UN FILM SU ROCKY MARCIANO: IL PIÙ GRANDE, PIÙ DI ALÌ

49 vittorie - 0 sconfitte per il grande campione di origini italiane.

Pino Farinotti, domenica 14 agosto 2016 - Focus

La recente morte di Muhammad Alì ha dato modo di ricordare il personaggio, e la sua grandezza, alimentata da un'impressionante azione mediatica. Nel tempo Alì era diventato una superpotenza popolare e trasversale, nello sport, nello spettacolo, nel sociale, nella politica, nella mistica. Un'onda d'urto che ne aveva fatto una leggenda, magari oltre la sostanza del divo. Alì, il più grande. Ma se si rimane alla forza, al pugilato, c'è stato qualcuno più grande di lui. E il dato non è in discussione, perché è esatto. È un fatto di numeri, di vittorie e di sconfitte. Alì ne subì cinque. Rocky Marciano nessuna. Il "dato" sarà raccontato nel film in preparazione dal titolo Marciano 49-0, the blockbuster: 49 sono le vittorie, zero sono le sconfitte. Appunto. C'è stato un accordo della famiglia con la City of Peace Films. Si sa che il regista sarà Dustin Marcellino. Siccome il caso, quando ci si mette, fa sul serio, ecco che un altro grande pugile sta per essere raccontato in un film, Joe Louis, che alcuni considerano "forse" il più grande, con 67 vittorie e 3 sole sconfitte. Fu comunque il più longevo e, come Alì, era un nero, ma lo era negli anni trenta e quaranta, quando era ... meno facile. A dirigere il biopic su Louis sarà Bill Duke il regista di Sister Act 2.

Nel 1969, l'antagonismo ideale fra il "nero" Alì e il "bianco" Marciano venne risolto come sanno fare gli americani. Li misero entrambi sul ring, annullarono le epoche.
Pino Farinotti

Tornando a Marciano: è stato dunque l'unico peso massimo imbattuto. E che sia stato il più grande di sempre, oltre che dai numeti, è certificato dalla Federazione mondiale della boxe. Rocky Marciano, l'italiano. "Italiano" perché i suoi genitori, Quirino e Pasqualina avevano avvistato, dal ponte di un transatlantico, la Statua della libertà ai primi anni del novecento. Arrivavano da Ripa Teatina, Chieti. E a Ripa troneggia un monumento dedicato al figlio eroe. Dopo aver lavorato in un cantiere, nel 1943, ventenne, si arruolò. Il destino bussò alla sua porta mentre si trovava in un bar di Cardiff, Inghilterra, dove mise k.o. un soldato australiano. Ci fu chi notò quel pugno e fece in modo che Rocky, tornato a casa, cominciasse a frequentare una palestra. Uno dopo l'altro mise al tappeto, spesso alla prima ripresa, avversari di qualità sempre maggiore. Cominciò a battersi con campioni veri fino a quando, il 23 settembre del 1952, affrontò il campione del mondo Joe Walcott e lo mise k.o. alla tredicesima ripresa. Da allora, solo vittorie. Nel film Il prestanome di Martin Ritt, con Woody Allen, un montaggio iniziale mostra le immagini di alcuni dei personaggi, e dei momenti, che hanno identificato gli anni cinquanta americani: i presidenti Truman e Eisenhower, la bomba H di Bikini, istantanee di reduci mutilati dalla guerra di Corea, una sequenza del senatore Joseph McCarthy, quello della caccia alle streghe; e poi eroi ed eroine: Joe Di Maggio, Marilyn Monroe e lui, Rocky Marciano. Grinta inverosimile, e poi il fisico, particolare.

Era alto "solo" un metro e settantotto, il più piccolo peso massimo della storia. Aveva un'apertura di braccia ridotta e poi ... non aveva il collo. Significava un ammortizzatore naturale che gli permetteva di assorbire tutti i colpi. E poi il destro, folgorante, "nucleare", col quale poteva sopperire a una tecnica certo non raffinata - in questo senso non è stato Alì -. Ma lui non ci badava. Gli bastava poter esplodere quel cazzotto che risolveva tutto. L'immagine di Marciano, fra gli anni sessanta e settanta si scontrò con quella di Muhammad Alì. L'ex Cassius Clay si era imposto come personaggio ben oltre il pugilato. Era stato un modello trasversale, di tutto: dello sport, del sociale, della religione, della politica, della vita degli gli americani. I media si erano gettati su di lui come dei falchi. Così la sua popolarità fu rilanciata in maniera abnorme e l'immagine di Marciano ne risentì. Ma il dato finale, esatto, è che Alì qualche incontro lo ha perso, Marciano, no. Nel 1969, l'antagonismo ideale fra il "nero e il bianco", venne risolto come sanno fare gli americani. Li misero entrambi sul ring, annullarono le epoche. Virtualmente. Marciano, che aveva 46 anni e si era ritirato da tempo, perse venti chili, si rimise in forma estetica se non atletica. Si fece in modo che i due, ripresa dopo ripresa, si equivalessero, il finale sarebbe stato decretato attraverso un sondaggio, dagli americani. Che scelsero Marciano. E così Ali finì k.o. Una soluzione che apparve... strana. Va anche detto che nel 1969 era troppo presto perché un nero fosse "il più grande". Comunque a dare il giudizio, che va inteso come definitivo, ci pensò la Federazione internazionale, appunto. Pochi mesi dopo l'incontro virtuale con Alì, Marciano precipitò col suo aereo personale, nella zona di Newton, Iowa. Il giorno dopo avrebbe compiuto 46 anni. La storia di Rocky Marciano è solo l'ultima che diventa un film. Il pugilato ha dato al cinema decine di biografie. Spesso erano storie violente, di povertà, di emarginazione e di ghetto, di amori infelici e di patrimoni sperperati per ignoranza. Tutti elementi che si sposavano col cinema. Il ring è stato un set perfetto. Nei decenni i film hanno raccontato le vite dei pugili e spesso erano titoli di qualità. Qualche richiamo. Errol Flynn fece Jim Corbett, il pugile che portò nella tecnica l'eleganza di un ballerino, in Gentleman Jim; Paul Newman è stato Rocky Graziano in Lassù qualcuno mi ama, il titolo che ne fece un divo. Strepitosa è la performance di Robert De Niro che fa Jake La Motta in Toro scatenato: secondo il metodo, rigoroso, magari crudele dell'Actors Studio, l'attore perse 30 chili, con relativi problemi di salute. Ma vinse l'Oscar. I film su Alì sono molti, fra i tanti vale Alì, protagonista Will Smith. Russell Crowe ha dato corpo e volto a Jim Braddock in Cinderella man. Ma il pugile eroe di maggiore popolarità... non è esistito. È Stallone, una fiction così forte da esistere. Del resto si chiama Rocky.

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