samanta
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domenica 2 agosto 2020
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l''abisso dell''alcolizzato
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Billy Wilder è stao uno dei più grandi registi di Holllywood (2 Oscar per la regia e 3 per la sceneggiatura) per Giorni Perduti ricevette 2 Oscar (regia e sceneggiatura,) aveva la capacità di passare con disinvoltura da film drammatici (L'asso nella manica, Viale del Tramonto) a commedie (Sabrina, A qualcuno piace caldo, L'appartamento, Prima pagina) .
Questo film per la prima volta affronta in modo tragico il degrado di un alcolizzato. Don (Ray Milland: Oscar come migliore attore proprio con questo film, innumerevoli film tra cui Delitto Perfetto di Hitchcock con Grace Kelly) è uno scrittore fallito: grandi speranze all'inizio per qualche breve racconto pubblicato e poi nulla, non riuscendo a scrivere un romanzo e da 6 anni (ora ne ha 36), è un alcolizato, vive in un alloggio le cui spese (affitto, persona di servizio) sono pagate dal fratello Philipp che ha cercato, inutilmente di salvarlo dal suo degrado, spargendo la voce nei bar e negozi del vicinato di non dargli whisky e lesinandogli i soldi, Don con furbizia trova gli espedienti, mente spudoratamente e si ubriaca in continuazione.
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Billy Wilder è stao uno dei più grandi registi di Holllywood (2 Oscar per la regia e 3 per la sceneggiatura) per Giorni Perduti ricevette 2 Oscar (regia e sceneggiatura,) aveva la capacità di passare con disinvoltura da film drammatici (L'asso nella manica, Viale del Tramonto) a commedie (Sabrina, A qualcuno piace caldo, L'appartamento, Prima pagina) .
Questo film per la prima volta affronta in modo tragico il degrado di un alcolizzato. Don (Ray Milland: Oscar come migliore attore proprio con questo film, innumerevoli film tra cui Delitto Perfetto di Hitchcock con Grace Kelly) è uno scrittore fallito: grandi speranze all'inizio per qualche breve racconto pubblicato e poi nulla, non riuscendo a scrivere un romanzo e da 6 anni (ora ne ha 36), è un alcolizato, vive in un alloggio le cui spese (affitto, persona di servizio) sono pagate dal fratello Philipp che ha cercato, inutilmente di salvarlo dal suo degrado, spargendo la voce nei bar e negozi del vicinato di non dargli whisky e lesinandogli i soldi, Don con furbizia trova gli espedienti, mente spudoratamente e si ubriaca in continuazione. Tre anni prima ha incontrato una brava ragazza Helen (Jane Wyman prima moglie di Ronald Reegan, Oscar come migliore attrice per questo film e che lavorò molto tra il 1941 e il 1970: Paura in palcoscenico, E' arivato lo sposo, La magnifica ossessione) che si è innamorata di lui e cerca di salvarlo, ma Don mente anche a lei e sbronzo da buca a un appuntamento con una escort Gloria innamorata di lui (Doris Dowling la cui sorella Costance la seguì in Italia e fu il grande amore non corrisposto di Cesare Pavese). Don perde la testa e per trovare dei soldi, ruba i soldi destinati alla donna di servizio, va in un locale di lusso e maldestramente cerca di rubare in una borsetta, ma sorpreso viene cacciato in mezzo alla strada. Completamente ubriaco camminando per strada crolla a terra e viene ricoverato nel reparto alcolizzati di un Ospedale dopo aver cercato soldi anche cercando di impegnare la macchina da scrivere e ottenendo solo qualcosa da Gloria impietosita. Passa in Ospedale una notte tremenda dove un brusco infermiere gli fa vedere gli effetti orribili del "delirium tremens" che sarà il suo destino. Fugge di nascosto e passa un giorno con incubi spaventosi, Helen lo trova ma lui fugge rubandole la pelliccia per impegnarla in cambio di una pistola con cui vuole suicidarsi, lo salverà Helen che impedirà il suicidio. Lui si impegna a non bere più, ma sarà proprio così?.
E' un film che anche se datato, si rivela di un'attualità sconvolgente nela nostra società cui dilagono gli abusi di alcool (e di droga). La caduta sempre più in basso di Don è descritta con crudo realismo, anche se con un pò di empatia verso un personaggio che si autodistrugge per il suo fallimento di scrittore, le sue bugie appaiono talvolta come quelle di un bambino sorpreso a rubare la cioccolata. La scena della notte in Ospedale nel reparto alcolizzati è sconvolgente per la realtà cruda di un'umanità disperata. Ray Milland prese l'Oscar meritatamente, indementicabili i suoi occhi mentre guardano il bicchiere di whisky. Ottima l'interpretazione di Jane Wyman un'attrice dimenticata. Bravi i comprimari: specie: Howard Da Silva (Nat il barista) e Frank Faylen (Bim l'infermiere dell'ospedale).
