OSCAR 2025, ANORA DA RECORD. VINCE IL FILM PIÙ INDIPENDENTE DI TUTTI

5 statuette per il film di Sean Baker che ottiene 4 premi solo lui che ha diretto, scritto e montato il film. Era accaduto solo a Walt Disney. Standing ovation per Adrien Brody che conquista il premio come Miglior attore protagonista e, come previsto arriva anche l'Oscar per Zoe Saldaña. Si fanno notare i registi di No Other Land (miglior documentario) con un discorso chiaro che invita a fermare il genocidio palestinese. 

Giovanni Bogani, lunedì 3 marzo 2025 - Oscar
Mikey Madison (Mikaela Madison Rosberg) (26 anni) 25 marzo 1999, Los Angeles (California - USA) - Ariete. Interpreta Ani nel film di Sean Baker (II) Anora.

Alla fine, ha vinto Anora. Hollywood dà gas, e premia una commedia forsennata, ironica, sexy, vitale, non riconciliata, grottesca, turbinosa. Premia il film che aveva vinto la Palma d’oro a Cannes, e premia un film indipendente, realizzato con 6 milioni di dollari. Che sono proprio due spicci, per gli standard hollywoodiani.

Era già tutto previsto, come canta Riccardo Cocciante in Parthenope di Sorrentino? In parte sì. Se vai a vedere le previsioni dei vincitori che MYmovies aveva pubblicato un paio di giorni fa, vedi che sono quasi tutte rispettate. Ma con un paio di sorprese. Anora vince l’Oscar per il miglior film, per la sceneggiatura originale, per il montaggio e per la miglior regia. Ma anche, a sorpresa, quello per la migliore attrice, con Mikey Madison che si ritrova sul palco a ringraziare in lacrime e Demi Moore giù, in platea, ad applaudire con un sorriso teso.  

Dei cinque Oscar di Anora, quattro finiscono a casa di Sean Baker, che stabilisce un record storico: era riuscito a vincerne quattro, nella stessa notte, soltanto Walt Disney nella notte dei tempi. Lui, Sean Baker, Anora se lo è scritto, diretto e montato da solo. “Fate film indipendenti”, grida dal palco. E a Quentin Tarantino, che gli consegna l’Oscar per la miglior regia, lancia un “Se non c’eri tu, non ci sarebbe stato Anora”.

È un Oscar progressista, irriverente, trasgressivo? In parte sì, se si pensa che al centro del racconto c’è una sex worker niente affatto pentita: un personaggio costruito senza sentimentalismi, ma con partecipazione, da un regista che da sempre focalizza il suo racconto su marginali, su persone che vivono ai bordi dell’American dream. Ma Anora è anche, e soprattutto, entertainment intelligente, quasi un Pretty Woman in versione pulp. Spiazzante, imprevedibile, nel suo essere tre film in uno: gangster movie, commedia sexy, sentimentale quando meno te lo aspetti. E, produttivamente, indipendente.

È un film indipendente anche The Brutalist di Brady Corbet, che strappa tre meritatissimi Oscar: per la fotografia di Lol Crawley, sontuosa e puro cinema, girato in pellicola, per la colonna sonora, di Daniel Blumberg, frutto di un lavoro durato sette anni, colonna sonora fantastica, e quello per il miglior attore, con Adrien Brody che ha la meglio su Timothée Chalamet. Sono passati ventidue anni dall’Oscar che Brody vinse per Il pianista, e qui dà una prova, se possibile, ancora più enorme. Sul suo volto disegna la disperazione, la gioia, l’ostinazione, i sogni e gli incubi dell’architetto immaginario Laslo Toth, protagonista del film. Standing ovation per lui, al momento di ricevere la statuetta. “Quella dell’attore è una professione fragile”, dice. “Tutto può svanire, in ogni momento. Questo premio mi ricorda che quando arrivi al punto più alto, devi sempre ricominciare da capo”, dice. E poi aggiunge uno dei rarissimi statements politici di questa cerimonia: “Il mio personaggio rappresenta le vittime del razzismo e dell’antisemitismo. Io prego per un mondo più felice e più inclusivo. Spero che il passato riesca a insegnarci qualcosa”. Dopo la cerimonia, Halle Berry si avvicina a Brody, lo accoglie a braccia aperte e lo bacia con passione: è il controcampo di una scena avvenuta 22 anni fa. Quando Adrien Brody baciò, a sorpresa, Halle Berry per celebrare l’Oscar vinto, più giovane attore protagonista della storia, per Il pianista. Un gesto che all’epoca scandalizzò qualcuno. Ora Halle ha restituito il bacio ad Adrien.

Migliore attrice, Zoe Saldaña, che salva la sua statuetta dalla caduta massi seguita ai tweet di Gascón. E accuratamente nomina tutti nei ringraziamenti, tranne lei. “Jacques Audiard, mi hai dato il ruolo più importante della mia vita”,  e poi rivendica le proprie origini dominicane. È la prima attrice americana/dominicana a vincere un Oscar. “Sono orgogliosa figlia di genitori immigrati”.
 

