Kabuki 歌 ka (canto) 舞 bu (danza) 伎 ki (abilità)
Questo mio, non esaustivo, lavoro vuole avere la sincera “propedeutica pretesa”, di avvicinare i lettori ad un genere di film che a prima vista può non piacere perché prepotente, duro, eccentrico. “A prima vista”; questo è il nodo da sciogliere. Le percezioni da prima visione non devono prendere il sopra(v)vento. Come l’equipaggio di una barca si posiziona in modo differente rispetto al vento; così lo spettatore, specie se l’Autore ha latitudini diverse dalle nostre, deve muoversi mentalmente, di fronte all’opera, con cautela e con accorto giudizio. Di quelle latitudini gli conviene indossare i virtuali indumenti ed entrare così in una sorta di laboratorio di antropologia visiva. Proprio perché trattasi di un laboratorio dell’uomo e sull’uomo, la “visione diventa meravigliosamente universale, consapevole e, cosa più interessante, di ricerca. Le persone dotate di molta sensibilità e fantasia, hanno la possibilità di frugare e trovare spunti creativi che non mancano certo nella cinematografia e non solo del Sol Levante. Io credo.
Gli appassionati di cinema giapponese, conoscono benissimo l’eroe Zatōichi o semplicemente Ichi, non vedente, taciturno, con due patologie al “limite”, l’alcol ed il gioco d’azzardo, che ha ispirato più di venti film e circa un centinaio di episodi televisivi.
Il nostro Zatōichi, di e con \ Takeshi Kitano /, non ha fissa dimora e pratica massaggi per vivere. Arrotonda il suo onorario giocando d’azzardo. I dadi in particolare, sono suoi amici ed i veri amici non deludono. Il nostro eroe riesce, infatti, vincendo tutte le leggi della statistica e del caos, ad armonizzare questo gioco con il proprio corpo. Come? Ichi è cieco, questa sua condizione, ha sviluppato negli anni gli altri organi di senso. In particolare, udito ed olfatto svolgono la loro funzione vicariante in sommo grado. Quando gioca, i suoi compagni hanno molto da imparare. “I bari” del Caravaggio, ad esempio, si guarderebbero bene dal riprovarci; mentre il Tre moschettieri del francese A. Dumas (padre) troverebbero, in lui, un eccellente maestro d’armi. Ed è proprio un’arma, “la katana”, la co-protagonista del film; le sue fattezze sono tutte numeriche, 15 ripiegature, e 32.768 strati. Zatōichi utilizza la katana come estensione del proprio corpo, nelle sue mani la lama diventa giudice inappellabile. Perfezione e maestria; competenza e abilità fanno del cieco un personaggio straordinario. Ma chi è veramente Zatōichi? E’ un ribelle; un benefattore; un supremo giudice? Non so. Di sicuro è uno spirito libero ed alquanto silente. Infatti, non parla molto. Il suo mutismo nasce come puro atto di volontà è, appunto, elettivo; o, meglio, selettivo. I destinatari del suo non ricco eloquio, sono interlocutori privilegiati, a loro dedica e dona tutto se stesso. Nella sua vita raminga ha sempre poco da dire e molto da ascoltare. Lo spirito libero di Zatōichi è libero perché il nostro eroe ha un proprio codice da rispettare. Il grano è costantemente separato dalla pula. Qualche esempio? Non è un passionale; ha il dominio delle emozioni. L’irruenza lascia il campo alla meditazione ed alla riflessione. Sobrio e morigerato nei costumi, non lascia spazio alla sregolatezza. I beni materiali son un mezzo per dignitosamente vivere e non il fine di una vita avida. Le parole, sono sempre moderate e mai offensive. Insomma, Zatōichi è unico, bisogna imparare ad amarlo. Dato lo spessore del personaggio, inevitabili sono gli antagonisti. Uno su tutti, Genosuke Hattori \ Tadanobu Asano /. Genosuke è un samurai, o meglio un Ronin, abile e temibile; si fa ingaggiare da boss senza scrupoli come “guardia del corpo”, (yojimbo). Farebbe volentieri a meno di un “padrone” per dedicarsi all’insegnamento di arti marziali. Ha bisogno di soldi, Genosuke, di tanti soldi; la moglie, invece,di cure mediche. Infatti…
Ma chi è un Ronin? Come mai Genosuke Hattori padroneggia l’arma in così magnifico modo? Takeshi Kitano fa ben intendere nel suo film la figura del ronin; detto anche “Uomo Onda”. Il Ronin è diventato guerriero errante. In quanto tale deve fronteggiare condizioni di vita improbe, incerte, al limite dell’umano. Chi ne esce vivo si è evoluto, e non poco, nelle tecniche di combattimento (jujitsu). Zatōichi riuscirà a batterlo solo perché la sua mano assume…
Altri personaggi incontra Zatōichi, lungo il cammino. Un giocatore iellato, Shinkichi \ Gadarukanaru Taka /; Oume \ Michiyo Ookusu / zia dello sfortunato Shinkichi. Due geishe Osei \ Daigoro Tachibana / e Okinu \ Yuko Daike /. La loro, è una storia tutta da seguire. Ancora bambini il sorriso ha abbandonato il loro volto come foglia al vento.
I film di Kitano non mancano di umorismo e in questo caso di scrosci temporaleschi. Da ricercare nel suo passato ridondante di comicità, il primo; un omaggio al maestro Kurosawa, i secondi. Il finale del film umanamente pirotecnico per musiche e danze; poteva essere partorito solo da una mente proveniente dal Paese della dea del Sole “Amaterasu” \ tutte le cose nascono da lei /.
Presentato alla Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia nel 2003, torna a casa con un “Leone d’argento” ed un “Premio Speciale per la regia”, entrambi assegnati a Takeshi Kitano.
Kabuki, titolavo all’inizio, deriva dal verbo kabuko, ovvero “essere fuori dall’ordinario”; sotto questo aspetto Takeshi Kitano non si smentisce. Il Re \ l’antitetico e/o prevenuto Re-censore / è indifeso; quello di Kitano è un autentico scacco matto!
Good Click!
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