carloalberto
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domenica 5 settembre 2021
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la storia d''italia ridotta a fotoromanzo
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Un film televisivo, nato come miniserie in due puntate da trasmettere per il pubblico rilassato e poco informato del sabato sera catodico, non è paragonabile a Cento giorni a Palermo di Ferrara. Non è un film inchiesta, né appartiene al genere del cinema verità. Il taglio è da rivista popolare per sole donne anziane. L’interesse dell’autore si focalizza sulla vita privata del protagonista, collocandosi a metà strada tra gossip e romanzo rosa e finendo per assomigliare molto ad un fotoromanzo degli anni settanta. La storia d’Italia di quei decenni cruciali, intrecciata drammaticamente alla vita e all’opera del Generale, fino al tragico esito della strage di via Carini, rimane sullo sfondo, riassunta in pochi fotogrammi e riepilogata frettolosamente senza alcuna intenzione di approfondire nessuno degli eventi storici traumatici che hanno segnato il Paese tra gli anni sessanta e gli anni ‘80.
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Un film televisivo, nato come miniserie in due puntate da trasmettere per il pubblico rilassato e poco informato del sabato sera catodico, non è paragonabile a Cento giorni a Palermo di Ferrara. Non è un film inchiesta, né appartiene al genere del cinema verità. Il taglio è da rivista popolare per sole donne anziane. L’interesse dell’autore si focalizza sulla vita privata del protagonista, collocandosi a metà strada tra gossip e romanzo rosa e finendo per assomigliare molto ad un fotoromanzo degli anni settanta. La storia d’Italia di quei decenni cruciali, intrecciata drammaticamente alla vita e all’opera del Generale, fino al tragico esito della strage di via Carini, rimane sullo sfondo, riassunta in pochi fotogrammi e riepilogata frettolosamente senza alcuna intenzione di approfondire nessuno degli eventi storici traumatici che hanno segnato il Paese tra gli anni sessanta e gli anni ‘80. Giannini fa il suo dovere e, pur adeguandosi al tono da feuilleton dell’opera, riesce a dare uno spessore umano al suo personaggio con una interpretazione sobria e rispettosa della figura del Generale. Peraltro, a giustificazione parziale del taglio familistico ed intimo scelto da Capitani, c’è da dire che, in mancanza di verità processuali univoche e di una ricostruzione storica attendibile e condivisa di quel periodo, è impossibile fare cinema verità senza cadere nella trappola dei facili complottismi facendo ipotesi che potrebbero risultare pure illazioni, passibili di querele se si facessero i nomi e cognomi dei responsabili. Meglio, quindi, prudentemente, rimanere sul vago e concentrarsi sulla vita privata di un uomo, le cui imprese pubbliche sono destinate ad entrare nei libri di Storia.
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elisabetta/ begliokki
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martedì 11 dicembre 2007
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uomo come davvero poki
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ke peccato che non ci siano più uomini cosi coraggiosi e pronti a rischiare la vita ogni giorno per migliorare il mondo per non renderlo più crudele e cattivo di come è oggi.Sarà per sempre u8n ' icona dalla chiesa un personaggio amato rispatto ma sopratutto ricordato da tutti soprattutto i giovani perchè io sono una giovane ragazza che crede in quei ideali che molti cercano di infangare ma che altri come dalla chiesa nn lo permettono e nn lo permetteranno mai Io voglio dire un grazie a questi angeli perchè fin quando hanno potuto ci hanno protetto.GRAZIEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE
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fangorn
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sabato 22 settembre 2007
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fiction di qualità, onora la verità e la memoria
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Mi ha ricordato la fiction in due puntate su Paolo Borsellino: ottima qualità e contenuto straordinario, trattandosi della vera vita di una persona di valore eccezionale. Il lavoro è ben costruito, piacevole, interseca molto bene l'aspetto privato e l'impegno pubblico del Generale Dalla Chiesa. Bellissima l'interpretazione di Giannini, da grande attore. La produzione ha fatto scelte intelligenti, non pretendendo di fare conoscere nei dettagli la carriera e i risvolti pubblici e politici delle vicende di Dalla Chiesa, ma di rappresentare (bene) ciò che più conta: il valore dell'uomo, il contesto storico (fenomeno brigate rosse reso bene), i grandi risultati conseguiti e, soprattutto, l'emarginazione subita, che lo ha pilotato prima a Palermo e poi alla morte.
