salvatoreparadiso
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sabato 21 aprile 2018
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vai mingardi!
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Visto Giovedi al Beltrade di Milano.
Un documentario tenero e divertente su un personaggio sconosciuto della cinematografia italiana.
Tutta da riscoprire, la figura di Mauro Mingardi, filmmaker bolognese scomparso nei primi anni 2000,
sfugge a qualsiasi classificazione e identificazionie e trasporta lo spettatore in un affascinante viaggio
cinematografico lungo più di cinquant'anni con filmati d'archivio riguardanti i suoli lavori bizzarri e incredibili.
Per noi amanti del cinema, aver scoperto un personaggio del genere è stata una piacevollisima sorpresa.
Da rivedere!
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fdb
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giovedì 19 aprile 2018
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siamo tutti un po' mingardi
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Questo documentario non è solo la storia di un artigiano del cinema bolognese, non è una cosa di nicchia, per appassionati e basta. Le emozioni che regala sono universali: il protagonista è in bilico tra tentare il successo o meno, tra rischiare oppure no, uscire dalla sua amata Cirenaica di Bologna e andare a Roma con Rossellini o rimanere "il primo sì, ma degli ultimi". Mi è piaciuto più di tutto il tema di “quello che avrebbe potuto essere e non è stato” (parole del protagonista stesso): per noi spettatori Mingardi è un eroe mancato, un don Chisciotte senza mulini a vento, ma alla fine a me rimane il dubbio che sia stato esattamente ciò che poteva essere, né più né meno, né primo né ultimo.
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Questo documentario non è solo la storia di un artigiano del cinema bolognese, non è una cosa di nicchia, per appassionati e basta. Le emozioni che regala sono universali: il protagonista è in bilico tra tentare il successo o meno, tra rischiare oppure no, uscire dalla sua amata Cirenaica di Bologna e andare a Roma con Rossellini o rimanere "il primo sì, ma degli ultimi". Mi è piaciuto più di tutto il tema di “quello che avrebbe potuto essere e non è stato” (parole del protagonista stesso): per noi spettatori Mingardi è un eroe mancato, un don Chisciotte senza mulini a vento, ma alla fine a me rimane il dubbio che sia stato esattamente ciò che poteva essere, né più né meno, né primo né ultimo. Uno di mezzo, nel mezzo, come siamo tutti. Solo che riusciamo a sopravvivere come esseri mediocri solo confidando in un impossibile, lasciandoci un margine di insondato. Roma era forse per Mingardi la coperta di Linus, tentare avrebbe significato correre il rischio di fallire e lui ha preferito non rischiare, vivere a metà, nel mezzo. Debole forse, ma anche per questo simpatico, pure a chi non è appassionato di cinema. Lo stile dei due registi, poi, è pieno di poesia: c’è per esempio un inserto in bianco e nero di un uomo che corre (quasi una citazione involontaria di Bande à part), mi è piaciuta la lievità e la malinconia che Toscano e Rizzo riusciti a mettere nei segni di interpunzione (chi vedrà il film non potrà non notare quel piccione...), per non parlare dell'ironia. Quando Toni dice che nulla forse rimarrà di quel gruppo di amici che facevano cinema e della loro storia, visto che la fama non li ha accompagnati e che la vita per loro ormai anziani si fa più corta, io allora penso che questo documentario abbia preservato una memoria (Mingardi dice: "I ricordi sono come soldati di un esercito sconfitto"), regalando a quei “ragazzi” anziani un “potrebbe essere” dopo quel “avrebbe potuto”. E pure a noi spettatori...
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