carloalberto
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lunedì 24 gennaio 2022
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tu vuò fà l''americano
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E’ uno spaccato impietoso della società contemporanea cinese, modernista e capitalista, in linea con l’esordio di The Pickpocket del 1997.
Jia Zhangke, tuttavia, abbandonando il neorealismo del suo primo film, per girare all’americana, ispirandosi allo stile hollywoodiano ed in particolare, nel primo episodio, a Tarantino, cade in una evidente contraddizione. Filma con spirito critico, infatti, la crescente occidentalizzazione del suo Paese, senza rendersi conto che egli stesso insegue, come tutti in Oriente, dai parrucchieri ai produttori di conserve, toccando anche i cineasti, il modello vincente nel mondo globalizzato.
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E’ uno spaccato impietoso della società contemporanea cinese, modernista e capitalista, in linea con l’esordio di The Pickpocket del 1997.
Jia Zhangke, tuttavia, abbandonando il neorealismo del suo primo film, per girare all’americana, ispirandosi allo stile hollywoodiano ed in particolare, nel primo episodio, a Tarantino, cade in una evidente contraddizione. Filma con spirito critico, infatti, la crescente occidentalizzazione del suo Paese, senza rendersi conto che egli stesso insegue, come tutti in Oriente, dai parrucchieri ai produttori di conserve, toccando anche i cineasti, il modello vincente nel mondo globalizzato.
I protagonisti sono quattro personaggi, con storie diverse, che incrociano i loro percorsi, anche soltanto di sfuggita, e quasi si passassero l’un l’altro una sorta di maledizione, come accade ne’ Il tocco del male di Hoblit, incontrano tutti un destino orribile.
Il primo episodio è il più riuscito, mentre gli altri si trascinano senza mordente, alcuni annoiando per la lunghezza inutile del racconto, seguendo pedissequamente l’intento dell’autore, che, attraverso personaggi paradigmatici, vuole dimostrare ad ogni costo la sua tesi, ovvero che il mondo attuale, tra bordelli, funzionari corrotti e malavita organizzata, è il male assoluto e per i giovani non c’è altra via di uscita se non la tragica scelta del ragazzo dell’ultimo episodio, esageratamente pessimista, che sa di artificiosamente ideologico ed anche in questo caso mutuato da una visione occidentale, che già dagli albori della nascente società tecnologizzata dei consumi e dello sfruttamento capitalistico, ha un atteggiamento critico verso la modernità.
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enzo70
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venerdì 8 luglio 2016
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un tocco di cina
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Un tocco di Cina, con quattro storie diverse che danno uno spaccato intelligente di un grande paese. Nel primo episodio un uomo onesto combatte inutilmente la corruzione di un potente imprenditore dello Shanxi; e la battaglia finirà nel sangue; nel secondo episodio sono i ritmi della quotidianità cinese a farla da protagonisti; mentre nel terzo e nel quarto episodio Jia Zhangke propone due diverse storie legate al mondo della prostituzione in Cina. Quattro episodi diversi che, però, hanno il proprio filo conduttore nella storia della Cina e nel suo momento storico di sviluppo su un modello, quello capitalistico, molto diverso dalla matrice culturale del Paese. Jia Zhangke è un regista potente, impetuoso, e fa parte della nuova generazione di autori cinesi che consentono al mondo di apprezzare la cultura di un grande Paese.
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Un tocco di Cina, con quattro storie diverse che danno uno spaccato intelligente di un grande paese. Nel primo episodio un uomo onesto combatte inutilmente la corruzione di un potente imprenditore dello Shanxi; e la battaglia finirà nel sangue; nel secondo episodio sono i ritmi della quotidianità cinese a farla da protagonisti; mentre nel terzo e nel quarto episodio Jia Zhangke propone due diverse storie legate al mondo della prostituzione in Cina. Quattro episodi diversi che, però, hanno il proprio filo conduttore nella storia della Cina e nel suo momento storico di sviluppo su un modello, quello capitalistico, molto diverso dalla matrice culturale del Paese. Jia Zhangke è un regista potente, impetuoso, e fa parte della nuova generazione di autori cinesi che consentono al mondo di apprezzare la cultura di un grande Paese. Ed anche in questo film, sicuramente più commerciale rispetto ad alcuni suoi lavori precedenti, Still life su tutti, dimostra la sua capacità di rappresentazione di un mondo complesso come quello cinese. Alcune scene sono volutamente improntate ad un timbro violento, quasi squatter, insomma alla Tarantino per intenderci; il risultato è un film interessante in cui prevale, comunque, il primo episodio.
