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the adrenalin addict
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lunedì 2 settembre 2024
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un fantasy all'insegna del verde
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Maya è una ragazza che ama bere e fare sesso. E' alla ricerca dell'orgasmo "perfetto", che regolarmente non si presenta. Teo è figlio unico di una donna deceduta (per lui una sorta di angelo custode) e di un padre ancora vivo (per lui una sorta di demonio che lo tormenta), che gli lasciano in eredità il loro enorme possedimento: una casa con una serra e con un terreno agricolo enorme, dentro cui Teo si è rintanato. Vive eternamente solo, con le sue piante da giardino che ama. E' lui che gestisce tutto. Una sorta di esilio autoimposto. Ogni tanto esce di casa, ma non per una ragione qualunque. C'è un destino che accomuna Maya e Teo: la natura. Se Teo ha ricevuto un'eredità che "pesa", Maya è coinvolta in maniera del tutto accidentale, nemmeno lei sa come.
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Maya è una ragazza che ama bere e fare sesso. E' alla ricerca dell'orgasmo "perfetto", che regolarmente non si presenta. Teo è figlio unico di una donna deceduta (per lui una sorta di angelo custode) e di un padre ancora vivo (per lui una sorta di demonio che lo tormenta), che gli lasciano in eredità il loro enorme possedimento: una casa con una serra e con un terreno agricolo enorme, dentro cui Teo si è rintanato. Vive eternamente solo, con le sue piante da giardino che ama. E' lui che gestisce tutto. Una sorta di esilio autoimposto. Ogni tanto esce di casa, ma non per una ragione qualunque. C'è un destino che accomuna Maya e Teo: la natura. Se Teo ha ricevuto un'eredità che "pesa", Maya è coinvolta in maniera del tutto accidentale, nemmeno lei sa come. Una visione mentre dorme: sta correndo dentro un bosco in fuga da qualcosa, ad un certo punto inciampa e perde i sensi. Questo sembra essere stato l'inizio del suo incubo. Quale incubo? Quello di diventare una donna che "fiorisce". Un potere o un limite, un miracolo o una maledizione? A poco a poco Maya scopre che i suoi capelli vanno diventando verdi (non sono tinti!!!), da essi germogliano fiori profumati. Quando vomita, al posto del sangue, sputa clorofilla verde che, a contatto col terreno, fa nascere germogli. Insomma, Maya sta lentamente diventando una pianta. E quale luogo migliore per crescere se non il giardino di Teo? A deciderlo, però, non sarà nessuno di loro, ma Madre natura. Maya, infatti, sta cercando lavoro e Teo sembra l'unico ad offrirglielo, perché ha bisogno di raccogliere la frutta che le sue infinite coltivazioni hanno prodotto. La cosa sorprendente è che Teo e Maya saranno soli a doverlo fare. Sarà un lavoro che durerà una vita. Le tentazioni non mancheranno. Da un lato il genio porta i due a trasformare in opportunità quella che sembra invece una condanna. Quei fiorellini cresciuti dai capelli emanano un profumo, una melodia che fin da subito fanno innamorare Teo di Maya. Decideranno di tagliarli, per farne un'essenza profumata da rivendere al mercato. Dall'altro, Arturo si innamorerà di Maya nel frattempo. Si baceranno in più circostanze, ma alla fine lei si accorge che è qualcos'altro che cerca: quel legame naturale che solo con Teo può condividere. Un legame che si chiama sentimento. D'altro canto, però, Maya vuole ancora raggiungere l'orgasmo. Quell'orgasmo che solo Madre natura saprà donarle davvero. Ma solo per una volta, perché poi, dopo un ultimo bacio a Teo, dovrà lasciare questo mondo per donare tutta sé stessa a Madre natura, la quale finalmente le restituirà il suo corpo umano. Uno scambio costante di corpi, di sentimenti che a tratti si attraggono, a tratti si respingono. Paure, gioie, catene, ricordi, sogni, rinunce. L'istintualità farà da padrona per tutto il corso del film...ma è il dono di sé che restituisce la pace.
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ivan il matto
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sabato 18 maggio 2024
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natura animata ☆☆☆☆
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È sorprendente quanto, talvolta, artisti distanti e distinti, si ritrovino ispirati da tematiche praticamente analoghe, nello stesso periodo storico. Capitava già agli inizi degli anni '80 con Francesco de Gregori e Federico Fellini: il primo con l'album "Titanic", il secondo con il film "E la nave va". Entrambi si riferivano metaforicamente al disastro del transatlantico più famoso del mondo (1912) per riflettere sul senso della fine di un'epoca. Mutatis mutandis, circa 40 anni dopo, l'esordiente e talentuosa regista ossolana Ivana Gloria con "Clorofilla" ed il cineasta siciliano Zavvo Nicolosi (da un soggetto dei musicisti Colapesce e Dimartino) indagano sul complesso ed intenso rapporto simbolico che alcuni individui sviluppano nei confronti della natura.
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È sorprendente quanto, talvolta, artisti distanti e distinti, si ritrovino ispirati da tematiche praticamente analoghe, nello stesso periodo storico. Capitava già agli inizi degli anni '80 con Francesco de Gregori e Federico Fellini: il primo con l'album "Titanic", il secondo con il film "E la nave va". Entrambi si riferivano metaforicamente al disastro del transatlantico più famoso del mondo (1912) per riflettere sul senso della fine di un'epoca. Mutatis mutandis, circa 40 anni dopo, l'esordiente e talentuosa regista ossolana Ivana Gloria con "Clorofilla" ed il cineasta siciliano Zavvo Nicolosi (da un soggetto dei musicisti Colapesce e Dimartino) indagano sul complesso ed intenso rapporto simbolico che alcuni individui sviluppano nei confronti della natura. Dato originale, al limite dell'incredibile, il finale delle due opere risulta sostanzialmente identico! Girato interamente in Sardegna e frutto di un miracolo produttivo (solo 4 settimane per le riprese), "Clorofilla" raccontava di Maia, ragazza che sembra buttarsi via, fra rapporti occasionali e una carriera universitaria che non decolla. In realtà la giovane donna, dai capelli verdi, è alla disperata ricerca di se stessa e della sua identità, avvertendo nitidamente trasformazioni nel suo corpo ed un evidente richiamo verso la potenza generatrice della natura. L'incontro con Teo, misantropo e sfuggente coltivatore di arance, fungerà da detonatore per Maia, la sua identità profonda andrà manifestandosi mentre il racconto si dipana, fino allo sconcertante finale. Partendo da un casting prodigioso ( i due protagonisti sembrano nati nel ruolo che rivestono), la giovane Ivana Gloria (al secolo Valentina Branchetti) si avvale di collaboratori di lusso: la colonna sonora è sempre avvolgente ed immersiva , mai sopra le righe rispetto alla narrazione. Le immagini in 4k sempre coloratissime e misurate tendono a valorizzare l'espressività dei protagonisti (chi riuscirà a dimenticare gli occhi di Sarah Short nei suoi tanti primi piani?). Con una messa in scena il cui 'mood' ricorda i primi film dell'Australiano Peter Weir (su tutti il mistery fantastico "Picnic a Hanging Rock" del 1975), l'opera rivela un'autrice sensibile e colta (trasparente il riferimento alle metamorfosi di Ovidio) che aspettiamo, speranzosi, al varco del secondo lungometraggio.
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