Il Festival del Cinema Spagnolo e Latinoamericano, a Roma dal 7 all’11 maggio, presenterà in anteprima la serie. Dal 12 maggio su MYmovies ONE. GUARDA ORA LA SERIE »
Il Festival del Cinema Spagnolo e Latinoamericano La Nueva Ola si svolgerà a Roma dal 7 all’11 maggio (e in seguito in varie altre location italiane) e presenterà in anteprima la serie pluripremiata La Mesias, diretta dal duo registico Javier Ambrossi e Javier Calvo soprannominati Los Javis, e sarà visibile in esclusiva in streaming su MYmovies ONE a partire dal 12 maggio. La Mesias narra il modo in cui “il video virale di un gruppo musicale pop cristiano formato da cinque sorelle sconvolge la vita di Enric, un uomo tormentato da un’infanzia segnata dal fanatismo religioso e dal giogo di una madre affetta da deliri messianici”. Abbiamo intervistato Federico Sartori, condirettore artistico del festival insieme a Iris Martin-Peralta.
Perché avete voluto questa serie nel vostro festival cinematografico?
Los Javis sono figure importantissime in Spagna sia nel teatro che nell’audiovisivo, e pensiamo che aprirsi alla serialità permetta al nostro festival di diventare una vetrina più ampia. La linea tra cinema e serialità è ormai abbastanza sottile, e i Los Javis nella loro serie sono riusciti a sviluppare una narrazione profonda e complessa trattata in maniera molto intrigante, anche perché un lungometraggio canonico sarebbe stato troppo limitante per quel soggetto. In generale credo che l’accogliere una serie in un festival significa anche riconoscere che la qualità non dipende dal formato ma dalla visione artistica. Se un festival ignora questo linguaggio rischia di rimanere scollegato da un pubblico che è già educato alla serialità, mentre includerlo avvicina e amplifica la missione culturale del festival stesso.
Quali sono secondo lei le qualità di Las Mesias?
La prima cosa che mi ha colpito è che il cast è di alto livello anche nei ruoli secondari. I registi sono riusciti ad assicurarsi la partecipazione di grande figure che hanno dato molto corpo alla serie: penso a Nora Navas, a Cecilia Roth, a Rossy De Palma. I loro personaggi sono fondamentali all’interno di una trama che deve ricostruire una vicenda molto complessa, tra passato e presente, ed è essenziale avere queste figure che ti traghettano. Poi mi è piaciuto il tono, quella dimensione un po’ caricaturale e un po’ melodrammatica, alla Almodóvar, che rende ancora più affascinante la narrazione. Si vede che gli autori non si prendono sul serissimo, non siamo in un film svedese!
Anche le attrici della serie che ha citato, Cecilia Roth e Rossy De Palma, nonché Lola Dueñas che nella serie ha un ruolo centrale e che verrà a Roma per la chiusura del festival, sono molto care ad Almodovar…
Non credo ci sia un regista onesto in tutta la Spagna che non riconosca l’importanza di Almodovar: che ti piaccia o no, è lui che nei primi anni Ottanta ha lanciato il cinema spagnolo nel mondo. Ricordiamo che la Spagna veniva dal franchismo, e che il Paese a quel tempo era veramente arretrato, anche a livello di gusto. Lo scatto in avanti è stato dato dalla Movida di Madrid e il suo alfiere più importante è stato Almodovar. Inoltre Los Javis sono compagni anche nella vita, e certamente nel mondo LGBT c’è un culto per l’estetica e il cinema di Almodóvar, un’adorazione per quel cinema. Però li hanno declinati in maniera molto intelligente e personale.
A che genere appartiene Las Mesias?