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stefano capasso
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sabato 19 luglio 2014
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i grandi contrasti
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Il tocco del peccato è un film sui contrasti dell’immenso mondo cinese. Sono raccontate 4 storie con altrettanti protagonisti che si passano il testimone, incrociandosi, tra un episodio e l'altro. Tutti sono accomunati da una profonda insoddisfazione della propria vita e possono a trasformare questo stato solo con un gesto violento e definitivo. Sebbene le morti per assassinio siano il filo conduttore di tutti gli episodi la violenza rimane un motivo sottostante. E sembra comunque essere l'unica risposta possibile alle grandi disuguaglianze che vengono rappresentate. Classi sociali a confronto, i più poveri che servono i ricchi sotto diverse forme: come operai di fabbrica maltratti, come prostitute in locali altamente sofisticati.
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Il tocco del peccato è un film sui contrasti dell’immenso mondo cinese. Sono raccontate 4 storie con altrettanti protagonisti che si passano il testimone, incrociandosi, tra un episodio e l'altro. Tutti sono accomunati da una profonda insoddisfazione della propria vita e possono a trasformare questo stato solo con un gesto violento e definitivo. Sebbene le morti per assassinio siano il filo conduttore di tutti gli episodi la violenza rimane un motivo sottostante. E sembra comunque essere l'unica risposta possibile alle grandi disuguaglianze che vengono rappresentate. Classi sociali a confronto, i più poveri che servono i ricchi sotto diverse forme: come operai di fabbrica maltratti, come prostitute in locali altamente sofisticati. E sullo sfondo l'ambientazione dei paesaggi cinesi che essa stessa fotografa continuamente l'enorme varietà delle situazioni ambientali, geologiche e sociali che la Cina presenta. Villaggi rurali fermi a tempi remoti, periferie di grandi città degradate sullo sfondo di grattacieli moderni, locali costosissimi per ricchi viziosi e annoiati, tecnologia avanzata e manualità antica. Convivono tutte queste anime così distanti tra loro, che non trovano integrazione se non in quella forzata dettata dalla necessita che gli uni hanno degli altri. E tutti cercano una vita diverse da quella che hanno.
Il film del Jia Zhangke interessante anche e forse soprattutto per la fotografia. Anch'essa sottolinea e accentua contrasto, oscillando tra il naturalismo e il tecnologico, tra nature morte e pose di grande effetto visivo. Un film sempre in evoluzione, a tratti sorprendente; potente pur senza picchi emotivi che dipinge bene il mondo cinese, complesso, diversificato e costantemente in movimento.
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dandy
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domenica 6 luglio 2014
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fu-cina d'inferno.
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Ispirandosi a fatti di cronaca nera,il film di Jia(che sceneggia)mostra una società cinese odierna raggelante e sconsolata,dove più che mai i contrasti tra ricchi e poveri sono evidenti e la violenza sembra la sola risposta alla totale mancanza di dignità.I quattro episodi,in parte legati fra loro da personaggi,narrano attraverso storie private di "ordinaria follia" temi ben precisi(la corruzione che annienta leggi e e persone;il totale disprezzo della vita;lo sfruttamento femminile e il peso che reca il denaro)da sempre ammorbiditi o del tutto aggirati nel cinema cinese.La violenza rimanda a Takeshi Kitano(co-produttore)e Takashi Miike,ma non è imprevedibile come nei film del primo,nè spettacolarizzata o eccessiva come in quelli del secondo.