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Mi ha ricordato la fiction in due puntate su Paolo Borsellino: ottima qualità e contenuto straordinario, trattandosi della vera vita di una persona di valore eccezionale. Il lavoro è ben costruito, piacevole, interseca molto bene l'aspetto privato e l'impegno pubblico del Generale Dalla Chiesa. Bellissima l'interpretazione di Giannini, da grande attore. La produzione ha fatto scelte intelligenti, non pretendendo di fare conoscere nei dettagli la carriera e i risvolti pubblici e politici delle vicende di Dalla Chiesa, ma di rappresentare (bene) ciò che più conta: il valore dell'uomo, il contesto storico (fenomeno brigate rosse reso bene), i grandi risultati conseguiti e, soprattutto, l'emarginazione subita, che lo ha pilotato prima a Palermo e poi alla morte. Checché ne scriva il giornalista di mymovies, la fiction è molto intensa (mi chiedo come si possa sostenere il contrario). Come dicevo prima il film interseca benissimo l'aspetto pubblico con quello privato. Da quest'ultimo emerge un uomo con affetti forti e veri ma solo nella drammaticità del proprio compito, incompreso in questo senso anche in famiglia. Come Paolo Borsellino Alberto Dalla Chiesa va incontro alla morte consapevolmente, cercando drammaticamente di salvaguardare i propri cari. E lo fa per i valori che incarna: la verità, la giustizia e il bene comune. Grazie Generale. Grazie ai produttori e agli attori di questa fiction.
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elisabetta
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mercoledì 12 settembre 2007
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storia di uomo che ha amato il suo paese
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Ci sono tanti modi per onorare la memoria di un grande uomo, degno servitore dello Stato, che fino all’ultimo ha lottato per salvare il suo Paese. A 25 anni dalla tragica scomparsa del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa questo film, diretto da Giorgio Capitani, ripercorre gli ultimi otto anni di vita del generale, e lo fa in maniera semplice, ma straordinariamente profonda. Dal 1974 quando Dalla Chiesa viene inviato a Torino per lottare contro le Brigate Rosse, riuscendo nell’impresa con astuzia, forza e tenacia, fino all'82 quando, nominato prefetto e trasferito a Palermo, inizia la sua battaglia contro la mafia. Una lotta impossibile, che purtroppo lo condurrà alla morte dopo soli 100 giorni.
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Ci sono tanti modi per onorare la memoria di un grande uomo, degno servitore dello Stato, che fino all’ultimo ha lottato per salvare il suo Paese. A 25 anni dalla tragica scomparsa del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa questo film, diretto da Giorgio Capitani, ripercorre gli ultimi otto anni di vita del generale, e lo fa in maniera semplice, ma straordinariamente profonda. Dal 1974 quando Dalla Chiesa viene inviato a Torino per lottare contro le Brigate Rosse, riuscendo nell’impresa con astuzia, forza e tenacia, fino all'82 quando, nominato prefetto e trasferito a Palermo, inizia la sua battaglia contro la mafia. Una lotta impossibile, che purtroppo lo condurrà alla morte dopo soli 100 giorni. Poco sangue, tanta tensione, ma anche fortissime emozioni. Già, perché Carlo Alberto Dalla Chiesa non era solo “il Generale”, ma era anche un “uomo”, che amava profondamente la sua famiglia. Il grande affetto per i suoi tre figli : Rita, Nando e Simona, l’amore immenso per sua moglie Dora (che lo lascerà vedovo improvvisamente). Bellissima anche la ricostruzione della storia con Emanuela Setti Carraro, sua seconda moglie, che ha soli 31 anno morirà con lui nel brutale attentato di Palermo. Straordinaria l’interpretazione di Giancarlo Giannini, che solo con lo sguardo riesce ad emozionare e coinvolgere lo spettatore, sia nei momenti di tensione, sia in quelli più dolci e privati. Un’ interpretazione mai eccessiva, ma misurata, delicata, nei modi e nelle parole. Brava anche Stefania Sandrelli nei panni di sua moglie Dora, donna devota al proprio marito e alla famiglia. Francesca CAvallin, nei panni di Emanuela Setti Carraro, è semplicemente dolce, riuscendo bene ad interpretare quella giovane donna, disposta a sopportare tutto, fino a sacrificarsi, pur di condividere l’amore con il suo uomo. Chi non conosceva bene la storia del Generale, con questo film riesce bene ad avvicinarsi a lui, alla sua storia e alla sua vita, fino ad appassionarsene. Un uomo che ha lottato disperatamente. Un uomo lasciato solo. Un uomo che ha dato tutto se stesso al suo lavoro, al suo Paese, e alla sua famiglia. Tutto questo era il Generale. Alla fine, le immagini dei veri funerali colpiscono diretti al cuore. E la scena di Rita che, in preda alla rabbia, sostituisce sopra la bara, quel semplice mazzo di fiori con il cappello del “Generale”, non può che commuoverci…e indurci a riflettere.
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(di fangorn)
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