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emanuelemarchetto
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sabato 18 marzo 2017
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l'alcolismo non fa più ridere
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Uno scrittore deluso vive il problema dell'alcolismo e, nonostante l'aiuto della fedele fidanzata e del fratello, percorre il cammino della dipendenza fino all'ultimo stadio della degradazione, deciso ormai a farla finita.
Premiato al primo festival di Cannes (nel 1946), oltre che agli Oscar, uno dei tanti capolavori girati da Billy Wilder. Il film tratta il tema dell'alcolismo con estrema crudezza, tenendo conto che in quel periodo il personaggio dell'ubriacone era confinato a macchietta comica.
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Uno scrittore deluso vive il problema dell'alcolismo e, nonostante l'aiuto della fedele fidanzata e del fratello, percorre il cammino della dipendenza fino all'ultimo stadio della degradazione, deciso ormai a farla finita.
Premiato al primo festival di Cannes (nel 1946), oltre che agli Oscar, uno dei tanti capolavori girati da Billy Wilder. Il film tratta il tema dell'alcolismo con estrema crudezza, tenendo conto che in quel periodo il personaggio dell'ubriacone era confinato a macchietta comica. Ma il tema della dipendenza permette al regista di parlare anche dell'alienazione dell'individuo dovuta alla vita nella grande città. Per questo motivo sono stati utilizzati veri scorci della città di New York, ripresa in tutto il suo squallore.
Un film coraggiosissimo e invecchiato benissimo, che anticipa di ben dieci anni "L'uomo dal braccio d'oro" di Otto Preminger, simile nella struttura, ma che affronta il Tema della dipendenza da eroina.
Curiosità: nel 2011 è stato scelto per essere conservato nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.
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il befe
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giovedì 5 febbraio 2015
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ce ne fossero
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paolo bisi
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venerdì 7 ottobre 2011
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il weekend perduto
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Trentenne scrittore ormai senza alcuna speranza, si rifugia nell'alcool, che diventa presto la sua unica ragione di vita. Arriva addirittura a scacciare il fratello che lo mantiene e la fidanzata Helen. Il primo lo abbandona, mentre la seconda non perde mai la speranza di salvarlo. Girato prevalentemente in studio, fatta eccezione per qualche immagine di una New York mai così povera e triste, è uno dei migliori film controcorrente mai uscito da Hollywood. Billy Wilder dimostra di essere maestro non solo della commedia, ma anche del dramma: la figura dell'ubriacone, vista fino a quel tempo semplicemente come qualcosa di divertente, di aiuto per intrattenere il pubblico, assume un ruolo mai così complicato e disperato, affrontando come nessun altro film il tema, sempre attuale, dell'alcolismo.
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Trentenne scrittore ormai senza alcuna speranza, si rifugia nell'alcool, che diventa presto la sua unica ragione di vita. Arriva addirittura a scacciare il fratello che lo mantiene e la fidanzata Helen. Il primo lo abbandona, mentre la seconda non perde mai la speranza di salvarlo. Girato prevalentemente in studio, fatta eccezione per qualche immagine di una New York mai così povera e triste, è uno dei migliori film controcorrente mai uscito da Hollywood. Billy Wilder dimostra di essere maestro non solo della commedia, ma anche del dramma: la figura dell'ubriacone, vista fino a quel tempo semplicemente come qualcosa di divertente, di aiuto per intrattenere il pubblico, assume un ruolo mai così complicato e disperato, affrontando come nessun altro film il tema, sempre attuale, dell'alcolismo. Gli splendidi interni, quasi per intero ricostruiti in studio, descrivono alla perfezione la situazione ed anche la mente del protagonista, capace soltanto di vedere la bottiglia di whisky, per la quale è disposto a sacrificare tutto, persino la propria dignità. Splendida fotografia, che risalta ancora di più la commovente ed indimenticabile interpretazione di Ray Milland, scelto dalla Paramount contro il volere del regista solo perchè aveva la faccia "da bravo ragazzo". 4 oscar: film, regia, Ray Milland e sceneggiatura.