Non è facile definirlo, quando uscì la serie ero convinto che sarebbe stata una commedia, poi chiaramente no, è thriller, con una dimensione molto spagnola e poco conosciuta che riguarda gli alieni: è molto presente, soprattutto a Barcellona, una sorta di culto della Montagna sacra, non a caso il festival più importante di tutta la Catalogna è quello del cinema fantastico di Sitges. C’è una cultura legata al fantastico che permea la cultura di Barcellona e della Catalogna, un fantastico che appartiene alla cultura del luogo: la mia socia Iris Martin-Peralta è di Barcellona, io ho vissuto lì, e se entri un po’ in profondità a conoscere la gente del posto questa cosa c’è. Ma in La Mesias c’è anche un po’ di telenovela e un po’ di melodramma, perfino un tocco horror. E tantissima suspence: da un episodio all’altro non vedi l’ora di scoprire che cosa succederà.
Quello attuale sembra essere un ottimo momento per il cinema spagnolo: penso ad Albert Serra, a Carla Simon, a Rodrigo Sorogoyen…
È l’onda lunga di una serie di situazioni creatisi negli ultimi 15 anni, quando il sistema spagnolo è entrato in crisi a livello di fondi pubblici. Dal nostro osservatorio come festival abbiamo notato che molti autori giovani ma anche consacrati hanno iniziato a fare un cinema indipendente, non avendo soldi si sono inventati formati diversi, ricorrendo persino al crowfunding. In questo periodo si è creato un laboratorio molto fertile che ha generato film come quelli di Sorogoyen, che si sta dedicando a tutte le possibili varianti (del mezzo audiovisivo, ndr): ha fatto film come As Bestas, ma anche le serie Antidisturbios: Unità Antisommossa e Dieci capodanni, mostrando una grande qualità di scrittura e una grande cura nella direzione degli attori. Credo che in generale ci sia stata molta più attenzione alla scrittura in Spagna che in Italia, lo si vede anche da La Mesias e da altre serie spagnole recenti. Tra l’altro nel nostro festival c’è un collegamento fra Dieci capodanni e uno dei film che presentiamo, Volveréis, dove c’è un gruppo di amici che si occupano di cinema, la protagonista è regista e il protagonista è un attore, e cominciano a dire agli amici che si vogliono separare in amicizia dopo dieci anni che stanno insieme. E lei chi va a salutare? L’attore di Dieci capodanni!
In che modo La Nueva Ola mostra l’evoluzione del cinema spagnolo?
Quest’anno presenteremo il film di Albert Serra Tardes de soledad, e Serra è una punta di diamante del cinema spagnolo contemporaneo. Stiamo cercando di far conoscere nuove leve, ma anche autori consacrati, che però non sono ottantenni: Serra ad esempio ha solo 49 anni. Il film di cui parlavamo prima, Volveréis, è diretto da Jonás Trueba, figlio del grande regista premio Oscar Fernando Trueba. Fra i maestri consacrati c’è Icíar Bollaín che presenta Soi Nevenka sulla violenza di genere, la storia vera di una ragazza che è stata la prima a denunciare gli abusi sessuali sul posto di lavoro in Spagna. C’è anche molto cinema latino-americano: ad esempio Reinas della regista peruviana Klaudia Reynicke che ha vinto premio del pubblico a Locarno e il premio Generator a Berlino nel 2024. C’è l’argentino Matías Piñeiro con un film molto sperimentale, Tu me Abrasas, ispirato a un romanzo di Cesare Pavese. C’è anche la commedia Casa en llamas di Dani de la Orden coprodotta con l’Italia ed è italiana, o meglio siciliana, anche la compositrice delle musiche del film, Maria Chiara Casà. Il titolo di apertura, El 47 di Marcel Barrena, è stato il più importante della stagione, un film militante e campione di incassi che ha vinto tutti i premi possibili e che narra la vera storia di una comunità di Barcellona di 50 anni fa. Tra i film classici al festival ci saranno El dia de la bestia di Alex de la Iglesia e La historia oficial, di cui ricorre il 40ennale: un film terribilmente bello e ancora vero che ha vinto l’Oscar e il Festival di Cannes nell’85.