steffa
|
lunedì 22 gennaio 2024
|
mediocre
|
|
|
|
inizio a coniderare Von Trier un genio inconpleto, o forse un mezzo genio , tecnicamente un grandissimo regista ma a livello di sceneggiature è davvero molto sguarnito , tutte le sue opere risultano estremamente vuote in contenuti, e la ricerca esasperata all'originalità alla lunga diventa pateticamente macchinosa ed artefatta, assolutamente noioa e poco interessante, risultando stravagante anziche geniale
|
|
[+] lascia un commento a steffa »
[ - ] lascia un commento a steffa »
|
|
d'accordo? |
|
stefanocapasso
|
venerdì 16 maggio 2014
|
potere e approvazione
|
|
|
|
Lars Von Trier in questa commedia di stampo decisamente teatrale compie una indagine ironica sul rapporto tra regista e attore, sul rispettivo bisogni di sentirsi importante, sui loro vezzi e su come usano il loro potere per condizionando il percorso di una messa in scena.
In questo caso i ruoli sono traslati in quelli di un capo di un azienda informatica, che è sempre rimasto in incognito per risultare amabile agli occhi dei dipendenti, ed un attore assoldato per interpretare la figura del capo che decide di vendere l'azienda ed affrontare quindi i dipendenti.
In un continuo di equivoci e ribaltamento di ruoli, i due portano avanti un balletto che li vede al tempo stesso desiderosi di esercitare il proprio potere e al tempo stesso di essere approvati dalla comunità.
[+]
Lars Von Trier in questa commedia di stampo decisamente teatrale compie una indagine ironica sul rapporto tra regista e attore, sul rispettivo bisogni di sentirsi importante, sui loro vezzi e su come usano il loro potere per condizionando il percorso di una messa in scena.
In questo caso i ruoli sono traslati in quelli di un capo di un azienda informatica, che è sempre rimasto in incognito per risultare amabile agli occhi dei dipendenti, ed un attore assoldato per interpretare la figura del capo che decide di vendere l'azienda ed affrontare quindi i dipendenti.
In un continuo di equivoci e ribaltamento di ruoli, i due portano avanti un balletto che li vede al tempo stesso desiderosi di esercitare il proprio potere e al tempo stesso di essere approvati dalla comunità. Gli impiegati, che fanno da spettatori, di volta in volta si schierano dalla parte del buono del momento.
Film che si basa su una intelligente scrittura, scandita da dialoghi pressoche continui, che rendono la sua fruizione poco agevole per un ambientazione cinematografica, perdendo la capacità di penetrate nel tessuto sociale raccontato.
E' comunque un lavoro interessante che con un esercizio di stile ritaglia e descrive un microcosmo di una comunità, quella di un gruppo di lavoro, dove le relazioni esplicite e quelle segrete prendono pieghe spesso imprevedibili
[-]
|
|
[+] lascia un commento a stefanocapasso »
[ - ] lascia un commento a stefanocapasso »
|
|
d'accordo? |
|
dave san
|
giovedì 21 novembre 2013
|
da teatro-cinema a cinema-teatro
|
|
|
|
Il fantomatico amministratore di un’azienda in cessione ingaggia un attore che finga di essere il capo, concretandosi ai dipendenti. La simulazione sembra efficace, all’inizio. La situazione non tarderà a precipitare. In Dogville Lars Von Trier non utilizza ambientazioni realistiche, ma le evoca. La scenografia è sostanzialmente astratta. Il Grande Capo fa il contrario. La tecnica di regia èsempre personale e l’intreccio si svolge in location vere e proprie. L’interazione tra i personaggi ricorda alcune dinamiche da luogo di lavoro, deformate nell’iperbolica caricatura Fantozziana (icona italica). Diversamente dal Nostro, questa storia e il suo stile generano un comico senz'altro più realistico, misurato e sottile.
[+]
Il fantomatico amministratore di un’azienda in cessione ingaggia un attore che finga di essere il capo, concretandosi ai dipendenti. La simulazione sembra efficace, all’inizio. La situazione non tarderà a precipitare. In Dogville Lars Von Trier non utilizza ambientazioni realistiche, ma le evoca. La scenografia è sostanzialmente astratta. Il Grande Capo fa il contrario. La tecnica di regia èsempre personale e l’intreccio si svolge in location vere e proprie. L’interazione tra i personaggi ricorda alcune dinamiche da luogo di lavoro, deformate nell’iperbolica caricatura Fantozziana (icona italica). Diversamente dal Nostro, questa storia e il suo stile generano un comico senz'altro più realistico, misurato e sottile. Si tratta di una commedia satirica sul presente. Il film è del 2006. Come tutte le vicende rappresentate da registi complessi, il film è al servizio di una tesi affermativa e premonitrice: i giochi di potere finanziario, i passaggi di mano inguantati e poco trasparenti, piccoli e grandi mostri generati dalle circostanze. Il pubblico può cogliere il messaggio e scomporlo in responsabili e vittime di riferimento; potrà condividere, gradire, oppure no. Si tratta senz'altro di una commedia intellettuale, non soltanto di mero intrattenimento. Eppure la pellicola è godibile e relativamente leggera.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a dave san »
[ - ] lascia un commento a dave san »
|
|
d'accordo? |
|
malofb
|
venerdì 24 maggio 2013
|
ciao
|
|
|
|
|
|
[+] lascia un commento a malofb »
[ - ] lascia un commento a malofb »
|
|
d'accordo? |
|
4ng3l
|
martedì 16 ottobre 2012
|
orribilmente brutto e insignificante
|
|
|
|
Innanzitutto non è una commedia, è una confusionaria distorsione cinematografica di qualsiasi incomprensibile intento avesse il regista e lo sceneggiatore. Non si salva nulla e leggere commenti positivi è assurdo, non c'è assolutamente nulla. Neanche tecnicamente da qualcosa. 0 totale.