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riccardo-87
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martedì 24 maggio 2011
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gli abissi della bottiglia
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Billy wilder descrive la tragedia di Don Birman, uno scrittore senza idee (Ray Milland, meritatamente premiato con l’oscar), preda dell’alcol e in balia del romanzo che non riesce a scrivere (“la bottiglia”). Il film narra l’autodistruzione inevitabile a cui va in incontro chi percorre la strada del bicchiere, da cui non si esce con un semplice atto di volontà, come troppo spesso viene sostenuto, ma solo tramite gli affetti: sarà infatti solo l’amore di Helen, la quale, a differenza del fratello di lui, non abbandona mai la speranza di salvarlo, che riuscirà a strappare Birman al suo orrendo destino. Milland appare nel film costantemente stretto in una morsa spietata: da un lato l’amore per Helen si trasforma in vergogna per la sua debolezza, dall’altro il desiderio irresistibile di bere un altro bicchiere, di consumare un’altra bottiglia, sino alla morte.
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Billy wilder descrive la tragedia di Don Birman, uno scrittore senza idee (Ray Milland, meritatamente premiato con l’oscar), preda dell’alcol e in balia del romanzo che non riesce a scrivere (“la bottiglia”). Il film narra l’autodistruzione inevitabile a cui va in incontro chi percorre la strada del bicchiere, da cui non si esce con un semplice atto di volontà, come troppo spesso viene sostenuto, ma solo tramite gli affetti: sarà infatti solo l’amore di Helen, la quale, a differenza del fratello di lui, non abbandona mai la speranza di salvarlo, che riuscirà a strappare Birman al suo orrendo destino. Milland appare nel film costantemente stretto in una morsa spietata: da un lato l’amore per Helen si trasforma in vergogna per la sua debolezza, dall’altro il desiderio irresistibile di bere un altro bicchiere, di consumare un’altra bottiglia, sino alla morte. Il desiderio pare prevalere e la tragicità crescende della situazione del protagonista, da cui non sembra eserci via d’uscita, accompagna le scene notturne del film, girate in modo magistrale da Billy Wilder, l’apice delle quali sarà prima la scena della notte passata nell’ospedale e la successiva fuga di lui, poi quella della sera successiva dove Milland, con la sola compagnia di una bottiglia di whisky, vede le allucinazioni di cui parlava il medico in ospedale – “le allucinazioni vengono di notte”. Il finale è un’apertura alla speranza per chi è caduto nell’abisso ed è convinto di non averne più. Film capolavoro del primo Billy Wilder, non poteva non essere premiato con ben quattro oscar, tra cui, oltre al già citato oscar per Milland, spiccano anche quelli per milgio film, regia e sceneggiatura. Oggi forse non molto conosciuto, si sente la mancanza di film di simile stampo. Un parallelo interessante si potrebbe fare tra questo film e “il giocatore”, libro di Dostoevskij, che narra il perdersi dell’uomo nel gioco d’azzardo. Il contesto è certo ben diverso, e forse il libro appare più realistico: non c’è salvezza; la consapevolezza dell’abisso in cui ci si getta non aiuta (tema presente tanto nel libro di Dostoevskij quando nel film di Wilder), e infatti il protagonista del libro, Aleksej Ivanovic, dopo aver detto a se stesso “possibile, possibile che io sia un tal bambinello? Possibile che non capisca di essere un uomo perduto? Ma perché non posso risorgere?...” conclude il romanza con queste parola: “…punti l’ultimo fiorino, proprio l’ultimo! Io vinsi e dopo venti minuti uscii dal casino con centosettanta fiorini in tasca. Questo è un fatto! Ecco che cosa può a volte significare l’ultimo fiorino! E se io allora mi fossi perduto d’animo, se non avessi osato risolvermi?... domani, domani tutto finirà!”. Queste parole finali ricalcano il comportamento di Milland nel film di Wilder: l’idea che anche se oggi continua a bere, domani troverà la forza di smettere, o addirittura che può trovare la forza di smette nel momento stesso – “ora torno a casa e inizio il mio romanzo, dal titolo “la bottiglia””, dice a più riprese Milland al barista Net e a Helen. Il bevitore è insoma come il giocatore d’azzardo, rimanda sempre a domani la fine del proprio vizio, illudendosi di non esserne prigioniero. L’illusione che inganna la consapevolezza del rischio, l’illusione che prevale sulla consapevolezza del rischio: questo è “il giocatore”, questo è “giorni perduti”.
