Il cattivo tenente |
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Un film di Abel Ferrara.
Con Harvey Keitel, Frankie Thorn, Victor Argo, Zoë Lund, Frank Adonis.
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Titolo originale The Bad Lieutenant.
Drammatico,
durata 96 min.
- USA 1992.
MYMONETRO
Il cattivo tenente
valutazione media:
3,48
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Vizi e virtù in una parabola urbanadi Johnny VeritasFeedback: 206 | altri commenti e recensioni di Johnny Veritas |
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giovedì 3 novembre 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
É nel lamento patetico, quasi ridicolo, da animale ferito di Harvey Keitel, cattivo tenente che racchiude in se praticamente tutti i vizi del genere umano, che si può trovare la massima espressione della poetica di un autore di genere crudo e controverso quale può essere solo Abel Ferrara. Si dice che alla stesura del film il socio storico del regista, lo sceneggiatore Nicholas St. John, non volle collaborare perché si andavano a toccare temi troppo alti e complessi per le storie cui la coppia era abituata. E in effetti la cosa che più colpisce l'incauto spettatore che si avventura nella visione, più della vita dissoluta del protagonista che ci viene presentata fin dalle prime scene (e trova il suo perfetto emblema nella tremendamente desolante immagine del ballo nudo con le due prostitute), è il ruolo fondamentale che viene a ricoprire la religione, e quindi il senso di colpa e il desiderio di redenzione, che diventa predominante da metà film in poi, irrompendo violentemente nella vicenda come quei due sbandati che violentano in chiesa una giovane suora, causa scatenante della crisi mistica del protagonista. Ma una crisi già preannunciata da ogni singola azione disperata, da ogni bassezza concepibile, da ogni vagabondaggio in macchina ad ascoltare la radiocronaca delle finali di baseball su cui si è scommesso l'inverosimile, tra strade che straripano di individui indifferenti. Tutto è allora destinato a deflagrare nella celebre scena del dialogo in chiesa con un Gesù sanguinante e silenzioso dove il tenente finalmente in ginocchio si confessa disperato decidendo infine di perdonare i due violentatori. E nella scena finale, nel prevedibile (e inevitabile) omicidio che distrugge ogni catarsi, in quell'inquadratura fissa e ostinata che fa dell'auto e del suo ormai defunto carico un simbolo di sconfitta ma insieme di riscatto, non possiamo fare che riconoscere una semplice e sofferta parabola moderna e una definitiva consacrazione ad autore di un regista che qui firma la sua migliore opera di sempre.
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