hedivi90
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giovedì 2 giugno 2016
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scenografia e trucco da oscar
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Gran bel film nonostante non sono esperto del genere questo è davvero scorrevole e ben fatto trattando di una storia di guerra accaduta , da cornice nel finale le foto e video di coloro che persero la vita buttate non lì a caso ma accompagnate da storie di vita di coloro che la vita la persero ,quello che però a mio avviso lo pone una spanna sopra gli altri è sicuramente il trucco ferite e personaggi di un reale unico tutto sembra vero dalle ferite al dolore scenografia ottima accompagnata da attori protagonisti e ancor più i non che hanno fatto un lavoro eccezionale dallo schermo trapassa quel dolore e quella paura che hanno provato coloro i quali persero la vita in quel evento davvero ben fatto
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altair74
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sabato 22 febbraio 2014
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storia fine a se stessa.
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credo che un film di guerra debba portare a qualche riflessione e non essere solo un occasione per raccontare una storia. o almeno se si vuole raccontare una storia questa debba avere qualcosa di particolare ed emozionante. visivamente il film è bello da vedere e tranne qualche rara caduta di tensione tiene lo spettatore incollato alla storia. inoltre viene raccontato anche con una credibilità sufficiente a non far sembrare tutto troppo scontato. tutto però finisce lì senza però dare allo spettatore punti sul quale riflettere o insegnamenti che si possano trarre da questa storia. eppure a ben vedere di argomenti interessanti ce ne sono. lo spirito di gruppo dei Navy's, o la motivazione che spinge gli abitanti del villaggio ad aiutare uno straniero.
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credo che un film di guerra debba portare a qualche riflessione e non essere solo un occasione per raccontare una storia. o almeno se si vuole raccontare una storia questa debba avere qualcosa di particolare ed emozionante. visivamente il film è bello da vedere e tranne qualche rara caduta di tensione tiene lo spettatore incollato alla storia. inoltre viene raccontato anche con una credibilità sufficiente a non far sembrare tutto troppo scontato. tutto però finisce lì senza però dare allo spettatore punti sul quale riflettere o insegnamenti che si possano trarre da questa storia. eppure a ben vedere di argomenti interessanti ce ne sono. lo spirito di gruppo dei Navy's, o la motivazione che spinge gli abitanti del villaggio ad aiutare uno straniero. o ancora i limiti della macchina bellica americana. tutto questo nel film viene trattato in modo quasi superficiale e quasi come a voler porre l'attenzione sull'azione che occupa quasi i due terzi del film. in conclusione ho trovato Lone Survivor un film in grado di farti passare due ore interessanti ma oltre questo non c'è altro e considerando che si tratta di una storia vera mi sembra uno spreco di energie non da poco.
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francomovie
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domenica 23 febbraio 2014
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per amanti del genere
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Provando a seguire la vostra critica ufficiale, peraltro condivisibile da molte persone soprattutto italiane e comunque non u.s.a., risulta difficile da accettare l'americanismo guerrafondaio pervaso da un'epica contrapposizione tra i buoni (soltanto loro) e i cattivi (tutti quelli che a qualsiasi titolo non la pensano come loro), difficile da digerire la lunga sparatoria e tutto quello che l'orrore della nuda e cruda realtà della guerra esprime, aldilà del fatto che il regista abbia portato avanti un lavoro di ricerca delle inquadrature costruite per rendere più commerciale possibile la pellicola. Inoltre, il finale presenta una scena da arrivano i nostri un po’ troppo hollywoodiana e poteva essere curata meglio.
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Provando a seguire la vostra critica ufficiale, peraltro condivisibile da molte persone soprattutto italiane e comunque non u.s.a., risulta difficile da accettare l'americanismo guerrafondaio pervaso da un'epica contrapposizione tra i buoni (soltanto loro) e i cattivi (tutti quelli che a qualsiasi titolo non la pensano come loro), difficile da digerire la lunga sparatoria e tutto quello che l'orrore della nuda e cruda realtà della guerra esprime, aldilà del fatto che il regista abbia portato avanti un lavoro di ricerca delle inquadrature costruite per rendere più commerciale possibile la pellicola. Inoltre, il finale presenta una scena da arrivano i nostri un po’ troppo hollywoodiana e poteva essere curata meglio.
Quello che io ho colto e apprezzato è però tutto quello spirito che già il titolo esprime.
