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lunedì 28 novembre 2016
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storia che prende, sceneggiatura barcollante
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Il film è costruito su di una storia terribile, una di quelle storie che dovrebbero essere portate a conoscenza di ogni persona e non certo minimizzate perchè sono accadute e dimostrano la bestialità dell'umanità. Detto questo e cioè che la verità è storia, non è detto che crei il valore cinematografico della storia filmica. Paesaggio, ambiente, ritmo, sono costruiti e sostengono la vicenda, ma poi cominciano i ma che pesano sul film ed iniziano con i dialoghi.
C'è una nettissima differenza tra i dialoghi che riguardano la vicenda tutta monacale e l'altra, quella che riguarda l'aspetto romantico della protagonista femmina che monaca non è .
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Il film è costruito su di una storia terribile, una di quelle storie che dovrebbero essere portate a conoscenza di ogni persona e non certo minimizzate perchè sono accadute e dimostrano la bestialità dell'umanità. Detto questo e cioè che la verità è storia, non è detto che crei il valore cinematografico della storia filmica. Paesaggio, ambiente, ritmo, sono costruiti e sostengono la vicenda, ma poi cominciano i ma che pesano sul film ed iniziano con i dialoghi.
C'è una nettissima differenza tra i dialoghi che riguardano la vicenda tutta monacale e l'altra, quella che riguarda l'aspetto romantico della protagonista femmina che monaca non è .
Mentre i rimandi tra le suore, calano tra silenzi che sottendono la drammaticità e sguardi eloquenti, sono reali, sono parole che ci stanno tra quelle mure e in quegli eventi, quando invece il discorso diventa quello intimo (e anche non) tra la dottoressa e il chirurgo, scompare ogni senso della realtà e della spontaneità dialettica. Il chirurgo è un semi-rude che dice e non dice, le sue parole appartengono alla peggiore delle telenovelas, comprese quelle che vorrebbero essere spicciative ma gravi, nell'incontro con la badessa. E come esempio è sufficiente:
Può essere che certe vicende pazzesche, mandino fuori di senno le persone e può darsi che una Badessa pensi che il peccato d'omicidio, sia preferibile alla perdita dell'onore monacale, ma nel film la vicenda si risolve in modo eccessivamente rapido, con grande velocità, due frasi e via, nonostante la supplica a Dio dell'assassina, perchè se è vero che l'obbedienza è fondamentale, anche il "non amazzare" ha un certo peso e nell'economia del racconto invece, tutto resta ad un livello di stordimento inerte delle povere monache davanti al piatto della cena. La sceneggiatura rivela una notevole fragilità che non sorregge una storia così drammatica, anche nel tratteggiare il corpo militare che appare legato a principi, non poi tanto perseguiti se basta un ballo con il capitano per mandare tutto a tarallucci e vino buttandosi nel vortice delle danze che rallegrano una guerra che rimane sempre lontana da loro. Infine la scelta delle interpreti : tutte belle ed anche brave nell'interpretare, sia la badessa che la sua vice, ma..quanto belle sono queste povere donne ? quale segreto di bellezza in quelle pelli lisce e rosee, in quei lineamenti dolci e gradevolissimi nonostante la costrinzione delle vesti..donne che hanno sofferto violenza, che fanno una vita di sacrifici in ambienti fisicamente difficili, donne che dovrebbero essere tormentate da angosce del passato, del presente e del futuro.. Ancora una volta la maggior parte del cast, non sostiene il film, lo abbassa di livello perchè qui, la loro bellezza, così inopportuna, non protegge un vissuto odiato che le porta contro se stesse, ma appare quella dell'animo leggero di giovani donne del mondo della moda più che altro al di fuori di ogni ragione bellica.
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flaw54
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lunedì 28 novembre 2016
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un film da non perdere.
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Argomento duro, ambientazione chiusa, gesti ed azioni fortemente ripetitive: tutto sembrerebbe portare come conseguenza ad un film noioso e da evitare, ma non è assolutamente così. Lo spettatore viene coinvolto dal dramma delle suore polacche e dall'azione umanitaria e sempre più convinta della dottoressa francese e la monotonia diventa elemento di profonda riflessione sul rapporto tra fede e violenza. Ottima la recitazione di tutto il cast ( ho visto il giorno precedente la Chiatti e Scamarcio......... ). Il film porta anche a soffermarsi su ciò che può essere accaduto alla find della guerra in paesi come la Polonia lacersti drammaticamente da una doppia invasione ( vedi il pregevole Katyn ).
