Giampiero Raganelli
Quinlan
«Non vogliamo un nuovo Gilad Shalit», dice una signora in un affollato bar di Tel Aviv, alludendo al soldato israeliano che è stato rapito e tenuto prigioniero dai militanti palestinesi per cinque anni. Una psicosi che tiene banco in una società, come quella israeliana, dominata dalla tensione continua per un conflitto che sembra non aver fine. E un sentimento che è particolarmente sensibile per i rapiti, più che per i caduti, che significa impotenza, umiliazione. Gilad Shalit fu in effetti liberato con uno scambio di prigionieri, laddove in cambio di un soldato, lo stato israeliano rilasciò un migliaio di detenuti palestinesi. [...]
di Giampiero Raganelli, articolo completo (2506 caratteri spazi inclusi) su Quinlan 23 agosto 2023