Per gli amanti del genere il film merita cinque stelle, per quelli che come me sono cresciuti e hanno raggiunto traguardi importanti negli studi, nel lavoro e nello sport seguendo idealmente la tenacia e lo spirito combattivo che si può ritrovare nell'addestramento dei corpi speciali.
La scena di combattimento è da apprezzare per il realismo, l'intensità e la cura dei dettagli ed è una delle migliori realizzate. Sicuramente meglio in lingua originale, è un film coinvolgente, da inserire tra quelli per me "motivazionali", dove lo spirito di squadra viene esaltato, da prendere come esempio contro gli individualismi cinici della società di oggi.
Dedicato a tutti coloro che quando sentono pronunciare la frase < Never Out of the Fight > sentono dentro una scossa che ti carica e che ti fa lottare per vincere nella vita.
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gianleo67
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martedì 25 febbraio 2014
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cine-propaganda in salsa western
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Storia (vera) di un team di Navy Seals (corpo di elite della marina americana) che durante una pericolosa e difficile missione antiterroristica tra le montagne dell'Afganistan subirono un'imboscata da parte di un manipolo di ribelli talebani in cui perirono diversi soldati americani e se ne salvò soltanto uno dalla cui autobiografia sono tratti soggetto e storia.
Nel solco di una abusata tradizione del cinema bellico in bilico tra la retorica auto-celebrativa dell'eroismo yankee in campo ostile e le consuete cinematiche del film d'azione violenta, si inserisce questa versione romanzata della sfortunata e cruenta operazione 'Redwing' il cui motore dinamico oscilla tra l'irrinunciabile etica familistica dell'americano medio (come sempre la misura del tragico sta nell'inevitabile più che nel 'grand guignol') e dall'iperrealismo ansiogeno di una caccia all'uomo nell'intricato ginepraio d'una foresta afgana (ma potrebbe essere il Wyoming!) quale scenografico e suggestivo labirinto di morte.
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Storia (vera) di un team di Navy Seals (corpo di elite della marina americana) che durante una pericolosa e difficile missione antiterroristica tra le montagne dell'Afganistan subirono un'imboscata da parte di un manipolo di ribelli talebani in cui perirono diversi soldati americani e se ne salvò soltanto uno dalla cui autobiografia sono tratti soggetto e storia.
Nel solco di una abusata tradizione del cinema bellico in bilico tra la retorica auto-celebrativa dell'eroismo yankee in campo ostile e le consuete cinematiche del film d'azione violenta, si inserisce questa versione romanzata della sfortunata e cruenta operazione 'Redwing' il cui motore dinamico oscilla tra l'irrinunciabile etica familistica dell'americano medio (come sempre la misura del tragico sta nell'inevitabile più che nel 'grand guignol') e dall'iperrealismo ansiogeno di una caccia all'uomo nell'intricato ginepraio d'una foresta afgana (ma potrebbe essere il Wyoming!) quale scenografico e suggestivo labirinto di morte.
Rielaborando l'estetica di un cinema western ormai consegnato alla storia, Berg propone i soliti clichè di un accerchiamento ostile con tanto di sagome nere e minacciose che si stagliano sulla cresta di un'altura nel presagio di una prevedibile 'Little Big Horn', appena mitigata dal tardivo revisionismo culturale degli anni '90 nella dicotomica suddivisione tra gli implacabili cacciatori di scalpi inneggianti Allah e la rassicurante presenza di una solidale popolazione autoctona che, se da un lato risolve narrativamente la vicenda, dall'altro la priva di una reale credibilità storica (forse il libro spiega perchè diamine dei pacifici e indifesi villici mettano a repentaglio la loro incolumità per salvare la vita di uno sconosciuto straniero invasore, cosa che il film solo debolmente suggerisce). Di questa operazione vetero-propagandistica (tanto quella reale quanto quella cinematografica) se ne sentiva davvero poco il bisogno, non foss'altro che per risparmiarci il solito grugno indurito di Mark Whalberg che, sebbene attore di indovinate qualità e attitudini fisiche, finisce per replicare l'ennesima parodia dell'eroe solitario (lone survivor) che sopravvive con stoica rassegnazione non tanto alle ferite ed alle mortificazioni del corpo, quanto a quelle professionali di chi è costretto a recitare (testuale) che: 'Uomini coraggiosi hanno combattuto e sono morti per creare quella tradizione eroica che sono chiamato a rappresentare'. Il finale con la commovente rassegna di un triste repertorio di 'cari estinti' colma la misura. Ognuno ha diritto a ricordare i propri morti, ma a tutto c'è un limite.
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