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Ispirandosi a fatti di cronaca nera,il film di Jia(che sceneggia)mostra una società cinese odierna raggelante e sconsolata,dove più che mai i contrasti tra ricchi e poveri sono evidenti e la violenza sembra la sola risposta alla totale mancanza di dignità.I quattro episodi,in parte legati fra loro da personaggi,narrano attraverso storie private di "ordinaria follia" temi ben precisi(la corruzione che annienta leggi e e persone;il totale disprezzo della vita;lo sfruttamento femminile e il peso che reca il denaro)da sempre ammorbiditi o del tutto aggirati nel cinema cinese.La violenza rimanda a Takeshi Kitano(co-produttore)e Takashi Miike,ma non è imprevedibile come nei film del primo,nè spettacolarizzata o eccessiva come in quelli del secondo.E' sconvolgente e cruda,impassibile e senza enfasi,specie nel primo e nel terzo episodio(la scena in cui il cliente schiaffeggia la protagonista con la mazzetta resta impressa).Il quarto,apparentemente più leggero e scanzonato,ha la conclusione tragica più spiazzante.Le azioni estreme dei protagonisti finiscono per essere la conseguenza di un ambiente circostante disastrato e disumanizzato dall'avanzare del progresso,del tutto alieno alle esigenze del singolo.Una volta tanto certi simbolismi non stonano(le scene con gli animali,l'apparizione improvvisa di un quadro con la Madonna),e certi passaggi non chiariti hanno comunque eloquenza.Uno dei migliori esempi di cinema asiatico del 2000,non per le anime sensibili ma coraggioso e coinvolgente,lucido e commovente.Il titolo e la scena in cui la protagonista del terzo episodio reagisce sono tratti da "A Touch of Zen-La fanciulla cavaliere errante".
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giulio strata
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venerdì 9 maggio 2014
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la cina di zhangke tra violenza pulp e silenzi
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Una delle sensazioni che si prova, o forse la più forte, dopo aver visto l'ultimo film di Jia Zhangke, Il tocco del peccato, è quella di spaesamento. Perchè quando pensiamo alla Cina non ci immaginiamo un motociclista che vaga in mezzo a montagne deserte e che fa fuori a sangue freddo tre ragazzi, dopo che questi avevano tentato di derubarlo. L'inizio del film, quello appena descritto, ci catapulta in una realtà cruda, cinica e violenta, quella della Cina dei giorni nostri, non una realtà feudale a noi lontana. Nel passaggio dalle quattro storie raccontate, la situazione non cambia, si evolve anzi in una maggiore efferatezza, laddove la violenza fisica diminuisce, quella delle emozioni e psicologica viene quasi esasperata.
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Una delle sensazioni che si prova, o forse la più forte, dopo aver visto l'ultimo film di Jia Zhangke, Il tocco del peccato, è quella di spaesamento. Perchè quando pensiamo alla Cina non ci immaginiamo un motociclista che vaga in mezzo a montagne deserte e che fa fuori a sangue freddo tre ragazzi, dopo che questi avevano tentato di derubarlo. L'inizio del film, quello appena descritto, ci catapulta in una realtà cruda, cinica e violenta, quella della Cina dei giorni nostri, non una realtà feudale a noi lontana. Nel passaggio dalle quattro storie raccontate, la situazione non cambia, si evolve anzi in una maggiore efferatezza, laddove la violenza fisica diminuisce, quella delle emozioni e psicologica viene quasi esasperata. Tutto questo è raccontato con molti silenzi e col potere delle immagini, che Jia Zhangke dimostra ancora una volta di sapere padroneggiare da vero maestro, in una maniera totalmente anti-occidentale, e quindi anche in questo caso rimaniamo spaesati, perchè non abbiamo la macchina da presa pulp alla Tarantino durante le uccisioni o le violenze, ma una semlice camera che tagli i personaggi e ce li mostra come semplici esseri umani, che non possono opporsi al loro destino e solo il peccato può portare loro una liberazione.