|
|
[+] lascia un commento a 4ng3l »
[ - ] lascia un commento a 4ng3l »
|
|
d'accordo? |
|
gianleo67
|
mercoledì 10 ottobre 2012
|
sei personaggi in cerca di un capo-comico
|
|
|
|
Infingardo e cinico imprenditore di una società informatica assolda stravagante attore teatrale per recitare la parte del presidente della sua azienda, in procinto di essere ceduta all'insaputa dei sui ignari sottoposti. Le cose si complicano quando il 'grande capo' inizia a mostrare una inaspettata autonomia decisionale.
L'ideologo del 'Dogma' colpisce nel segno con questa estemporanea commedia degli equivoci dove l'assunto disimpegno del prologo viene smontato pezzo per pezzo tanto nella precisione accademica con cui costruisce il meccanismo narrativo (una recita nella recita sostenuta da un elegante artificio dialettico) quanto nella misura etica con la quale sovverte la logica (a volte solo presunta) delle relazioni umane, frutto più spesso dell'arbitrio e dell'imponderabile che di un consolidato sistema di valori (la venerazione per un misconosciuto autore teatrale diventa l'ago della bilancia da cui far pendere l'esito di decisioni cruciali).
[+]
Infingardo e cinico imprenditore di una società informatica assolda stravagante attore teatrale per recitare la parte del presidente della sua azienda, in procinto di essere ceduta all'insaputa dei sui ignari sottoposti. Le cose si complicano quando il 'grande capo' inizia a mostrare una inaspettata autonomia decisionale.
L'ideologo del 'Dogma' colpisce nel segno con questa estemporanea commedia degli equivoci dove l'assunto disimpegno del prologo viene smontato pezzo per pezzo tanto nella precisione accademica con cui costruisce il meccanismo narrativo (una recita nella recita sostenuta da un elegante artificio dialettico) quanto nella misura etica con la quale sovverte la logica (a volte solo presunta) delle relazioni umane, frutto più spesso dell'arbitrio e dell'imponderabile che di un consolidato sistema di valori (la venerazione per un misconosciuto autore teatrale diventa l'ago della bilancia da cui far pendere l'esito di decisioni cruciali).
Sebbene possa apparire come un espediente non troppo originale, il ricorso alla astrusa vaghezza terminologica come generatore di una esilarante ambiguità semantica perviene ad esiti di sicura efficacia nel definire le relazioni tra soggetti che partono da posizioni pregiudiziali e che, come i burattini di un prestabilito gioco delle parti, sembrano non possedere alcuna autonomia decisionale. Questo effetto di 'induzione alla recitazione' viene ancor più accentuato dall'esplicitarsi del ruolo demiurgico di un autore che attraverso le decisive incursioni della 'voice-over' detta programmaticamente le linee generali del processo creativo, introducendo i personaggi e sviluppando le situazioni verso uno sconcertante ed imprevedibile finale. Proprio mentre l'epilogo sembra indirizzarsi verso lo scontato clichè del cinema di genere, l'autore decide di esercitare il suo diritto di prelazione sulla storia ('il diritto,a differenza dell'arte, è una cosa concreta e precisa') esibendo l'efficacia di una procura inesplicabilmente scritta a suo favore sin dall'inizio e assumendo su di sè quella responsabilità così strenuamente rifuggita dai suoi personaggi in cerca di autore. Pirandelliano.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a gianleo67 »
[ - ] lascia un commento a gianleo67 »
|
|
d'accordo? |
|
erostrato
|
mercoledì 4 aprile 2012
|
noiosissimo
|
|
|
|
Lars Von Trier confeziona un film intelligente e caustico, senza rinunciare al tono da commedia brillante; l'esperimento è riuscito solo parzialmente perché il risultato, purtroppo, è di una noia mortale.
|
|
[+] lascia un commento a erostrato »
[ - ] lascia un commento a erostrato »
|
|
d'accordo? |
|
drysdale
|
martedì 13 marzo 2012
|
una lentezza esasperante.
