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giuseppecarpentieri
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giovedì 23 marzo 2017
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ottimo film!
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Davvero bello, complimenti!
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francesca
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giovedì 23 marzo 2017
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altin sono io
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Con mezzi semplici il regista pennella la realtà umana. Notevole l'interpretazione di Chiara Pavoni e del protagonista. Bravi! Al prossimo film.
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presslive
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giovedì 23 marzo 2017
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un film che apre alla riflessione
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Un film che apre alla riflessione su tante tematiche complesse. Un lavoro attento di forte impatto sociale. Il protagonista si muove con abilità nell'intera evoluzione della storia.
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farfallina10
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giovedì 23 marzo 2017
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film profondo
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Film altamente coinvolgente e di profondi sentimenti
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adele76
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mercoledì 22 marzo 2017
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avvincente
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In una società dove fin da piccoli ci insegnano a barattare la nostra unicità col conformismo a suon di competizione serrata ,a volte spietata, é facile scambiare ciò che è bello con ciò che unanimamente piace perché di moda o perché"funziona".Il protagonista Altin infatti si perde nei meandri di un talent show taroccato che,come tanti,è l'apoteosi della spersonalizzazione. La disillusione di Altin grazie alla maestria del regista nella direzione ed all'eccellente interpretazione di Rimi Bequiri non può che lasciarci migliori rendendoci empatici.Bella storia dove,a causa del declino mediatico, il potere esclude l'amore soprattutto quello di sè.
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In una società dove fin da piccoli ci insegnano a barattare la nostra unicità col conformismo a suon di competizione serrata ,a volte spietata, é facile scambiare ciò che è bello con ciò che unanimamente piace perché di moda o perché"funziona".Il protagonista Altin infatti si perde nei meandri di un talent show taroccato che,come tanti,è l'apoteosi della spersonalizzazione. La disillusione di Altin grazie alla maestria del regista nella direzione ed all'eccellente interpretazione di Rimi Bequiri non può che lasciarci migliori rendendoci empatici.Bella storia dove,a causa del declino mediatico, il potere esclude l'amore soprattutto quello di sè.Una fotografia dell'Uomo anzi un viaggio dentro l'uomo che presuppone una comprensione profonda dell'illusorio mondo dello spettacolo.Davvero un regista che come un pionere di un nuovo Umanesimo nell'epoca dell'apparenza in cui la forma nasconde la sostanza,la vista oscura il sentire,viaggia nella direzione opposta perché gli sembra l'unica via per incontrare la bellezza autentica che si cela nella fragilità esistenziale del personaggio e nei suoi ricordi.Conquista poi anche la scelta di Fabio Del Greco di voler condurre lo spettatore in una dimensione onirica probabilmente anche perché se uno sogna da solo é solo un sogno ma se molti sognano insieme forse é finalmente l'inizio di una nuova auspicabile realtà???
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mary
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mercoledì 22 marzo 2017
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ottimo film
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Bellissimo film, intenso e coinvolgente in cui ognuno di noi si riconosce. La lotta continua per la conquista dell' affermazione personale ,è in questo film, perfettamente espressa.
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f.koffman
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venerdì 17 marzo 2017
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toccante
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"Altin in città" è un bel film drammatico con piccoli momenti di ironia e comicità che spezzano in maniera azzeccata la tensione che lo spettatore accumula immedesimandosi nei panni del protagonista Altin, per l'appunto, interpretato da un bravissimo Rimi Bequiri, che regge egregemente le tante sfaccettature del suo difficile personaggio. Anche la co-protagonista Mara Le Monde, al secolo Chiara Pavoni rende perfettamente un personaggio ambiguo e cangiante negli atteggiamenti e nell'aspetto esteriore. La parte che preferisco di questo film sono le riprese oniriche subaquee, in cui il trucco e la fotografia danno il meglio di sé. Il film è davvero toccante ed affronta lo scomodo argomento dell'immigrazione, molto attuale, anche utilizzando immagini di repertorio degli anni 90' degli sbarchi delle navi albanesi in Italia.
