BERLINALE 2020: IL TRIONFO ITALIANO E IL COMMOVENTE ORSO D'ORO PER RASOULOF

Si conclude la 70esima edizione tra cambiamenti, emozioni e vittorie. Premi importanti per Elio Germano e per gli sceneggiatori di Favolacce.

Tommaso Tocci, domenica 1 marzo 2020 - Gallery

Arrivi e ritorni italiani alla settantesima edizione della Berlinale, che ha visto due vittorie importanti nella serata di premiazione di sabato. I fratelli D'Innocenzo, registi del grottesco Favolacce, tornano nella capitale tedesca prendendo parte al prestigioso Concorso dopo la presenza di due anni fa in Panorama con l'esordio La terra dell'abbastanza (guarda la video recensione), e si prendono subito un premio importante come l'Orso d'argento per la migliore sceneggiatura, anch'esso di ritorno al nostro paese dopo il successo del 2019 nella stessa categoria per La paranza dei bambini (guarda la video recensione).

Film che distorce la struttura fiabesca in una forma repellente, e separa una periferia immaginaria romana tra le mancanze degli adulti e i segreti dei bambini, Favolacce proietta i due fratelli romani verso il successo internazionale e li annuncia anche come personaggi assoluti. A Berlino molti ne sono rimasti affascinati, grazie all'abbigliamento e al dialetto, alle pose mano nella mano e a quel "ti amo" che si sono scambiati ricevendo l'Orso sul palco.

Ritorna anche Elio Germano, che da protagonista di Favolacce vince l'Orso come migliore attore per un altro film italiano, Volevo nascondermi (guarda la video recensione) di Giorgio Diritti. Una performance impossibile da non notare, nei panni difficili del pittore Antonio Ligabue, che Germano porta con sé sotto lo smoking, raffigurato sulla maglietta. Con due ottimi ruoli in due film premiati, e con un premio alla Berlinale che si aggiunge a quello di Cannes del 2010 (per La nostra vita), il festival marca uno dei momenti più alti della carriera dell'attore romano.

L'altro arrivo italiano, ovviamente, è quello del nuovo direttore artistico, Carlo Chatrian. La fine dell'era Kosslick è un momento enorme per la Berlinale, e Chatrian ha condotto in porto un'edizione non straordinaria ma senza troppi turbamenti, che ha messo in mostra 340 film e che ha dovuto fronteggiare non solo un cambio al vertice, ma anche molti servizi ridotti (metro, negozi, ristoranti) e le emergenze di un mondo esterno che hanno giocoforza cambiato un po' pelle all'evento.
Tommaso Tocci

La si potrebbe dire un'edizione embrionale, con un concorso eterogeneo ma pieno di falle. La giuria presieduta da Jeremy Irons (e che includeva Luca Marinelli) ha assegnato un palmares variegato in cui spicca l'Orso d'oro al film iraniano There Is No Evil di Mohammad Rasoulof: quattro storie sul diritto di uccidere a Teheran, su dei soldati obbligati a portare a termine esecuzioni di prigionieri e su quale sia il prezzo di fare una scelta diversa.

Un drama sfaccettato e compiuto, con un'importanza culturale ancora più ampia; lo testimonia la consegna del premio, profondamente emozionata e collettiva, con la delegazione tutta coinvolta sul palco in supporto di Rasoulof, che è impossibilitato a lasciare l'Iran in seguito all'arresto nel 2019 per accuse di propaganda contro il paese. "Questi muri non funzionano, e non fermeranno la nostra immaginazione e il nostro amore" fanno appello i produttori del film dal palco, e per tutta conferma Rasoulof apparirà in modo indiretto quando l'attrice principale lo chiama al telefono in conferenza stampa, per consentirgli di rispondere alle domande sul suo film.

