luca scialo
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martedì 19 maggio 2020
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una love story tormentata che corre verso il proprio destino
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Il grande talento di Adèle Exarchopoulos meriterebbe sorte migliore. A parte il giustamente acclamato La vie de Adele, è stato infatti impiegato (e sprecato) per film poco convincenti. Michael R. Roskam riesce comunque ad esaltarlo nel modo giusto, in tutte le sue sfaccettature. Ora donna allegra, ora donna disperata, ora donna sfacciata, ora donna minacciata, ora donna delusa, ora donna gravemente ammalata, ora donna piena di vita. Questi, in sintesi, i volti che ha dato alla protagonista Bibi, come viene chiamata Benedicte. Pilota d'auto, che incontra dopo una gara un amico del fratello: Gino, detto Gigi. Tra i due è colpo di fulmine, ma quest'ultimo, che si propone come venditore d'auto, gli nasconde la sua vera attività: infallibile rapinatore di banche con un gruppo di stretti e fidati collaboratori.
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Il grande talento di Adèle Exarchopoulos meriterebbe sorte migliore. A parte il giustamente acclamato La vie de Adele, è stato infatti impiegato (e sprecato) per film poco convincenti. Michael R. Roskam riesce comunque ad esaltarlo nel modo giusto, in tutte le sue sfaccettature. Ora donna allegra, ora donna disperata, ora donna sfacciata, ora donna minacciata, ora donna delusa, ora donna gravemente ammalata, ora donna piena di vita. Questi, in sintesi, i volti che ha dato alla protagonista Bibi, come viene chiamata Benedicte. Pilota d'auto, che incontra dopo una gara un amico del fratello: Gino, detto Gigi. Tra i due è colpo di fulmine, ma quest'ultimo, che si propone come venditore d'auto, gli nasconde la sua vera attività: infallibile rapinatore di banche con un gruppo di stretti e fidati collaboratori. Bibi riesce però a leggergli dentro e svelarne il lato oscuro. Ma accetta anche di seguirlo fino in fondo, correndo verso il loro destino proprio come fa su di una pista. Il lungometraggio può essere visto come una moderna Love story, ambientata in una Bruxelles di inizio anni '90. La ostinata ricerca della tragedia e della fatalità su cui punta il regista, può però risultare pesante e forzata alla lunga. Il finale romantico dona comunque al tutto un tocco di leggerezza e di poesia.
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felicity
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mercoledì 26 agosto 2020
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un film dall’impianto ferreo e appassionante
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"Le fidèle" è una riuscita operazione di innesto di generi: si fondono il moderno gangster movie con il melodramma.
Il regista inserisce nel suo racconto, sempre appassionante e mantenuto su un alto registro di tensione, elementi che sembrano aprire nuove prospettive.
Le corse in auto di Bibi che fa un mestiere solitamente affidato agli uomini e poi la malavita che ormai non sembra avere confini in una specie di multinazionale del crimine: in questo contesto si consuma l’amore assoluto dei due amanti che non sembrano volere arretrare mai, neppure davanti all’irrimediabile.
La fidèle è un film compatto nel quale la tensione del racconto non sostituisce la scrittura che conferisce spessore psicologico ai personaggi.
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"Le fidèle" è una riuscita operazione di innesto di generi: si fondono il moderno gangster movie con il melodramma.
Il regista inserisce nel suo racconto, sempre appassionante e mantenuto su un alto registro di tensione, elementi che sembrano aprire nuove prospettive.
Le corse in auto di Bibi che fa un mestiere solitamente affidato agli uomini e poi la malavita che ormai non sembra avere confini in una specie di multinazionale del crimine: in questo contesto si consuma l’amore assoluto dei due amanti che non sembrano volere arretrare mai, neppure davanti all’irrimediabile.
La fidèle è un film compatto nel quale la tensione del racconto non sostituisce la scrittura che conferisce spessore psicologico ai personaggi.
Un cinema nello stesso tempo duro e tenero, mai cinico e mai gratuito e la travolgente intensità del racconto, le invenzioni narrative, catturate nella fotografia sempre intensa perché sempre saturata nei suoi colori che sembrano autunnali, lasciano senza respiro.
Dall’amore ai corpi degli amanti e poi nel corso dello svolgersi del racconto i segni della sofferenza. Roskam lavora proprio sulle sembianze, sui corpi dei due protagonisti segnandone il calvario esistenziale.
Matthias Schoenaerts e Adèle Exarchopoulos prestano i loro corpi a questo melodramma il cui tema centrale sembra essere quello di una ricerca della più assoluta e incondizionata forma d’amore.
I personaggi di contorno sono presenze discontinue, ma necessarie, proprio perché più profondamente veicolari che meramente funzionali. E anche la bellezza di Schoenaerts e Exarchopoulos non è mai vincolante, ma è piuttosto un elemento comunicativo.
Roskam mette in piedi un film dall’impianto ferreo e appassionante attingendo ad una ricca tradizione del cinema di genere.
Un cinema coraggioso che si appropria dei segni distintivi dei generi e riesce a rendere credibili le trasformazioni dei personaggi attraverso lo svolgersi del dramma amoroso.
Un film che fa di tutto per essere incontenibile, quasi smisurato, così come lo è nel trasmettere i sentimenti vissuti tra i due protagonisti.
Sembra che quasi tutto diventi iperreale e gigantesco, non c’è minimalismo, l’amore, in ogni senso, così come travolge i due protagonisti della storia, sembra travolgere le immagini.
Un cinema che deriva dalla tradizione americana, di cui mutua non soltanto i temi, ma anche le forme estreme della visione.
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