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flyanto
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mercoledì 27 novembre 2013
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la violenza imperante e sempre più dilagante della
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Film in cui si raccontano quattro storie di diversi personaggi rappresentanti sotto molti aspetti la Cina dei nostri giorni. C'è il minatore che si ribella ai soprusi del proprio padrone e dei colleghi a lui affiliati eliminandoli a colpi di fucile, c'è un giovane che dopo essere ritornato a casa per il Capodanno cinese arrivato di nuovo nella città violente e frenetica comincia a sparare all'impazzata alle persone, derubandole, c'è poi una giovane receptionist di una centro massaggi che dopo essere stata pesantemente molestata da due clienti per difesa ne uccide uno finendo ovviamente in carcere ed infine c'è un giovane che, con la speranza di trovare un tipo di vita migliore, cambia spesso lavoro ma inutilmente perchè per lui il destino pare ormai segnato.
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Film in cui si raccontano quattro storie di diversi personaggi rappresentanti sotto molti aspetti la Cina dei nostri giorni. C'è il minatore che si ribella ai soprusi del proprio padrone e dei colleghi a lui affiliati eliminandoli a colpi di fucile, c'è un giovane che dopo essere ritornato a casa per il Capodanno cinese arrivato di nuovo nella città violente e frenetica comincia a sparare all'impazzata alle persone, derubandole, c'è poi una giovane receptionist di una centro massaggi che dopo essere stata pesantemente molestata da due clienti per difesa ne uccide uno finendo ovviamente in carcere ed infine c'è un giovane che, con la speranza di trovare un tipo di vita migliore, cambia spesso lavoro ma inutilmente perchè per lui il destino pare ormai segnato.Quest'opera di Jia Zhang-Ke rappresenta in maniera diretta e cruda la condizione della Cina contemporanea dove la violenza, i soprusi e la corruzione sembrano dominare sui valori e sugli onesti principi morali. Un mondo dove vige anche molta indifferenza e dove ognuno cerca di guadagnarsi, metaforicamente parlando, il proprio territorio a qualsiasi prezzo, se è il caso anche attraverso la violenza e la ribellione personale. Le creature più sensibili e dunque più deboli, quali in questo film sono rappresentate dalla receptionist ed dal giovane che cambia sempre lavoro, costituiscono proprio coloro che, non uniformandosi a questa legge di violenza e soprusi ormai vigente nella società, non sanno adattarvisi e pertanto sono destinati a soccombere miseramente od a vivere con un perenne senso di colpa. Al di là del fascino che il territorio cinese e dell'Oriente in generale possa esercitare sugli individui, in questa pellicola viene denunciata la reale situazione del paese e dei suoi abitanti soprattutto, ormai ridotti come belve. La visione del regista, forse, risulta alquanto pessimistica ma sicuramente non priva, purtroppo, di profonda verità. Per riflettere e comunque assaporare dell'ottimo cinema.
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lucaapollo
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mercoledì 27 novembre 2013
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rettifica voto
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ho scordato di mettere il voto alla mia recensione precedente. (tre stelle) Potete rettificare?
Grazie.
Luca
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lucaapollo
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mercoledì 27 novembre 2013
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morale universale in salsa cinese.
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Quattro episodi slegati, dalla narrazione rarefatta, che rappresentano una Cina iperrealistica.
Un vendicatore frustrato non sopporta la predazione dei nuovi ricchi superficiali e corrotti, e finisce per fare una inutile e autodistruttiva carneficina.
Un killer demotivato cerca un senso alla vita ripetendo le sue azioni, e lascia la famiglia desolata.
Una dolce receptionist spera di ottenere l'impossibile sistemazione dal suo amante sposato (gli uomini sono tutti uguali, anche in Cina), e perde il senno di fronte alla prepotenza di due mafiosi volgari e desiderosi.
Un ragazzetto debole cerca un improbabile sogno, si innamora di una entreneuse con i piedi per terra, e finisce giù dal balcone di una fabbrica-alveare, non si sa se più deluso dal marciume dei clienti o dalla grettezza delle necessità quotidiane.
