Horror discreto sul piano visivo, forse un po' più debole su quello narrativo. È un film indipendente italiano anche se non sembra. Cast di attori americani ben al di sopra della media di un horror nostrano e in generale tutto il comparto tecnico è su un livello più che accettabile. The Perfect Husband, pur non privo di molti difetti, è un film che guarda al mercato internazionale. Il film inizia con una prima parte, gotica, giocata tutta sul non detto e su atmosfere spettrali che vede marito e moglie che cercano, di riannodare un rapporto che sembra davvero giunto al capolinea. Lui (Bret Roberts) è il marito premuroso e attento e sin troppo ansioso nei confronti della moglie: forse ha qualcosa da nascondere, forse no.
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Horror discreto sul piano visivo, forse un po' più debole su quello narrativo. È un film indipendente italiano anche se non sembra. Cast di attori americani ben al di sopra della media di un horror nostrano e in generale tutto il comparto tecnico è su un livello più che accettabile. The Perfect Husband, pur non privo di molti difetti, è un film che guarda al mercato internazionale. Il film inizia con una prima parte, gotica, giocata tutta sul non detto e su atmosfere spettrali che vede marito e moglie che cercano, di riannodare un rapporto che sembra davvero giunto al capolinea. Lui (Bret Roberts) è il marito premuroso e attento e sin troppo ansioso nei confronti della moglie: forse ha qualcosa da nascondere, forse no. Lei (Gabriella Wright) è la moglie, una donna problematica che, come si scoprirà nell'evolversi della narrazione, deve superare un trauma terribile.
Il regista Lucas Pavetto parte con una baita in mezzo ai boschi, due personaggi dentro che non la contano giusta e una presenza, fuori, che sembra pronta a colpire. Poi, a metà narrazione il film prende la strada, assai meno verosimile, dell'horror cruento e un po' splatter. Pavetto si fa prendere la mano spuntano fuori personaggi un po' improbabili con un eccessivo accumulo di svolte e colpi di scena, non tutti tra l'altro indispensabili, che costringono il regista di origine argentina a prendersi 10 minuti finali per una spiegazione che solo a tratti è convincente. Un’opera prima con tutti i difetti dell'opera prima: una certa ingenuità di fondo, una narrazione poco equilibrata. Eppure Pavetto, più di tanti colleghi più noti, ha professionalità e, soprattutto, sa come confezionare un prodotto.
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