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il cinefilo
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giovedì 28 ottobre 2010
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affresco di un autodistruzione
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TRAMA:Uno scrittore fallito sprofonda nell'alcolismo con tutti i danni che ne conseguono...COMMENTO:Il maestro della commedia Billy Wilder ha dimostrato una bravura mostruosa anche per quanto riguarda il cinema drammatico(con altre opere,oltre a questa,come L'ASSO NELLA MANICA e VIALE DEL TRAMONTO)affrontando,a volte,anche tematiche"controcorrente"per l'epoca in cui sono usciti nelle sale cinematografiche.
GIORNI PERDUTI affronta il tema dell'alcolismo(il regista ha tratto il film da un romanzo di Charles Jackson)con un grandissimo senso della drammaticità e una bella dimostrazione di realismo mentre Ray Milland(che interpreta il protagonista)offre una delle prove di bravura più alte della sua carriera.
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TRAMA:Uno scrittore fallito sprofonda nell'alcolismo con tutti i danni che ne conseguono...COMMENTO:Il maestro della commedia Billy Wilder ha dimostrato una bravura mostruosa anche per quanto riguarda il cinema drammatico(con altre opere,oltre a questa,come L'ASSO NELLA MANICA e VIALE DEL TRAMONTO)affrontando,a volte,anche tematiche"controcorrente"per l'epoca in cui sono usciti nelle sale cinematografiche.
GIORNI PERDUTI affronta il tema dell'alcolismo(il regista ha tratto il film da un romanzo di Charles Jackson)con un grandissimo senso della drammaticità e una bella dimostrazione di realismo mentre Ray Milland(che interpreta il protagonista)offre una delle prove di bravura più alte della sua carriera.
Questo film può vantare almeno una scena indimenticabile(nonchè terrificante)e mi riferisco alla sequenza dell'incubo con la lotta tra il pipistrello e il topo mentre viene da chiedersi,pultroppo,se il lieto fine(forse anche troppo sbrigativo)fosse veramente necessario(malgrado il regista l'abbia diretto con la consueta abilità)e finisce per essere l'unico neo dell'intera vicenda.
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luca scialò
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giovedì 19 agosto 2010
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l'alcol e i suoi effetti
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Don Birman è uno scrittore in crisi che non riesce a sfondare malgrado da giovanissimo sia stato una promessa. Affoga la sua crisi creativa nell'alcol, in modo esagerato e senza scampo, nonostante i tentativi di dissuaderlo del fratello e della compagna. Un weekend, mentre questi ultimi due partono per una breve vacanza, lui decide di trascorrerlo a casa e sfidare questo suo vizio che sembra irrinunciabile...
Trasposizione cinematografica di un romanzo di Charles Jackson, il film mette sotto i riflettori la storia di quanti sono prede dell'alcol, al punto da perdere gli affetti dei propri cari e sè stessi. A tratti calca un pò la mano, è moralista e patetico; ma il tutto fa parte dello sforzo di mettere in primo piano i potenziali rischi dell'alcol.
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Don Birman è uno scrittore in crisi che non riesce a sfondare malgrado da giovanissimo sia stato una promessa. Affoga la sua crisi creativa nell'alcol, in modo esagerato e senza scampo, nonostante i tentativi di dissuaderlo del fratello e della compagna. Un weekend, mentre questi ultimi due partono per una breve vacanza, lui decide di trascorrerlo a casa e sfidare questo suo vizio che sembra irrinunciabile...
Trasposizione cinematografica di un romanzo di Charles Jackson, il film mette sotto i riflettori la storia di quanti sono prede dell'alcol, al punto da perdere gli affetti dei propri cari e sè stessi. A tratti calca un pò la mano, è moralista e patetico; ma il tutto fa parte dello sforzo di mettere in primo piano i potenziali rischi dell'alcol.
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[+] non è solo questo!
(di pieroroma)
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tony71
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martedì 13 ottobre 2009
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the lost weekend
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Una New York così realistica non si era mai vista prima. e un Ray Milland così in forma neanche. Bellissimo film
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carlo ormea
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domenica 10 febbraio 2008
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film d'avanguardia su un tema delicato
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Un film verità che merita di essere analizzato alla luce delle nuove conquiste nel campo dell'alcologia. Il film/dramma rappresenta con acutezza introspettiva e con sguardo sociologico, in modo efficace, la deriva provocata dall'abitudine a bere che si trasforma nel tempo in una vera e propria dipendenza. All'origine del malessere un disagio esistenziale non identificato che porta a fuggire nella bottiglia.
[+] denny è un malato
(di exitplanetdust)
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[+] avanguardia, poi...
(di exitplanetdust)
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