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Classico film d’avventura tratto da un romanzo cavalleresco di secondo piano, con una sceneggiatura che nella sua semplicità contempla tutte le caratteristiche e gli elementi tipici di questo genere cinematografico-letterario, quali ad esempio l’amore ostacolato dalle differenze di lignaggio, le nobili ma segrete origini del protagonista, le trame nefaste dei cattivi, che attentano addirittura alla Corona, e dall’altro lato la lealtà ed il coraggio dei buoni.
La regia di Rudolph Maté è molto attenta a curare la godibilità dell’opera che vuole piacere al grande pubblico e ricorre a tutti gli espedienti per riuscirci.
La narrazione procede spedita, senza tempi morti, riuscendo bene ad appassionare lo spettatore, che resta intrigato dalla trama avvincente. I personaggi sono quelli classici in pellicole di questo genere, nonché molto ben delineati dalla sceneggiatura.
Il protagonista è interpretato da Tony Curtis che offre una performance molto fisica, anche grazie alle controfigure, ma poco convincente sotto il piano espressivo; la protagonista femminile è la bellissima Janet Leigh, che era sposata con Curtis al tempo, e che se la cava decisamente bene puntando sulla sua eccezionale avvenenza e su una certa abitudine ad un tipo di ruolo per lei non nuovo in carriera (si ricorda “Scaramouche” di George Sidney, di appena due anni prima).
Nel resto del cast si ricorda una giovane Barbara Rush, che fa a gara di bellezza con la Leigh; ed un sempre apprezzabile Herbert Marshall, qui in un’insolita versione con un folto pizzetto.
Le non poche scene d’azione presenti nella pellicola sono messe in scena in modo apprezzabile dall’esperto Rudolph Maté; convincono invece molto di meno alcuni combattimenti con le pesanti spade medievali che vengono disinvoltamente maneggiate come se fossero dei fioretti; a parziale discolpa deve dirsi tuttavia che si tratta di un difetto comune a molte pellicole del tempo, superato solo in tempi abbastanza recenti.
Prevedibile e scontato, ma comunque godibile e ben confezionato.
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