Tra gli altri vincitori, il Gran premio della giuria è andato a Never Rarely Sometimes Always di Eliza Hittman, film piccolo ma potente sull'aborto specialmente nel contesto americano, di grande attualità viste le elezioni in arrivo. Primo riconoscimento non legato all'attualità e alla politica è quello per la miglior regia, che va al cinema imperturbabile, zen e sempre uguale a se stesso di Hong Sang-soo. Il maestro coreano è stato premiato per The Woman Who Ran, deliziosa storia di amicizie che emergono dalle pieghe della conversazione in quel di Seoul, e che rimane un esempio di messa in scena superba nella sua solo apparente semplicità.

Paula Beer si affianca a Germano come miglior attrice per Undine, film di Christian Petzold che era rimasto a mani vuote due anni fa con il capolavoro Transit (guarda la video recensione), e che ora vede riconosciuta la sua ultima collaborazione con la coppia di star Beer-Franz Rogowski.
L'Orso per il contributo artistico va alla fotografia di Dau. Natasha, mentre un Orso speciale per la settantesima edizione premia la surreale commedia francese Effacer l'historique. Tra le opere meritevoli lasciate a mani vuote vanno citate l'ennesima perla silenziosa di Kelly Reichardt, First Cow, l'ennesimo impressionante mondo a sé di Tsai Ming-liang, Days, e un Abel Ferrara che invece è in continua evoluzione, e il cui Siberia (guarda la video recensione) è un magma psicanalitico dotato di un'energia unica.

E se la migliore opera prima è stata ritenuta il colombiano Los Conductos di Camilo Restrepo, un giusto riconoscimento è andato anche al maestro Rithy Panh, che ha ricevuto il Berlinale Documentary Award per Irradiated. Un inno alla pace che colpisce duro allo stomaco rielaborando le immagini dei peggiori orrori delle guerre del ventesimo secolo. Panh ha dedicato il film, sublime e tremendo allo stesso tempo, alla memoria di chi ci ha lasciato e di chi ha resistito, in nome della libertà da difendere sempre.

Oltre ai premi principali ci sono poi quelli per la sezione Encounters, la novità più importante della gestione Chatrian. Di certo un successo per il livello dei film, con molti titoli che sono riusciti a ritagliarsi uno spazio nella conversazione festivaliera, questo Concorso aggiuntivo toglie però un po' di lustro tanto ai film in corsa per l'Orso d'oro quanto alle sezioni Forum e Panorama.

Un caso su tutti: Cristi Puiu, peso massimo del cinema europeo che ha aperto l'evento e che senza sorprese ha ricevuto il premio per la miglior regia del suo Malmkrog, film alienante dalla lunga durata e dall'ampio respiro filosofico. Un affresco storico che in un Concorso molto fratturato avrebbe sicuramente trovato il suo spazio, ma che testimonia della grande spinta che il nuovo team festivaliero voleva dare a Encounters. Miglior titolo in assoluto della nuova sezione è The Works and Days (of Tayoko Shiojiri in the Shiotani Basin) di C.W. Winter e Anders Edström, cronaca epica - in otto ore - dei campi, delle stagioni e delle famiglie di un piccolo villaggio giapponese.

In foto Damiano D'Innocenzo e Fabio D'Innocenzo, vincitori dell'Orso d'argento per la miglior sceneggiatura con il film Favolacce.
In foto l'attore Elio Germano, vincitore dell'Orso come miglior attore per Volevo nascondermi.
In foto Baran Rasoulof, attrice del film There Is No Evil vincitore dell'Orso d'oro, chiama il regista Mohammad Rasoulof.
In foto il nuovo direttore artistico Carlo Chatrian insieme a Mariette Rissenbeek.
In foto Eliza Hittman, regista di Never Rarely Sometimes Always, film vincitore del Gran premio della giuria.
In foto Paula Beer, vincitrice dell'Orso come miglior attrice per il film Undine.
In foto Carlo Chatrian, Luca Marinelli, Kleber Mendonca Filho, Bettina Brokemper, Annemarie Jaci, Jeremy Irons, Berenice Bejo e Mariette Rissenbeek.
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