|
Nell'introduzione a "La piega" di Gilles Deleuze, a cura di Davide Tarizzo si legge: "Mentre per Kant il soggetto della libertà è un soggetto sostanziale (un'anima immortale) e orientato nella sua libertà (dall'imperativo categorico), per Deleuze il soggetto della scelta è disorientato ed eventuale. Il soggetto è disorientato, o è cieco se vogliamo, perché non pensa ancora quando sceglie di pensare: non pensa di scegliere, ma sceglie di pensare". Jonathan Caouette, giocando in prima persona, senza filtri (se non quello di un montaggio a dir poco underground, fatto di distorsioni dell'audio, registrazioni che si accavallano una sopra l'altra, voci fuori campo che evocano il senso di una storia che dal dramma a tratti insostenibile per la sua drammaticità si fa fiaba...una fiaba dove invece di esseri soprannaturali ci sono i film che Jonathan ama, le musiche dei Low, Iron and Wine, Cocteau Twins e Marianne Faithfull, i travestimenti del protagonista, le fattezze mostruose di stampo 'lynchano' che la provincia americana può assumere in certe sue pieghe) fa proprio questo e lo dimostra nella confessione (mancata) che chiude il film, quando cerca di spiegare la sua più grande paura (quella cioè di avere ereditato una qualche forma di pazzia dalla madre) di fronte all'obiettivo del suo Super 8. Lui sceglie di confessarsi, sceglie di pensare, sceglie di usare il Super 8 o il video o la fotografia come strumento per mettere in moto il suo pensiero, il suo sguardo retroattivo (uno sguardo retroattivo pesantemente ancorato al presente e la scelta di accogliere la madre Renée a New York lo dimostra). Jonathan nel finale, di fronte allo spettatore, palesa la propria impossibilità a scegliere (è troppo innamorato della madre) ma sceglie comunque di pensare. E Tarnation è il frutto di questo sforzo costante che sembra essere iniziato fin da quando a soli undici anni Jonathan metteva in scena degli atti unici per sé stesso, per dare una forma (sublimazione?) ai drammi a cui la vita lo ha messo di fronte.
La grandezza di questo documentario sta proprio nella presa di coscienza di questo autore/attore: sa di essere un soggetto disorientato ed eventuale, che si compie nel momento di filmare la pazzia della propria famiglia di origine (di cui la madre Renée è solo l'espressione più lampante, la punta dell'iceberg). Un attore/autore che decide di filmare e montare il suo film in un'ottica disorientata ed eventuale. Difficile stabilire quando Jonathan Caouette abbia iniziato a pensare a questo progetto; difficile però che tutto il materiale che vomita addosso al pubblico sia stato prodotto con la finalità di farne un film documentario. Tutto questo materiale è disorientato ed eventuale. E la forma montaggio scelta per dargli un senso narrativo lo è a sua volta. In questo senso Tarnation è un'opera unica, compatta, in cui emerge una coerenza tra forma e contenuto difficile da preventivare al 100% in fase di progettazione.
Equilibrio perfetto, atto di magia, alchimia allo stesso puro. Opera irripetibile ed insuperabile. Unica nel suo genere, ma capace per questo di definire un nuovo modo di concepire la forma del documentario (a questo punto veramente artistico!) e l'editing audio/video.
[+] lascia un commento a gianmarco.diroma »
[ - ] lascia un commento a gianmarco.diroma »
|