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writer58
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domenica 27 novembre 2016
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il silenzio degli innocenti
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La guerra è finita da pochi mesi, lasciando paesi attoniti e un carico di rovine come se un gigantesco tsunami avesse sconvolto la superficie dell'Europa e l'avesse ridotta a una distesa di macerie umane e spirituali, a una landa irriconoscibile colma di predoni armati, violenza e arbitrio. Nel Dicembre del '45,la Polonia è una terra congelata, occupata militarmente dall'esercito russo, che si avvia ad essere uno dei pezzi dell'impero Sovietico. Un paese in cui gli ebrei sono stati sterminati dai nazisti e il partito comunista sta per diventare l'architave dello stato,dopo aver messo fuorilegge le altre forze politiche. All'interno di questo scenario, opera un piccolo gruppo di militari e medici francesi della Croce Rossa che si dedica a curare i connazionali dispersi sul fronte orientale.
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La guerra è finita da pochi mesi, lasciando paesi attoniti e un carico di rovine come se un gigantesco tsunami avesse sconvolto la superficie dell'Europa e l'avesse ridotta a una distesa di macerie umane e spirituali, a una landa irriconoscibile colma di predoni armati, violenza e arbitrio. Nel Dicembre del '45,la Polonia è una terra congelata, occupata militarmente dall'esercito russo, che si avvia ad essere uno dei pezzi dell'impero Sovietico. Un paese in cui gli ebrei sono stati sterminati dai nazisti e il partito comunista sta per diventare l'architave dello stato,dopo aver messo fuorilegge le altre forze politiche. All'interno di questo scenario, opera un piccolo gruppo di militari e medici francesi della Croce Rossa che si dedica a curare i connazionali dispersi sul fronte orientale. Un giorno si presenta una suora e implora i medici di aiutarla, altrimenti una donna morirà. Una dottoressa la segue e scopre la drammatica verità: nel convento diverse suore sono state violentate dai russi e stanno per partorire. L'evento va tenuto assolutamente segreto, altrimenti il convento potrebbe essere smembrato e le stesse suore sono restie a fasi visitare, il loro voto esclude la possibilità di mostrare il loro corpo e farsi toccare. Il medico (interpretato da una brava Lou de Laâge) si ritrova davanti a una situazione estremamente complicata e rischiosa: deve visitare il convento di nascosto, è vincolata dal segreto professionale e non può parlare con i suoi superiori, deve superare le resistenze della suore e della madre superiora, sfugge miracolosamente a uno stupro ad opera di un gruppo di soldati sovietici. Il film dipana queste vicende ispirandosi a eventi realmente accaduti, a un diario scritto da una dottoressa di stanza in quel periodo in Polonia. Il progresivo avvicinamento tra le suore e il giovane medico (toccante la scena delle religiose che l'abbracciano dopo che lei le ha salvate da un irruzione di uomini armati) costituisce il fulcro della pellicola, così come i temi della responsabilità e della fede messa a dura prova dalle violenze subite. Il conflitto tra essere madri ed essersi votate a Dio, la protezione del convento dallo scandalo che si traduce nell'infanticidio, l'antinomia tra fede e orrore, tra obbedienza e desiderio di assumere una nuova identità, tra gravidanza e negazione del corpo, tutti questi elementi sono dipanati da "Agnus dei" con un linguaggio scorrevole e fluido, con una narrazione "smorzata" che evita gli eccessi del grand guignol e della forzatura drammatizzante.
La protagonista è forse descritta in modo un po' idealizzato (ho trovato prescindibile la sua relazione con il collega medico, una concessione un po' di maniera che non aggiunge nulla alla forza del personaggio), la conclusione della pellicola risente di un approccio "a tesi" (il bene che trionfa sul male)e quindi indebolisce l'impianto complessivo. Tuttavia, "Agnus dei" rimane un esercizio filmico bello ed essenziale, scandito dalle preghiere delle suore, dai boschi gelati di una terra martoriata, dal dolore atroce che s'insinua in menti votate all'obbedienza e alla routine conventuale, dalla forza della vita che s'impone sulle pulsioni di morte e distruzione, dall'impegno civile di chi si sforza di ricostruire e rimuovere le rovine. Una proposta che lascia un messaggio di speranza all'interno di un panorama globale che tende ad assomigliare pericolosamente a quello di 70 anni fa.
