Tarzan e Arab Nasser trasformano Gaza in un palcoscenico sospeso tra sogno e rovina, ironia e disperazione, firmando un film imperfetto ma pulsante di vita. In UCR
di Gianluca Arnone La Rivista del Cinematografo
Sporco. Dolente. Ironico. Once Upon a Time in Gaza dei fratelli Tarzan e Arab Nasser arriva come una scheggia impazzita in mezzo al cinema ovattato dei buoni sentimenti. Un film piccolo, in apparenza, ma pronto a deflagrare sotto la pelle. Gaza non come simbolo, Gaza non come vittimismo, Gaza come spazio concreto, slabbrato, sporco di sabbia, di sangue e di risate amare.
Il film comincia come una fiaba nera. "C'era una volta", sì, ma qui il lieto fine è una chimera sbriciolata sotto i razzi. Ecco allora un gruppo di amici, Yahya l'attore mancato, Osama il fratello d'elezione, la banda improvvisata a sognare un altrove impossibile. [...]
di Gianluca Arnone, articolo completo (2651 caratteri spazi inclusi) su La Rivista del Cinematografo 19 maggio 2025