In foto il regista di Anora, Sean Baker. Ha conquistato 4 statuette solo lui: Miglior regia, montaggio, sceneggiatura, film. Era accaduto solo a Walt Disney.

Se Anora vince, chi perde? Perde A Complete Unknown, con il suo protagonista Timothée Chalamet, che campeggia in platea con il suo vestito giallo acido, come una enorme banana fra gli smoking. Perde Demi Moore, bruciata all’ultimo metro dal traguardo di una carriera. Perde Isabella Rossellini, ma con soave eleganza, sfoggiando sul red carpet i gioielli di mamma Ingrid, quelli che le aveva regalato Roberto Rossellini in Viaggio in Italia, e con un meraviglioso abito di velluto blu, omaggio a David Lynch. Quell’omaggio che la Academy non ha saputo rendere degnamente a un regista così immenso, che tanto ha cambiato le regole del gioco, la storia del cinema recente, e al quale hanno dedicato solo una foto, nell’album In memoriam. Peggio hanno fatto con Alain Delon, dimenticandolo.

Perde, in qualche modo, Conclave, che vince solo l’Oscar per la sceneggiatura non originale. E rimane quasi del tutto oscurato Emilia Pérez. Si sapeva, ma ci si rimane male lo stesso. Rimane l’Oscar per Saldana e per la canzone originale, El mal. Ma sfugge al film di Audiard anche l’Oscar per il miglior film internazionale. Karla Sofía Gascón, fino a pochi mesi fa trionfatrice annunciata, storica prima attrice transgender a poter vincere un Oscar, nella serata più importante non si è vista sul red carpet, è stata inquadrata in platea, distante, inquadrata di sfuggita, come per dire “se non possiamo farne a meno…”. Sarebbe stata, la sua, una vittoria di rottura nell’America trumpiana, molto più di qualunque altro film o personaggio. Perderla per strada per via di quei tweet, probabilmente ha risolto molti problemi.

Scontata la vittoria dell’Oscar come miglior attore non protagonista per Kieran Culkin in A Real Pain. Meno scontata la cosa che dice sul palco: guardando la moglie Jazz Charton, dice: “Un anno fa, mi ha detto: ti darò il quarto figlio quando vincerai un Oscar. Beh, amore, ti ricordi? Non ti faccio pressione ma… Ti amo, diamoci da fare con questi figli, che ne dici?”.

Nelle scenografie assiro-babilonesi del Dolby Theatre, a metà fra l’interno di una piramide e un Ferrero Rocher, la storia e la cronaca entrano con fatica. Si parla degli incendi di Los Angeles, per i quali la Academy ha già stanziato un milione di dollari per aiutare chi è rimasto senza casa. Ma si parla poco delle guerre che incendiano il mondo, come se fosse sconvenevole.

C’è solo Peter Straughan, sceneggiatore di Conclave, che sale a ricevere l’Oscar con, sullo smoking, la spilla con i colori gialli e blu della bandiera ucraina. E poi ci sono i registi del documentario No Other Land, israeliani e palestinesi che hanno lavorato insieme. “Fermiamo la pulizia etnica dei palestinesi”, dice Basel Adra, palestinese, uno dei co-registi del film. “Sono diventato padre due mesi fa. E la mia speranza è che mia figlia non debba vivere la stessa vita che vivo oggi, sempre nel terrore delle violenze, di case distrutte e di deportazioni forzate”. Il documentario segue comunità palestinesi sfollate in Cisgiordania, dove dei villaggi sono stati rasi al suolo per creare una pista per i carri armati israeliani. “Abbiamo fatto questo film insieme, palestinesi e israeliani, perché insieme le nostre voci sono più forti”, ha detto Yuval Abraham, israeliano, coregista del film. “Quando guardo Basel, vedo il mio fratello, ma viviamo in condizioni differenti. Viviamo in un regime dove io sono libero e Basel vive in uno stato di guerra che distrugge la sua vita e che lui non può controllare”. E Abraham ha invocato una soluzione politica che assicuri uguali diritti per israeliani e palestinesi.  
“Gli ostaggi israeliani devono essere liberati, così come deve essere fermata la pulizia etnica dei palestinesi. La politica estera di Israele ora sta bloccando questa strada”. Il film era stato presentato anche, in Italia, dal Middle East Now, festival di cinema mediorientale.

I ritmi della cerimonia non sono impeccabili, le gag lo sono ancora di meno. Ci si chiede il perché di un enorme omaggio a 007, con Barbara Broccoli e il fratello Michael G. Wilson in sala, e una medley di canzoni bondiane che non finiva più. Il conduttore Conan O’ Brien si fa notare, più che altro, per la posa a gambe tese, come Ronaldo quando sta per calciare le punizioni.

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