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fabio_66
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martedì 22 novembre 2016
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bellissimo film
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Il soggetto è affascinante, non mi risulta che sia stato affrontato il tema della violenza sessuale subite da religiose, un argomento tabu che in zone di guerra purtroppo non è raro. La violenza è sempre un trauma per ogni donna, ma nel caso delle religiose si va a sommare al concetto di verginità al tempo particolarmente sentito, al peccato, al rifiuto di farsi visitare, alla rinuncia alla maternità, pronte ad un martirio "folle".
scriverci sopra una sceneggiatura che non fosse demagogica non era semplice: i tre personaggi principali, Matilde, la Badessa e Maria sono disegnate con delicatezza pur essendo in tre posizioni diametralmente opposte: il medico (il mondo esterno), la suora "all'antica", la suora "moderna"; nella relazione fra le tre, nella complessità dei singoli personaggi (specialmente suor Maria e la Badessa), la chiave di un piccolo miracolo.
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Il soggetto è affascinante, non mi risulta che sia stato affrontato il tema della violenza sessuale subite da religiose, un argomento tabu che in zone di guerra purtroppo non è raro. La violenza è sempre un trauma per ogni donna, ma nel caso delle religiose si va a sommare al concetto di verginità al tempo particolarmente sentito, al peccato, al rifiuto di farsi visitare, alla rinuncia alla maternità, pronte ad un martirio "folle".
scriverci sopra una sceneggiatura che non fosse demagogica non era semplice: i tre personaggi principali, Matilde, la Badessa e Maria sono disegnate con delicatezza pur essendo in tre posizioni diametralmente opposte: il medico (il mondo esterno), la suora "all'antica", la suora "moderna"; nella relazione fra le tre, nella complessità dei singoli personaggi (specialmente suor Maria e la Badessa), la chiave di un piccolo miracolo. La Badessa in particolare è una figura tragica a cavallo fra l'antico e il moderno, per seguire la propria concezione di difesa delle sue suore, con il peso della propria autorità, arriva a prendere su di sè tutto l'onere, risultando infine l'unica sconfitta, senza una speranza. Suor Maria viceversa ha un esercizio encomiabile dell'obbedienza cui affianca una sensibilità ed un affetto "caldo" verso le suore, quel calore che salverà lei e le suore. La dottoressa siamo noi, che guardiamo con occhi smarriti le dinamiche di un monastero di clausura, nei suoi occhi le mille domande del senso della vita claustrale.
Il film è sicuramente a bassa costo e trova i suoi punti di forza in un bel soggetto, una fantastica sceneggiatura e tre interpreti non di grido perfettamente calati nei personaggi. Una nota in più la dedico ad Agata Buzek (Suor Maria), un attrice di rara sensibilità.
Bella la fotografia in una natura innevata, gelida, sia nei boschi, nel monastero e nelle anime delle protagoniste. Alcune foto lasciano il segno nell'immaginario, su tutte la suora che cammina nella neve.
film assolutamente da vedere, purtroppo in pochissime sale.
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ashtray_bliss
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sabato 24 settembre 2016
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un'opera drammatica struggente ed incisiva.
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Les Innocents è un dramma struggente, intenso e scarno allo stesso tempo. Film d'autore impegnato e impegnativo, che mette in scena in modo perfettamente equilibrato e privo di moralismi, stereotipizzazioni o didascalie il doppio dramma post-bellico vissuto da sette suore d'un convento di clausura in Polonia le quali prima si vedono costrette a subire un orrore indicibile e poi a dover confrontarsi con le conseguenze. Situato all'interno di una maestosa e gelida foresta polacca, il convento si traformerà in luogo dell'orrore e del crimine dove gli innocenti, donne e bambini, sono quelli a pagarne le conseguenze. Anne Fontaine decide così di raccontare in modo audace ma delicato lo sconosciuto calvario di un gruppo di suore che dopo la fine della WWII hanno vissuto sulla loro pelle uno dei più efferati crimini, di guerra e non solo, per mano dei soldati dell'esercito russo.
