Little Forest

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Un film di Soon-rye Yim. Con Tae-ri Kim, So-Ri Moon, Jun-yeol Ryu, Ki-joo Jin Titolo originale Liteul poleseuteu. Drammatico, durata 104 min. - Corea del sud 2018. MYMONETRO Little Forest * * * 1/2 - valutazione media: 3,50 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Un film che è come i pomodori coltivati all'aperto Valutazione 4 stelle su cinque

di topolinik


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sabato 9 novembre 2019

A proposito della coltivazione dei pomodori, la protagonista Hae-won afferma che è un "hit or miss", può andar bene e può andare male, e l'esito dipende dalla quantità di pioggia che essi riceveranno. Infatti il pomodoro/film, per sua natura succoso, nutriente e profumato, può risultare riuscito o no a seconda dei capricci del meteo/spettatore, della sua predisposizione d'animo; e, è ovvio, se non va bene ad una annata/visione, sicuramente andrà meglio a quella successiva. Senza tirarla per le lunghe, il film mi è piaciuto, molto, e sembra illogico se si considera la consistenza, la sostanza dell'opera: pensate ad una trama semplice, ecco il film lo è di più, ma senza che questo lo renda di una virgola meno riuscito.
La narrazione, punto forte del film, procede mettendo insieme le tessere di un mosaico che mostrerà, una volta completato, l'intera vita della protagonista e riuscendo, in chiusura, ad esaurire tutti gli interrogativi via via disseminati: plauso per questo, e per l'astuta beffa di sceneggiatura per cui la tessera più importante viene mostrata quasi subito e poi dimenticata, per poi riapparire solo alla fine, quando si avrà consapevolezza di comprenderne la piena valenza.
Insieme alle stagioni si susseguono immagini, ricordi e racconti che sono il vero fulcro della storia (di Hae-won) e che riempiono le ore passate, quando non nei campi, in una cucina che diviene presto l'effettivo palcoscenico: semplice ma accogliente, sempre ricca di accessori, sempre invasa dai profumi, sempre col bordottio di una pentola sul fuoco, sempre coi piatti nel lavello e tuttavia sempre linda, la mattina dopo, per fornire all'adorabile Hae-won tutti gli utensili necessari alla preparazione di nuove prelibatezze. E se molti piatti sono preparati da/per gli ospiti, molti altri sono in singola porzione, ricavata spesso da una conserva, per la protagonista che pranza immersa nelle sue riflessioni. (Il che potrebbe voler suggerire che l'arte e il piacere della cucina non discriminano il numero dei commensali: anche quando si cucinasse per un pasto da soli, non sarebbe comunque questo un prezioso esercizio in prospettiva di future occasioni di convivialità? - ma forse è una personale riflessione che scaturisce come conseguenza del mio periodo culinario, assolutamente analogo)
Il frutto delle ore passate in cucina è frutto della terra, ed il susseguirsi dei colori è legato al rigoroso ciclo della natura, qui non sempre generosa ma onesta. Nonostante l'apparenza (si noti la totale assenza di carne e pesce a tavola), questo non è un film di propaganda ecologista (non si esalta nei contrasti), bensì un'annotazione sbiadita, una cartolina dimenticata, un sussurro lontano. Suggerisce gentilmente a tutti noi delle email, dell'home banking, delle bufale on-line, dei cibi precotti, della frutta fuori stagione e dei SUV: noi veniamo da qui, da questa vita, e questa vita esiste ancora per chi vorrà provare (tornare) a viverla, anche se dura. Alla luce di queste considerazioni brilla prezioso come un faro il ruolo narrativo di Jae-ha, ben più saggio della zia (fedele alla tradizione) e più maturo della protagonista che si vanta di festeggiare "molto prima" il compleanno. Nel quadro complessivo non si offrono valutazioni su "meglio" o "peggio" ma una sincera summa di tutti gli aspetti, faticosi e gratificanti, da affrontare per gustare un'esistenza con valori diversi da quelli della metropoli.
E ovviamente è anche un racconto di formazione, intento a mostrare la protagonista giungere alla maturazione alla fine di un percorso che forse semplice non è ma che viene illustrato da una storia semplice, come si diceva, nell'accezione più nobile della parola: avanza nelle piccole scoperte tra dialoghi amichevoli, a volte intimi, risate e scorci di natura, si bea nell'aggiunta qui e là di profumi e colori esotici e indulge nella piacevolezza donata dal garbo di una donna e dalla saggezza dell'età che guidano i passi della giovane ribelle (ma quale giovane non lo è?) e sanciscono i momenti salienti della sua crescita.
E una volta giunti ai titoli di coda, quando ci si rende conto di avere il sorriso stampato sulla faccia per un finale che non viene mostrato ma che si capisce chiaramente, si realizza che il film ha "semplicemente" funzionato e di Hae-won ci siamo un po' innamorati anche noi. E ci è venuta pure una gran fame.

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