È sorprendente quanto, talvolta, artisti distanti e distinti, si ritrovino ispirati da tematiche praticamente analoghe, nello stesso periodo storico. Capitava già agli inizi degli anni '80 con Francesco de Gregori e Federico Fellini: il primo con l'album "Titanic", il secondo con il film "E la nave va". Entrambi si riferivano metaforicamente al disastro del transatlantico più famoso del mondo (1912) per riflettere sul senso della fine di un'epoca. Mutatis mutandis, circa 40 anni dopo, l'esordiente e talentuosa regista ossolana Ivana Gloria con "Clorofilla" ed il cineasta siciliano Zavvo Nicolosi (da un soggetto dei musicisti Colapesce e Dimartino) indagano sul complesso ed intenso rapporto simbolico che alcuni individui sviluppano nei confronti della natura.
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È sorprendente quanto, talvolta, artisti distanti e distinti, si ritrovino ispirati da tematiche praticamente analoghe, nello stesso periodo storico. Capitava già agli inizi degli anni '80 con Francesco de Gregori e Federico Fellini: il primo con l'album "Titanic", il secondo con il film "E la nave va". Entrambi si riferivano metaforicamente al disastro del transatlantico più famoso del mondo (1912) per riflettere sul senso della fine di un'epoca. Mutatis mutandis, circa 40 anni dopo, l'esordiente e talentuosa regista ossolana Ivana Gloria con "Clorofilla" ed il cineasta siciliano Zavvo Nicolosi (da un soggetto dei musicisti Colapesce e Dimartino) indagano sul complesso ed intenso rapporto simbolico che alcuni individui sviluppano nei confronti della natura. Dato originale, al limite dell'incredibile, il finale delle due opere risulta sostanzialmente identico! Girato interamente in Sardegna e frutto di un miracolo produttivo (solo 4 settimane per le riprese), "Clorofilla" raccontava di Maia, ragazza che sembra buttarsi via, fra rapporti occasionali e una carriera universitaria che non decolla. In realtà la giovane donna, dai capelli verdi, è alla disperata ricerca di se stessa e della sua identità, avvertendo nitidamente trasformazioni nel suo corpo ed un evidente richiamo verso la potenza generatrice della natura. L'incontro con Teo, misantropo e sfuggente coltivatore di arance, fungerà da detonatore per Maia, la sua identità profonda andrà manifestandosi mentre il racconto si dipana, fino allo sconcertante finale. Partendo da un casting prodigioso ( i due protagonisti sembrano nati nel ruolo che rivestono), la giovane Ivana Gloria (al secolo Valentina Branchetti) si avvale di collaboratori di lusso: la colonna sonora è sempre avvolgente ed immersiva , mai sopra le righe rispetto alla narrazione. Le immagini in 4k sempre coloratissime e misurate tendono a valorizzare l'espressività dei protagonisti (chi riuscirà a dimenticare gli occhi di Sarah Short nei suoi tanti primi piani?). Con una messa in scena il cui 'mood' ricorda i primi film dell'Australiano Peter Weir (su tutti il mistery fantastico "Picnic a Hanging Rock" del 1975), l'opera rivela un'autrice sensibile e colta (trasparente il riferimento alle metamorfosi di Ovidio) che aspettiamo, speranzosi, al varco del secondo lungometraggio.
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