ADDIO A MICHAEL CIMINO, L'ARTISTA ANARCHICO DI HOLLYWOOD

È scomparso ieri, all'età di 77 anni, il regista premo Oscar de Il cacciatore, un cineasta che è stato simbolo del cinema americano degli Anni Settanta.

domenica 3 luglio 2016 - Celebrities
Michael Cimino 3 febbraio 1939, New York City (New York - USA) - 2 Luglio 2016, Los Angeles (California - USA).

Scomparso ieri all'età di 77 anni, Michael Cimino è stato uno dei registi più controversi della New Hollywood. È stato un vero outsider che ha collezionato importanti successi internazionali di critica e pubblico come Il cacciatore ma anche flop importanti come I cancelli del cielo. Il suo esordio è segnato da Una calibro 20 per lo specialista (1974) ma ottiene il premio Oscar con Il cacciatore (1979), drammatico film sulla guerra del Vietnam con Robert De Niro.

Attento ai temi politico-sociali e fortemente critico verso l'establishment ha alternato insuccessi con film spettacolari e formalmente impeccabili e non ha mai voluto fare compromessi con le major e i produttori.
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Dal fiasco de I cancelli del cielo (1980), critica radicale al sistema, agli interessanti L'anno del dragone (1985), Il siciliano (1987), Ore disperate (1990), Verso il sole (1996), ci lascia un autore che ha affrontato alti e bassi. L'anno scorso è stato premiato al Festival di Locarno con il Pardo d'oro alla carriera.

In foto Michael Cimino.
In foto Michael Cimino.
In foto Michael Cimino.

L'articolo di Alessandra Vitali su Repubblica.it

Michael Cimino nasce a New York il 3 febbraio del 1939. Il suo cognome deriva da Soriano nel Cimino, in provincia di Viterbo, da dove i nonni emigrarono per gli Stati Uniti alla fine dell'Ottocento. Si laura in discipline artistiche a Yale, arriva alla regia tardi. Nel 1971 è fra gli sceneggiatori di 2002: la seconda Odissea, sequel apocrifo di 2001: Odissea nello spazio. Incontra Clint Eastwood che ne apprezza le qualità e l'originalità e lo ingaggia per la Malpaso, la sua società di produzione. Nel 1973 con John Milius scrive Una 44 magnum per l'ispettore Callaghan. L'esordio alla regia è nella pubblicità, il primo film è del 1974: dirige proprio Eastwood, e Jeff Bridges, in Una calibro 20 per lo specialista. Il film ottiene un buon successo internazionale, è un trampolino di lancio per Cimino che può cominciare a pensare a progetti più ambiziosi. Dopo averne visti sfumare un paio, nel 1976 inizia a girare Il cacciatore.

A inizio riprese la sceneggiatura non è ancora finita ma è completo il cast, da un gruppo di giovani attori, alcuni dei quali destinati a diventare superstar. Con Robert De Niro, Meryl Streep, Christopher Walken, John Savage riesce ad avere anche John Cazale, attore-simbolo di alcuni cult del periodo, da Il padrino a La conversazione a Quel pomeriggio di un giorno da cani.
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Cazale ha un tumore ai polmoni, Cimino è l'unico a saperlo, per questo le sue scene vengono girate per prime. L'attore non vedrà il film finito. Prende forma quello che si sarebbe rivelato uno dei capolavori della storia del cinema, un film-monumento del filone dedicato alla guerra in Vietnam, riflessione sul conflitto che devastò l'America e sulle conseguenze sociali e psicologiche sui soldati che vi parteciparono (e vi sopravvissero). Le sequenze del Vietnam si girano in Birmania, Bangkok diventa Saigon, le cascate del Niagara fanno da sfondo alle scene di caccia. Il film viene presentato al Festival di Berlino, è costato 15 milioni di dollari e ne incassa 50 milioni solo negli Usa. Un successo incredibile, alcune sequenze memorabili entrano nell'immaginario collettivo, il film ottiene nove nomination agli Oscar, conquista cinque statuette fra cui quelle per il miglior film e la migliore regia.

In foto una scena de Il cacciatore.
In foto una scena de I cancelli del cielo.
In foto una scena di Verso il sole.

Un risultato che, tuttavia, Cimino non riuscirà a bissare. Il 1980 è l'anno di I cancelli del cielo, western epico che racconta una contesa fra proprietari terrieri e immigrati europei nel Wyoming di fine Ottocento. Nel cast ci sono fra gli altri Kris Kristofferson, Christopher Walken, John Hurt, Isabelle Huppert, Joseph Cotten, Jeff Bridges. Scene ripetute decine e decine di volte, scenografie abbattute e ricostruite, centinaia di comparse. Il progetto è troppo ambizioso, i costi lievitano fino a diventare il quadruplo del budget iniziale, ciò comporta numerose battute d'arresto nelle riprese. Iniziano a circolare voci sul carattere del regista, dispotico, prepotente, in costante delirio di onnipotenza. All'uscita, il film incassa poco più di tre milioni di dollari negli Stati Uniti - ne era costato circa 44 - e recensioni negative che lo trasformano in uno dei più fragorosi flop della storia di Hollywood. La United Artists, che lo distribuisce, è al collasso, già provata dal fiasco di Stardust Memories di Woody Allen, e dopo sessantuno anni di onorato servizio finisce in bancarotta, viene rilevata dalla Transamerica. Al collasso anche la reputazione di Cimino che con un colpo si gioca la fama e il prestigio conquistati grazie a Il cacciatore. La sua carriera si interrompe.