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"Altin in città" è un bel film drammatico con piccoli momenti di ironia e comicità che spezzano in maniera azzeccata la tensione che lo spettatore accumula immedesimandosi nei panni del protagonista Altin, per l'appunto, interpretato da un bravissimo Rimi Bequiri, che regge egregemente le tante sfaccettature del suo difficile personaggio. Anche la co-protagonista Mara Le Monde, al secolo Chiara Pavoni rende perfettamente un personaggio ambiguo e cangiante negli atteggiamenti e nell'aspetto esteriore. La parte che preferisco di questo film sono le riprese oniriche subaquee, in cui il trucco e la fotografia danno il meglio di sé. Il film è davvero toccante ed affronta lo scomodo argomento dell'immigrazione, molto attuale, anche utilizzando immagini di repertorio degli anni 90' degli sbarchi delle navi albanesi in Italia. Il tema delle radici, della famiglia, della patria, del riscatto, della doppia faccia del successo e della facilità di passare dalle stelle alle stalle e viceversa sono il filo conduttore di quest'opera. La location esoterica molto suggestiva di questo film è un vero e proprio museo sotteraneo al centro di Roma, all'interno dell'Associazione Polmone Pulsante, che è possibile visitare su appuntamento. Pur soffrendo del fatto di essere una produzione indipendente, ritengo sia un film da andare a vedere. Avessi fatto io il montaggio, avrei tagliato una 20 di minuti di film che ritengo leggermente ridondanti, il cui il Regista accompagna lo spettatore passo per passo non lasciando niente alla sua fantasia, quasi non lo ritenesse in grado di farlo da sé...
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taniasabatino
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giovedì 16 marzo 2017
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idea da premiare
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In un momento storico in cui a farla da padrone, nel cinema, sono i grandi "effetti speciali", cui sembrerebbe, a volte, corrispondere una povertà di contenuti, Fabio Del Greco tenta di dar corpo ad una scommessa: quella di raccontare i sogni di successo, ma anche la disperazione, di un ragazzo che,nelle sue varie sfaccettature, potrebbe rappresentare l'alterego di ognuno di noi.
A portarlo in Italia è stato un viaggio pericoloso. Un viaggio verso una terra di grandi promesse. Questo viaggio, oltre che un viaggio fisico e fattuale, potrebbe rappresentare anche il viaggio metaforico che ognununo intraprende alla ricerca del suo "legittimo" posto nel mondo.
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In un momento storico in cui a farla da padrone, nel cinema, sono i grandi "effetti speciali", cui sembrerebbe, a volte, corrispondere una povertà di contenuti, Fabio Del Greco tenta di dar corpo ad una scommessa: quella di raccontare i sogni di successo, ma anche la disperazione, di un ragazzo che,nelle sue varie sfaccettature, potrebbe rappresentare l'alterego di ognuno di noi.
A portarlo in Italia è stato un viaggio pericoloso. Un viaggio verso una terra di grandi promesse. Questo viaggio, oltre che un viaggio fisico e fattuale, potrebbe rappresentare anche il viaggio metaforico che ognununo intraprende alla ricerca del suo "legittimo" posto nel mondo. Un viaggio dove il riconoscimento di un ruolo e di specifiche competenze equivale al vedersi riconosciuti un'identità e l'appartenenza a un contesto.
E poi c'è l'ubriacatura: quella di sentire di aver fatto il "salto", di essere arrivati tra quelli che contano e di poter finalmente, di riflesso, sentire di contare.
Ma l'ubriacatura, a volte, offusca la vista, non lasciando cogliere i segnali rivelatori di ciò che avviene "dietro le quinte" e facendo dimenticare che nessuno fa niente per niente. Facendo dimenticare che a dominare tutto è, in realtà, il proprio tornaconto.
Fabio Del Greco questo lo sa e sembrerebbe riversare in questa pellicola svariati frammenti della sua storia personale, dei suoi passi, anche di quelli fallaci, delle sue illusioni, delusioni e disillusioni.
Proprio perchè in questa storia narrata vi sono tanti pezzi della sua propria storia, egli accetta la scommessa di mettere a nudo la sua anima, consapevole dei rischi che sempre ci sono quando ci si espone e delle inevitabili pecche legate alla scarsità di mezzi. Una scarsità di mezzi che però non riesce a tacitare la creativutà e la voglia di dire e denunciare.
Ne nasce un film dai picchi oniroidi, in cui fanno incursione, con forza, tanti temi collaterali, anche quelli relativi alla voglia di riscoprire (o di potersela raccontare in tal senso) la propria spiritualità, rincorrendo l'ennesima moda new age, con le sue derive più estreme. Una spiritualità presentata nella sua veste più estremizzata che, per molti versi, forse serve solo a mettere a tacere quella "cattiva coscienza" di cui parla Zygmunt Bauman, che crede di poter comprare tutto e di poter riempire i suoi "vuoti" con l'ennesimo giro di shopping.
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dario
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giovedì 16 marzo 2017
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un ottimo film
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Un ottimo film indipendente realizzato con pochi mezzi finanziari ma con grande passione.
Molto profondo!
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