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Quattro episodi slegati, dalla narrazione rarefatta, che rappresentano una Cina iperrealistica.
Un vendicatore frustrato non sopporta la predazione dei nuovi ricchi superficiali e corrotti, e finisce per fare una inutile e autodistruttiva carneficina.
Un killer demotivato cerca un senso alla vita ripetendo le sue azioni, e lascia la famiglia desolata.
Una dolce receptionist spera di ottenere l'impossibile sistemazione dal suo amante sposato (gli uomini sono tutti uguali, anche in Cina), e perde il senno di fronte alla prepotenza di due mafiosi volgari e desiderosi.
Un ragazzetto debole cerca un improbabile sogno, si innamora di una entreneuse con i piedi per terra, e finisce giù dal balcone di una fabbrica-alveare, non si sa se più deluso dal marciume dei clienti o dalla grettezza delle necessità quotidiane.
Quattro personaggi, accomunati da una ricerca di realizzazione blanda e sfocata, che si infrange contro le più comuni bassezze della società. Di quella cinese, come di ogni altra. Quattro storie che ci ricordano come sia un senso morale condiviso a permettere alle persone miti di non soccombere.
Un tema universale con una bella vista sul mondo cinese, rappresentato nel pudore speciale tra le persone e nelle immagini del deserto, degli interni, delle architetture.
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luca cusani
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lunedì 25 novembre 2013
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la discesa agli inferi
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Il film rappresenta una inesorabile discesa negli inferi nella società cinese. La discesa avviene attraverso un meccanismo di degradazione che riguarda sia la consapevolezza dei personaggi che diventano killer spietati, sia la "potenza" delle armi di cui si servono. Il primo personaggio è quello che potremmo definire l' "eroe proletario" che, non solo è consapevole del torto subito dal capitalista di turno senza scrupoli, ma decide anche di dar seguito a questa consapevolezza vendicandosi in prima persona e facendo, alla stregua di Kitano che è infatti produttore del film, una vera e propria splatterisssima carneficina. La sua arma è un fucile da caccia. Il secondo personaggio è un bandito, perfettamente consapevole della violenza che arreca, ma assolutamente slegato da qualsiasi rivendicazione sociale.
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Il film rappresenta una inesorabile discesa negli inferi nella società cinese. La discesa avviene attraverso un meccanismo di degradazione che riguarda sia la consapevolezza dei personaggi che diventano killer spietati, sia la "potenza" delle armi di cui si servono. Il primo personaggio è quello che potremmo definire l' "eroe proletario" che, non solo è consapevole del torto subito dal capitalista di turno senza scrupoli, ma decide anche di dar seguito a questa consapevolezza vendicandosi in prima persona e facendo, alla stregua di Kitano che è infatti produttore del film, una vera e propria splatterisssima carneficina. La sua arma è un fucile da caccia. Il secondo personaggio è un bandito, perfettamente consapevole della violenza che arreca, ma assolutamente slegato da qualsiasi rivendicazione sociale. Lo fa per soldi e per noia. La sua arma è una pistola automatica. Il terzo protagonista è una donna che lavora in un centro massaggi a luci rosse. La sua furia omicida è frutto di una reazione istintiva di cui in seguito sembra rendersi conto e, forse, anche pentirsi. La sua arma è un coltello. Infine l'ultimo personaggio: un ragazzino che si innamora di una giovane escort e, data l'impossibilità del suo amore, finisce a lavorare in una di quelle fabbriche mostro cinesi dove ormai avviene il sessanta per cento della produzione mondiale. La sua arma di rivendicazione sarebbe una spranga ma in realtà la sua resa è totale.
Alla fine il regista inquadra i volti di una piccola folla di cinesi, uomini e donne qualunque e chiede loro di rendersi conto del peccato. Quale peccato? Probabilmente quello di non ribellarsi come il primo eroe ad un sistema capitalistico che ormai ha reso completamente insensate le loro vite.
Marxismo quasi scientifico.
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