I produttori si vendicano (non solo con lui), le major assumono un controllo ferreo sul final cut di ogni film, e ogni regista che sforerà il budget di mezzo dollaro dovrà pagare di tasca sua. Fine del movimento degli autori e, di fatto, della New Hollywood.
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Sorvegliato a vista, Cimino torna dietro alla macchina da presa cinque anni dopo, è il 1984, grazie a Dino De Laurentiis, che gli affida L'anno del dragone, con Mickey Rourke poliziotto-sceriffo segnato - anche lui - dal trauma del Vietnam. Ma anche stavolta è un mezzo fiasco. Negli anni successivi il regista realizzerà - e tra grandi difficoltà - solo tre film. Il siciliano, del 1987, racconta la figura del bandito Salvatore Giuliano, il protagonista è Christopher Lambert che, pur forte all'epoca di un certo appeal commerciale, non basta per far ottenere al film il successo necessario. Nel 1990 Cimino ci riprova con Ore disperate, remake di un film di William Wyler, con Humphrey Bogart, del 1955. Di nuovo Mickey Rourke, evaso che con una banda criminale prende in ostaggio la famiglia di Anthony Hopkins, ancora un reduce del Vietnam. Verso il sole, del 1996, rappresenta di fatto il congedo di Cimino dal cinema. Jon Seda è Brandon Monroe, criminale navajo gravemente malato in fuga verso le montagne sacre del suo popolo d'origine, convinto del loro potere salvifico. Prende in ostaggio Michael Reynolds (Woody Harrelson), il dottore che gli ha tolto ogni speranza. Poche speranze anche per il regista, che scompare dalla circolazione. Salvo partecipare, nel 2007, a Chacun son cinéma, film a episodi ideato e prodotto da Gilles Jacob per festeggiare i 60 anni del Festival di Cannes.

Già prima dell'isolamento si raccontava che Cimino avesse iniziato a comportarsi in modo strano. "Fui portato in una sala di montaggio buia, oscurata con delle tende nere - raccontò Joe D'Agostino, montatore di Verso il sole - e vidi questo ragazzo curvo. Tutti parlavano sottovoce, aveva un fazzoletto che gli copriva il viso. Nessuno poteva fotografarlo o riprendere in alcun modo la sua immagine". Circolavano voci di ogni genere. Quelle legate all'età, ad esempio. All'anagrafe risultava nato nel 1939 ma sul suo passaporto c'era scritto 1959. I pettegolezzi si scatenarono soprattutto intorno alla trasformazione del suo aspetto. Si diceva che si fosse sottoposto a un'operazione per cambiare sesso. In un'intervista a Vanity Fair, al giornalista che gli chiedeva conto della metamorfosi, parlò di come si mangiava male sui set e quindi della semplice decisione di perdere peso, di un piccolo intervento per sistemare una mascella "non perfettamente allineata" e "una bocca troppo piccola". Negò di aver subito interventi agli zigomi e di essere diventato biondo, "lo sono sempre stato".
Nell'agosto 2015 l'incontro con la stampa al Festival di Locarno, prima di ricevere il Pardo d'oro alla carriera. Due ore di chiacchierata (una in più del previsto: l'abitudine a sforare non l'aveva abbandonato) in cui ha parlato della carriera ("non ho idea di come abbia imparato, non ho fatto alcuna scuola, non conosco i classici come il mio amico Quentin Tarantino che conosce ogni film e cita ogni battuta"), ha invitato i giovani a combattere contro le insidie del mondo ("dovete picchiare più forte degli altri, come nel football"), a ribellarsi alla guerra ("la tragedia non è cambiata, prima era il Vietnam oggi è il Medioriente, sono sempre i vecchi coi capelli bianchi che fanno questa scelta folle e i giovani ne pagano le conseguenze"), non ha risposto a chi gli ha chiesto se avesse in programma un altro film ma ha detto che continuava, sempre, ad accumulare in una stanza tutte le cose che scriveva, "se smettessi morirei". E ancora una volta ha ribadito che le critiche - e i critici - non lo hanno mai spaventato: "Mi hanno chiamato in ogni modo: omofobo, fascista, marxista, razzista. Non me ne frega niente. Non ho alcuna reazione, non leggo le recensioni, né le migliori né le peggiori. Potete chiamarmi come volete. Poi - ha concluso - l'uomo che ha distrutto I cancelli del cielo è morto, mentre io sono ancora qui".

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