|
|
|
|
A mio avviso, un film di una lentezza esasperante. Claustrofobico. Recitazione adeguata al soggetto, quindi ingiudicabile nella circostanza. La cattiveria del regista, riscontrata dal recensore, a me è sembrata solo
prolissa ripetizione di una scena/idea iniziale, condotta nella noia più totale. Il finale, vagamente sorprendente, dovrebbe confermare un'idea di base del regista. Ma se vuole essere una rappresntazione della psicologia umana, mi pare che qui la deformazione sia storpiante fino alla paranoia. Ribadisco: un film lento e noioso.
|
|
[+] lascia un commento a drysdale »
[ - ] lascia un commento a drysdale »
|
|
d'accordo? |
|
osteriacinematografo
|
mercoledì 15 febbraio 2012
|
la farsa rivelatrice di von trier
|
|
|
|
Lars von Trier non si toglie nemmeno il gusto della commedia. E lo fa a modo suo, naturalmente, realizzando un’opera grottesca, spietata, che analizza senza filtro e con amara ironia i rapporti interpersonali: ne “Il grande capo”, l’indagine è ambientata nel mondo del lavoro, dove gli interessi economici schiacciano inesorabilmente ogni altro tipo di valutazione.
Una ditta di informatica danese sta per essere ceduta a un magnate islandese.
[+]
Lars von Trier non si toglie nemmeno il gusto della commedia. E lo fa a modo suo, naturalmente, realizzando un’opera grottesca, spietata, che analizza senza filtro e con amara ironia i rapporti interpersonali: ne “Il grande capo”, l’indagine è ambientata nel mondo del lavoro, dove gli interessi economici schiacciano inesorabilmente ogni altro tipo di valutazione.
Una ditta di informatica danese sta per essere ceduta a un magnate islandese. Ravn è il proprietario occulto dell’azienda, ma non ha mai rivelato la sua identità, fingendosi mero portavoce del capo; gli islandesi esigono però di trattare con il proprietario in persona per la vendita in oggetto, e Ravn è costretto a ingaggiare un attore per sostenere la parte di Grande Capo.
Kristoffer, attore disoccupato con la fissa per il drammaturgo Gambini, ha un approccio spaesato e confuso al ruolo, tanta è la singolarità del gruppo direttivo della ditta e dei suoi componenti, caratterizzati da tendenze estreme e spassose: c’è chi è ossessionato e reso aggressivo dall’uggia autunnale della campagna danese, chi desidera concedersi sessualmente al presunto capo e chi lo vuole sposare, chi sussulta e piange ogni volta che una fotocopiatrice si aziona, chi ha bisogno di continui e patetici gesti d’affetto.
Kristoffer dovrà impegnarsi per studiare a fondo i co-protagonisti della storia, fino a comprendere come siano in realtà tutti strumenti inconsapevoli di Ravn, che finge di essere il loro migliore amico e poi segretamente medita di licenziarli e di attribuirsi in esclusiva il merito di un loro prodotto informatico.
Il capo Ravn rivelerà la sua vera faccia d’uomo cinico e privo di scrupoli, in grado di realizzare grandi profitti sfruttando il talento di queste persone e il loro investimento iniziale; l’altro Ravn, l’inoffensivo impiegato, il buon amico sempre disponibile a un abbraccio e a una parola di conforto, inizierà a vacillare sotto i colpi inferti in controffensiva dall’attore. Si, perché Kristoffer, lungo il sentiero tracciato da Von Trier, entra nella parte a tal punto che l’attore prevale sull’uomo, e, attraverso un serie di considerazioni tanto contraddittorie da costruire –infine e per negazione- una struttura coerente, terrà in pugno il suo pubblico fino all’ultimo istante, riscattando quel palcoscenico smarrito a livello professionale.
Il film procede per dialoghi incalzanti e fittissimi, con la voce di von Trier che saltuariamente irrompe sulla scena, fra gli scatti improvvisi e rivelatori dei personaggi coinvolti; la telecamera agisce senza operatore e in funzionalità random, cambiando e tagliando inquadratura a sua esclusiva discrezione (tecnica meglio nota come “Automavision”).
Il film può risultare difficoltoso di primo acchito, perché è necessario produrre uno sforzo per calarsi in quest’ambientazione estrema e teatralizzata, ma, una volta superata la decompressione percettiva, “Il grande capo” si rivela un’opera geniale, una lente di ingrandimento sulle manie, le debolezze, le viltà umane, che diverte, incuriosisce e a tratti angoscia lo spettatore in un tourbillon emotivo che non concede pause e si risolve in un finale imprevisto.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a osteriacinematografo »
[ - ] lascia un commento a osteriacinematografo »
|
|
d'accordo? |
|
amarolucano
|
venerdì 18 febbraio 2011
|
quando si scherza con la realtà...
|
|
|
|
In questo film si riesce a sorridere di drammi come quelli che si vivono quotidianamente nel mondo del lavoro dove il business, l'arrivismo e l'egoismo sono i valori che dominano. Non ci resta che ridere...
|
|
[+] lascia un commento a amarolucano »
[ - ] lascia un commento a amarolucano »
|
|
d'accordo? |
|
|