole ed innocente mandante del suo omicidio. Il sangue di prima, il sangue vivo del dolore che si percepisce da tutta l'opera, è finalmente purificato dal freddo, che tutto imbianca, tutto congela, tutto conserva. Anche l'amore del matrimonio.
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satta roberto
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lunedì 3 settembre 2007
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e'un capolavoro....
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Cosa dire di un capolavoro.....bisogna avere la mente libera e lasciarsi guidare dal regista che pur avendo un'ambientazione squallida con dei personaggi 'carcerati'che tendono molto spesso a sodomizarsi amandosi in maniera forse anche brutale ma per loro'viva' e' un modo per sentirsi vivi la carne con altra carne fa percepire a loro la vita.Da un'altra parte in un modo borghese e benestante un'artista ahime'cornificata dal marito all'inizio con la faccia incolore poi man mano che capisce diventa a tratti intelligente simpatico ......La scultrice con le sue canzoncine i suoi poster il suo amore prima spirituale poi carnale e possessivo fino a tentare di soffocaree il compagno di amplesso con la lingua .
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Cosa dire di un capolavoro.....bisogna avere la mente libera e lasciarsi guidare dal regista che pur avendo un'ambientazione squallida con dei personaggi 'carcerati'che tendono molto spesso a sodomizarsi amandosi in maniera forse anche brutale ma per loro'viva' e' un modo per sentirsi vivi la carne con altra carne fa percepire a loro la vita.Da un'altra parte in un modo borghese e benestante un'artista ahime'cornificata dal marito all'inizio con la faccia incolore poi man mano che capisce diventa a tratti intelligente simpatico ......La scultrice con le sue canzoncine i suoi poster il suo amore prima spirituale poi carnale e possessivo fino a tentare di soffocaree il compagno di amplesso con la lingua ...La direttrice del carcere che oltre a godere di un piacere a lei negato si sente come Dio ferma le pulsioni amorose quando e come vuole e poi concede al condannato l'ultimo amplesso come fare mangiare unn conmdannatoa morte....Il condannato e' un esempio superbo di come si puo' reciotare un film non dicendo una parola stupendo trasparire dei sentimenti dal volto .....Tutti vogliono il posesso l'uno dell'altro devono penetrarsi per capire che si amanoe tutto pieno di una poesia favolosa oltre la poesia vi e' molta arte molto bel cinema molto cinema d'autore e purtroppo non per un pubblico che e amante deille varie isole e fattorie dove tutto e' finto e volgare e stpudo senza alòcuna idea.Come si fa' a mettere in circoilazione un film in queste date......che sono cornute per il numero degli spettatori ma lo sappiamo anche la tv dalle ore 23,30 e' molto colta lo fanno per quelli insonni che fubescamente...aspettano ancora un due orette allo scopo di riparmiare sui giornalini sexy dato che dall'una in poi sono piu' i canali con donne nude che vestite basta pensare che il canale di padre pio e preceduto da tre canali con fanciulle diciamo cosi' che fanno vedere certe parti una volta intime dove vi erano una volta delle 'selve' ora dato che al grande fratello hanno detta che i peli fanno schifo tutti epilati alla meta della volgarita' tra telefonate di persone che ansimanoe poi buttano il telefono giu'...ma si continua fino alle cinque..E questi film sono ossigeno puro per la mente Il cervello lavora....satta Roberto
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[+] è un bel film ma non un capolavoro
(di aga)
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