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Piacevole commedia degli equivoci da cui scaturisce una situazione paradossale estremamente divertente. È proprio la sceneggiatura carica di brio e simpatia che traina la pellicola, ma questo non può certo sorprendere se si tiene conto che dietro ci sono due dei più talentuosi sceneggiatori americani del tempo, Norman Krasna e, non accreditato, Garson Kanin, con quest’ultimo che firmò anche la regia.
Krasna e Kanin sono bravissimi a sfruttare sapientemente la situazione equivoca in cui incorre la protagonista, riuscendo a costruirci intorno tutta la storia, che nel suo sviluppo propone ulteriori fraintendimenti scaturiti dal primo. Tutto questo contesto permette di realizzare numerose scenette divertenti che mantengono di buon umore lo spettatore e consentono al film di scorrere molto piacevolmente sino al bel finale.
Come spesso avviene in pellicole di questo genere e di quegli anni, viene celebrato il trionfo dei buoni sentimenti, un vero classico a Hollywood.
La coppia protagonista è formata da una Ginger Rogers in ottima forma e molto in parte, che trova anche il modo di esibirsi in qualche ballo, e da un David Niven perfettamente a suo agio nei panni del dongiovanni impenitente che infine viene accalappiato: le due star danno luogo a ottimi duetti trovando un’intesa particolarmente convincente. C’è anche Charles Coburn che quasi non si vede per tutta la prima parte del film, ma che assurge a protagonista nel finale quando irrompe in scena con tutta la sua carica di irresistibile simpatia. Molto buona e da ricordare, infine, anche la prova di Frank Albertson.
A differenza di altre storie del genere, stavolta l’equivoco non viene chiarito, sebbene l’ultima battuta del film sembra sortire questo effetto, chiudendo l’opera in modo davvero intelligente.
Nel 1956 ne è stato fatto un remake dal titolo “Un turbine di gioia” per la regia di Norman Taurog.
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