Jestem |
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Un film di Dorota Kedzierzawska.
Con Piotr Jagielski, Agnieszka Nagorzycka
Drammatico,
Ratings: Kids+16,
durata 95 min.
- Polonia 2005.
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Jestem - Io esisto
di Gaia ZamburliniFeedback: 210 |
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martedì 1 dicembre 2009 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Nel quarto film di Dorota Kedzierzawska, un bambino diventa per lo spettatore lo specchio di una vita, di un’ umile esistenza e di tutte le sue variazioni sul tema. Siamo in Polonia, tra paesaggi pittoreschi e realistici al tempo stesso: un barcone sul fiume, e le luci del tramonto che brillano; un grande albero sulla riva, e i suoi intricati rami in controluce; e ancora, dopo qualche scena, un villaggio dai toni decisamente rurali dove frotte di bambini si rincorrono ininterrottamente, costituendo l’unica vitalità di un paese di periferia dove si vocifera e dove gli uomini si riuniscono al bar per mercanteggiare -violando- quella che una donna definisce essere la sua dignità. Tuttavia, potremmo essere in Polonia o in un qualsiasi altro paese, in un qualsiasi tempo e epoca: e nonostante l’ambientazione possa mutare, la ricerca esistenziale del bambino rifletterebbe gli stessi sentimenti: amore e dolore, senso di libertà e sua negazione, propensione al voler vivere, e -contemporaneamente- annullarsi. Un undicenne (Piotr Jagielski) decide di vivere da solo in riva al fiume, perché non sopporta la vita difficile di un centro per bambini abbandonati, dove spesso è maltrattato dai coetanei, e obbligato a ripetere poesie a memoria: centro che, lungi dall’aiutarli a ricostruirsi una vita, è crudelmente volto al redimerli da un’esistenza disgraziata di fronte agli occhi di un Dio severo. La sua dimensione è legata all’abbandono della madre, che lui va spesso a trovare e che costantemente lo rifiuta: la reazione della donna è così animalesca che appare esageratamente fin troppo poco materna, seppure nella totale disperazione e abbandono della donna a una vita di corruzione carnale, con i clienti del bar che frequenta. E così, in una vita povera, il bambino riesce a trovare una dimensione ironicamente ricca, riempiendo il suo tempo della sua grande ambizione di diventare un poeta, nella passione per la musica, e nella scoperta dell’amore. E con le musiche di sottofondo di Michael Nyman (Lezioni di Piano), si può decisamente affermare che il film sia una trasposizione dell’arte nella vita, e della vita nell’arte, in un continuo rimando di suoni, immagini e parole. L’ amore è calato nell’innocenza di un età che sa comunicare affetto con gli occhi e leggere nell’anima. Le figure del ragazzino e della bambina di cui egli fa conoscenza (Agnieszka Nagorzycka), a dispetto di un contrastante universo adulto dalla dubbia capacità di saper ancora comprendere, e dunque amare, si stagliano con tutta la loro dolcezza; i due imparano ad ascoltarsi, a comprendersi, e ad amarsi innocentemente, con l’affetto di parole, carezze e bilgietti consegnati di sfuggita in un mondo che non sa dar loro attenzioni, e emozioni. Sembra esserci una speranza, tuttavia, alla quale ci volgiamo nel nome di un’esistenza che in tal modo sembra non poter essere spazzata dal superfluo, dai rapporti distorti, dall’incertezza di un mondo che certezze non può dare: Io sono (Jestem, dal titolo), dichiara il ragazzino, cosa importa chi, e con quale nome? Io esisto, affermandomi tale e quale in un mondo dove per esistere agli occhi degli altri c’è la necessita di essere qualcuno: la necessità di predicare, violare, spiare, distruggendo l’armonia musicale dell’esistenza. E’ sufficiente esistere per vedere la propria vita colorarsi di amore e sofferenza, assorbire sfumature, sperimentare e, infine, incondizionatamente amare, in un ipotetico mondo intriso di empatia, e poesia.
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