L'eau froide

Un film di Olivier Assayas. Con Virginie Ledoyen, László Szabó, Cyprien Fouquet, Ludovic Berthillot Drammatico, durata 90 min. - Francia 1994. MYMONETRO L'eau froide * * * 1/2 - valutazione media: 3,50 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

La dama e gli scacchi Valutazione 5 stelle su cinque

di gianmarco.diroma


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giovedì 27 settembre 2012

Chissà se l'acqua fredda scorre più veloce di quella calda. Di sicuro però nel gioco della dama i pedoni scorrono veloci, mentre in quello degli scacchi, nulla si muove senza essere stato stato prima ben ponderato. Ne L'eau froide come in Arancia Meccanica, ci sono dei giovani, "ribelli senza causa", ad essere arrabbiati e ad essere protagonisti. Ma se L'eau froide ha molto a che fare col gioco della dama, Arancia Meccanica, come il suo autore, tiene una forte affinità col gioco degli scacchi. La violenza infatti in Arancia Meccanica, si fa sistema, anello di congiunzione tra chi delinque e commette reato e chi per garantire una legalità che nulla a che fare con una certa idea di giustizia, si macchia della stessa violenza, passando dalle forze del crimine più o meno organizzato a quelle del (dis)ordine sicuramente organizzato. Ne L'eau froide invece la violenza non si fa mai sistema. Anzi, la rabbia non si trasforma mai in violenza. Perché la rabbia ne L'eau froide non ambisce a compiersi in quanto esercizio di potere, bensì trova una sua forma di sublimazione nel raccontare sé stessa, con "quel candore che solo i francesi hanno nel parlare di loro stessi". Con quel candore che rende perdonabile qualsiasi errore di Christine (colpa è parola desueta e difficilmente applicabile al mondo dei più piccoli o più giovani) e che fa apparire estremamente buffo l'ingenuo Gilles. Una rabbia però, che in un mondo dove le parole non sono importanti (parola ricorrente nel film è il verbo "giurare", dietro la quale ogni volta si nasconde una bugia, neanche tanto innocente, perché premeditata e funzionale al raggiungimento di uno scopo) impedisce al mondo dei giovani (i pedoni bianchi) di dialogare con quello degli adulti (i pedoni neri). L'autorevolezza del genitore lascia il posto solo alla sua autorità. Un'autorità che neppure viene contrastata, bensì proprio ignorata. Il mondo dei giovani si svolge fuori dalle mure domestiche, fuori dalla scuola, fuori da uno spazio familiare, dove il dialogo costante struttura essendo esso stesso struttura. Un discorso che vale molto per Gilles, meno per la sfortunata Christine, che non ha margine di manovra, stretta tra una madre che non si vuole sacrificare per lei, un padre picchiatore e l'istituto Beausoleil pronto ad accoglierla e a farla stare buona imbottendola di farmaci. Tutto scorre quindi: ed infatti dietro i due protagonisti, Gilles et Christine, Christine et Gilles, scorrono ragazzi che si passano dischi rubati, che si passano candelotti che non si capisce bene a cosa servano, soldi accartocciati utili solo per qualche baratto e non di certo per essere accumulati, cilum fumati in gruppo sulle note di Knocking' on Heaven's Door, danze attorno ad un immenso falò, pisciate di gruppo, e la distruzione (in questo caso sì, sistematica, anche se gioiosa e giocosa) di una casa abbandonata. Infine per chi dubiti del fatto che le ragazze siano più sgamate dei maschietti, la sequenza finale: è Christine infatti a sancire, nell'atto di abbandonare Gilles, il passaggio all'età adulta per entrambi. Un passaggio scritto su un foglio lasciato volutamente in bianco da Christine, su cui Gilles potrà scrivere la sua vita (che nella ferita infertagli da Christine potrà radicarsi in profondità) e che lo spettatore potrà augurarsi un pochino più serena per tutte le giovani donne, come il personaggio interpretato dalla bellissima Virginie Ledoyen, costrette, forse, ad una fuga senza fine.

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