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Les Innocents è un dramma struggente, intenso e scarno allo stesso tempo. Film d'autore impegnato e impegnativo, che mette in scena in modo perfettamente equilibrato e privo di moralismi, stereotipizzazioni o didascalie il doppio dramma post-bellico vissuto da sette suore d'un convento di clausura in Polonia le quali prima si vedono costrette a subire un orrore indicibile e poi a dover confrontarsi con le conseguenze. Situato all'interno di una maestosa e gelida foresta polacca, il convento si traformerà in luogo dell'orrore e del crimine dove gli innocenti, donne e bambini, sono quelli a pagarne le conseguenze. Anne Fontaine decide così di raccontare in modo audace ma delicato lo sconosciuto calvario di un gruppo di suore che dopo la fine della WWII hanno vissuto sulla loro pelle uno dei più efferati crimini, di guerra e non solo, per mano dei soldati dell'esercito russo. Essi hanno violato non solo un luogo sacro come il monastero ma altresì hanno spezzato e infranto la sacralità del corpo femminile, dell'autodeterminazione, infangando quei volti quei corpi che avevano fatto voto di castità e che sceglievano di unirsi spiritualmente solo a Dio. In questo contesto di disperazione, dolore e vergogna una delle novizie deciderà di spezzare la catena del silenzio e chiedere aiuto ad un medico. Uscendo di nascosto dal convento e percorrendo a piedi innumerevoli chilometri nella foresta, circondata solo dalla natura più pura e incontaminata fatta di neve e freddo, riuscirà a raggiungere convincere una giovane dottoressa della CR francese, in missione per aiutare i superstiti, a seguirla nel convento. Inizialmente riluttante, Mathilde alla fine accetterà l'invito della religiosa e fra stupore e incredulità verrà a conoscienza che ben sette suore sono in stato avanzato di gravidanza. Avrà così inizio una vera e propria rivoluzione, rappresentata da questa giovane donna di formazione scientifica e distante dall'influenza religiosa, la quale decide di non sotrarsi dal seguire e aiutare queste giovani donne, vittime di violenze e prigioniere di un sistema morale e religioso rigido e inflessibile che impone la segretezza, il silenzio, il diniego del corpo e della meterialità ma anche il perdono per quegli atti barbari che hanno subito. Ma se inizialmente questo nucleo di donne si presenta come comprensibilmente titubante e diffidente col passare del tempo impareranno ad avere fiducia, stima e rispetto per questa coraggiosa dottoressa che si immerge in un mondo a lei completamente estraneo e lo fà con puro spirito umanitario, completamente disinteressata al guadagno economico, ponendo se stessa a rischi costanti.
Ma la pellicola riesce anche a focalizzare in modo cristallino, lucido e verosimile, senza mai calcare la mano o cadere in facili rappresentazioni stereotipate, nei dubbi e nelle ansie che attanagliano le protagoniste. Invase da sensi di colpa per aver partorito o per essersi affezionate ai neonati, insicure se accettare o rifiutare questo neo-ruolo di madri per il quale erano completamente impreparate e dubbiose se quanto hanno passato si concilia ancora con la loro fede. "Nella fede ci sono 23 ore di dubbi e 1 di certezze" pronuncierà ad un tratto Maria (Agata Buzek) rivolgendosi alla dottoressa. Ed infatti alcune di loro decideranno di tenere il bambino ed allontanarsi dal convento avendo ormai assunto un nuovo ruolo ed identità sociale, mentre altre accetteranno che i bimbi vengano prontamente allontanati da loro e dal convento, timorose di rendersi responsabili di uno scandalo senza precedenti. E quale sorte attende queste creature innocenti? La risposta al quesito è altrettanto insensata, dolorosa e tragica. I figli del peccato visti attravverso un'ottica morale eccesivamente ristretta sono considerati i diretti responsabili del aver portato sciagura nel convento e aver costetto queste donne alla dannazione. Ma la fede è più potente del dogma religioso, così come l'istinto materno prevale sulla chiamata spirituale.
La Fontaine indaga in modo schietto e pulito il doppio dramma vissuto dalle monache e valorizza il personaggio di Mathilde che in un periodo di instabilità e insicurezza rappresenta un'ancora di speranza per questo nucleo di donne provate e confuse. Les Innocents rappresenta così un ritratto delicato e coerente delle conseguenze pratiche e spirituali che scombussolano la routinaria vita monacale, e del peso che le scelte individuali delle donne avranno sulle loro stesse esistenze. Film poetico e ruvido allo stesso tempo costruito con una sceneggiatura che riesce sempe a mantenere l'alone di mistero che avvolge le storie delle protagoniste ed incuriosce, incentivando lo spettatore a proseguire nella visione. I personaggi poi sono ben delineati e rappresentati, la loro evoluzione risulta umana e verosimile, mente l'interpretazione degli attori è assolutamente eccellente. Bellissima e convincente Lou de Laage, drammatica e incisiva la brava Busek che torna a vestire i panni della monaca dopo il ruolo in Redemption accanto a Statham. Scenografia e fotografia di livello, particolarmente funzionale la scelta di adottare i colori base, bianco, nero, grigio e seppia per raccontare una storia d'epoca (non troppo lontana) che mette in evidenza il lato più oscuro e contemporaneamente quello più ottimista dell'animo umano. Un film di livello, insomma, personalmente uno dei migliori dell'anno. Incisivo, intenso, drammatico eppure ben equilibrato e scarno. Un film che indaga la storia, la religiosità, la morale ed etica laica in un incontro verosimile e affatto zuccheroso o forzato. Da non perdere, 4,5/5.
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