Nel film di Otto Bathurst il design dei costumi, a cura di Julian Day, ha stupito tutti. Al cinema.
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Il design dei costumi, a cura di Julian Day, ha stupito gli spettatori di Robin Hood - L'origine della leggenda (guarda la video recensione), di Otto Bathurst. Incurante della verisimiglianza storica, l'approccio - sebbene più volte tacciato di anacronismi - è indubitabilmente innovativo: gli stili sono variegati, e non sembrano seguire un unico filo, ma certamente si abbinano all'aspetto incalzante e moderno del film, che cerca l'attenzione dello spettatore più che l'accuratezza storica. Due grandi filoni sono distinguibili: i "popolani" sono vestiti con gli stracci sporchi adatti ai lavoratori di miniera del XII secolo, e costituiscono una massa scura e quasi amorfa, sul cui marrone slavato spicca il rosso ricorrente nel vestiario di Marian; i nobili hanno invece un guardaroba futurista, incongruente e originale, completo di acconciature e trucco eccentrici.
Tra questi due mondi così distanti si collocano i protagonisti principali, che spesso si trovano vestiti con quello che parrebbe l'adattamento odierno dei costumi che vengono dalla tradizione. Conforme al film d'azione di largo budget, l'estetica del grandangolo e del montaggio veloce tocca anche il reparto costumi, vestendo Marian spesso quasi come un'eroina contemporanea, senza paura di usare cuoio e trucco goth.
Il cappuccio di Hood diventa l'emblema del film, nonché il simbolo capace di incitare i popolani alla ribellione: riprodotto moltissime volte e appeso dai rivoltosi ai muri come segno di supporto per il nostro protagonista, addirittura tale capo d'abbigliamento viene distribuito a tutti prima della battaglia; e mentre a Robin, complice l'arco, dona un look alla Assassin's Creed, ecco che una volta distribuito nella folla armata di molotov ante-litteram esso rende simile a un'opera di Banksy la guerriglia urbana contro lo sceriffo di Nottingham. A tale effetto contrubiscono le bandane alzate sul viso, e la scenografia da bassifondi Bronx.
L'aspetto di Fra Tuck è poco canonico, nel senso più vero della parola. I capelli lunghi e divisi in ciocche, così come il rosario di perline di legno colorato e la casacca verde di feltro gli donano un'inattesa aria afro, sottolineata dal modo di fare un po' dondolante, per cui appare il risultato di un curioso incrocio tra Bob Marley e un primo David Foster Wallace.
?In linea di massima, la ricerca sembra tesa ad appagare un target di età abbastanza bassa, perciò i look diversi attingono a diversi serbatoi: dall'immaginario distopico al fumetto, allo steam-punk riadattato, fino alle linee lunghe e semplici di Matrix.